La Stampa - 23.03.2020

(Elle) #1

ILARIO CASTAGNER L’allora tecnico del Perugia e una domenica da incubo


“La Roma ci avvertì nell’intervallo


Paolo Rossi? Non c’entrava niente”


Volanti sulle piste d’atletica e gli arresti dopo le partite: il 23 marzo 1980 la Serie A scoprì la giustizia ordinaria

L’esposto di un commerciante aveva portato alla luce lo scandalo costato la retrocessione in B a Milan e Lazio

Scommesse e campioni in manette


Totonero, il giorno che cambiò il calcio


I giocatori al processo: in alto da sinistra, Wilson, Cacciatori, Della Martira, Rossi, Casarsa e Zecchini. Sotto da sinistra, Manfredonia, Giordano, Borgo, Magherini e Merlo

MATTEO DE SANTIS

F


inita con le manette
ai polsi di una dozzi-
na di calciatori, dopo
essere entrata nelle
case degli italiani con le im-
magini di un taxi e di una vo-
lante della Polizia sulla pista
dell’Olimpico, una delle do-
meniche più bestiali del pal-
lone iniziò con una visita ina-

spettata. «Prima della partita


  • ricorda Ilario Castagner, il
    23 marzo 1980 allenatore
    del Perugia – mi si avvicinò
    un ufficiale, non ricordo se di
    Polizia o Guardia di Finanza,
    e mi comunicò che al termi-
    ne dell'incontro avrebbe do-
    vuto parlare con alcuni dei
    miei giocatori».
    Dopo quell’avvertimento
    negli spogliatoi, cosa suc-
    cesse in campo in quel Ro-
    ma-Perugia 4-0?


«Sinceramente, nonostante
la richiesta inusuale, non ave-
vo minimamente intuito
quello che stava per accade-
re. Qualcosa cambiò durante
la partita: la squadra era stra-
namente assente e i giocatori
sembravano imbambolati.
Nell’intervallo, quando era-
vamo sotto di un gol, conob-
bi il perché».
Qual era il motivo?
«I calciatori della Roma sape-
vano già che ci sarebbe stato

qualche arresto nel Perugia e
ce lo fecero sapere. “Mister,
gli avversari ci hanno detto
che arresteranno un paio di
noi a fine partita”, mi riferì la
squadra tra il primo e il secon-
do tempo. E così fu».
Cosa le comunicarono al ter-
mine di quella partita irreale?
«Al rientro negli spogliatoi lo
stesso ufficiale di prima mi dis-
se che doveva prelevare due
calciatori e consegnare un or-
dine di comparizione a un al-
tro. Aggiunse anche che sareb-
be avvenuto senza dare nell’oc-
chio. E così, invece, non fu».
Manette per Della Martira e
Zecchini, mandato di com-
parizione per Paolo Rossi
(13 gol in campionato): co-
me cambiarono le cose per
il Perugia e il suo tecnico?
«In un solo giorno vennero
bruciati sei anni di lavoro, ini-

ziati con una promozione e
sfociati nell’accoppiata secon-
do posto-imbattibilità del
’78/79. Affrontammo la Ro-
ma da terzi in classifica, poi ci
crollò tutto addosso e ci sal-
vammo solo perché avevamo
già messo un bel po’ di fieno
in cascina. In estate andai alla
Lazio, assolta dalla retroces-
sione in primo grado. Invece
dopo tre giorni di ritiro, quan-
do arrivò la sentenza d’appel-
lo, mi ritrovai in B».
Aveva mai sospettato, pri-
ma di quella domenica, dei
suoi giocatori?
«Nessun sospetto. Purtroppo
si scoprì che qualcuno aveva
persino preso dei soldi. Pao-
lo Rossi, però, non c’entrava
niente: venne messo in mez-
zo solo perché era un nome
grosso». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

le sentenze

Squalificati in 21
Tutti prosciolti
al processo penale

Il 23 marzo 1980, con l’arre-
sto di 12 giocatori di A e B su-
bito dopo le partite, trasmes-
so in diretta tv da «90° minu-
to», cominciò lo scandalo
del calcioscommesse passa-
to alla storia come Totone-
ro. Altri giocatori ricevette-
ro ordini di comparizione. Il
23 dicembre 1980 tutti gli in-
dagati furono prosciolti per-
ché il fatto non sussisteva,
ma la vicenda ebbe pesanti
conseguenze sportive: Mi-
lan e Lazio furono retroces-
se in B, Avellino, Bologna e
Perugia ricevettero 5 punti
di penalizzazione, Juventus,
Napoli e Pescara furono as-
solte. Diciotto giocatori di A
e tre di B furono squalificati:
6 anni a Pellegrini (Avellino)
il massimo, tra gli altri 4 anni
ad Albertosi e 2 a Rossi.

LA STORIA

INTERVISTA

GIGI GARANZINI

I


l 23 marzo di quarant’an-
ni fa è passato alla storia
come la domenica in cui
il calcio perse la sua inno-
cenza. Parola grossa, inno-
cenza, certamente approssi-
mata per eccesso, visto che
non erano mancati già negli
anni della presunta purezza
combine e scandali, partite
truccate, penalizzazioni
quando non retrocessioni a
tavolino, addirittura scudetti
revocati. Ma era sempre sta-
ta la giustizia sportiva ad oc-
cuparsene, a volte lasca, al-
tre severa, altre ancora impla-
cabile: mai quella ordinaria.
Alle cinque del pomeriggio
di quel giorno invece furono

Polizia e Guardia di Finanza
a prendersi la scena: planan-
do addirittura con le volanti
sulle piste degli stadi, con stri-
dìo di gomme e di freni e le
portiere che si aprivano anco-
ra in corsa, quasi da catturare
ci fossero capimafia e killer
armati di tutto punto anziché
gente in parastinchi e scarpe
bullonate. Si discusse per me-
si e anni di una spettacolarità
che ancora a distanza di tan-
to tempo, due generazioni ri-
dendo e scherzando, suona
eccessiva e persino vagamen-
te comica: eppure già quella
sera stessa alla messa canta-
ta della Domenica Sportiva
che era allora il rito conclusi-
vo e imperdibile del dì di fe-
sta, Gualtiero Zanetti, che
era stato il primo direttore di
Gianni Mura in Gazzetta, e

che direttore, ne spiegò im-
peccabilmente il perché.

Un blitz teatrale
Un passo indietro. Al termine
di Pescara-Lazio quattro la-
ziali arrestati: Giordano,
Manfredonia, Wilson e Cac-
ciatori. Di Roma-Perugia i pe-
rugini Della Martira e Zecchi-
ni (Casarsa si aggiunse l’indo-
mani). Di Milan-Torino i ros-
soneri Albertosi e Morini più
il presidente Felice Colombo.
In più Pellegrini dell’Avelli-
no, Girardi del Genoa, Ma-
gherini del Palermo, Merlo
del Lecce. Un ulteriore passo
indietro. Tre settimane pri-
ma, il giorno 1° marzo, un
commerciante di frutta e ver-
dura, Massimo Cruciani, ave-
va presentato alla Procura di
Roma un esposto in cui rac-

contava di una serie di partite
truccate con nomi, cognomi
e cifre di scommesse. Ha avu-
to dunque tre settimane di
tempo la giustizia sportiva,
scandì Zanetti quella sera,
per intervenire. Non solo non
lo ha fatto, ma in tutto questo
tempo gli inquirenti sono sta-
ti dileggiati dai giocatori e in
particolare dai loro avvocati:
costringendo così all’inter-
vento l’autorità giudiziaria,
ed è inutile ora accusare le
modalità della messa in sce-
na. Ultimo passo indietro, in
questo caso personale. Una
discreta puzza di bruciato
avevo cominciato a fiutarla il
giorno dell’Epifania a San Si-
ro, quando Giordano, centra-
vanti della Lazio che in quel
momento sembrava un Ro-
mario ante litteram, si era

portato a spasso la difesa del
Milan per l’intera partita sal-
vo inciampare sempre sul più
bello: per poi far gol alla fine
solo dopo che una doppietta
di Chiodi, non esattamente
un cannoniere implacabile,
pace all’anima sua, aveva si-
gillato la vittoria rossonera. E
qualcos’altro che non torna-
va avevo continuato a scorge-
re in partite successive.

La prima volta dello sponsor
Un passo avanti adesso. Nella
rete finirono altre società e al-
tri calciatori celebri, a comin-
ciare da Paolino Rossi allora
centravanti del Perugia che
fu sospeso per due anni, e
rientrò, con la maglia della Ju-
ventus, appena in tempo per
firmare con i suoi gol il Mon-
diale di Spagna. Mentre il

meccanismo messo in piedi
da Cruciani e dal suo degno
compare Trinca fu messo a
fuoco ancora prima del pro-
cesso celebrato a Milano. In
estrema sintesi i due scom-
mettevano su partite combi-
nate con i giocatori o i loro in-
termediari: ma questi, cialtro-
ni due volte, ne cambiavano
poi le modalità, dunque i ri-
sultati, per lucrare quote più
alte. Un verminaio in piena re-
gola, che resta la pagina più
nera della storia del calcio ita-
liano. Aperta ufficialmente
quella domenica surreale di
quarant’anni fa. Che oggi ci ri-
troviamo quasi a rimpiange-
re, ebbene sì, perché il nemi-
co di allora che inquinava gli
stadi ci colse più o meno tutti
alla sprovvista: ma non fu dif-
ficile da individuare in una
banda di farabutti di cui si
venne a capo in tempi brevi.
Il nemico che oggi gli stadi li
tiene chiusi è invisibile, e leta-
le. E non c’è retata che tenga.
Quel giorno infine, per la
completezza dell’informazio-
ne, il calcio la verginità la per-
se due volte. Sulle magliette
del Perugia infatti apparve
per la prima volta in assoluto
alle nostre latitudini il nome
di uno sponsor. Fortuna non
gliene portò. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

ILARIO CASTAGNER
ALLENATORE DEL PERUGIA
NEL 1979-80

Mai sospettato nulla
dei miei, poi si scoprì
che qualcuno aveva
preso soldi. Quel
pomeriggio bruciati
sei anni di lavoro

L’ANNIVERSARIO: 40 ANNI DOPO

28 LASTAMPA LUNEDÌ23 MARZO 2020
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