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stata, per l’Italia, lenta, parziale e peggiore di quelle di altri
Paesi. Non possiamo permetterci un analogo percorso an-
che all’uscita di questa crisi. Per questo, il governo dovrebbe
creare ora, accanto all’unità di crisi, una “unità di resilienza”
con esperti delle diverse materie, che propongano interven-
ti radicali per ofrire nuove opportunità, rimuovere ostacoli
(nello spirito dell’articolo 3 della Costituzione) e avvii un
nuovo ciclo di sviluppo molto più sostenibile sul piano so-
ciale e ambientale, oltre che economico. Insomma, si tratta
di “rimbalzare avanti” e non ”indietro” dove eravamo solo
poche settimane fa, quando denunciavamo disuguaglianze
sociali e territoriali inaccettabili, danni gravissimi all’am-
biente e alla salute delle persone.
La seconda è di considerare attentamente gli efetti sulle
disuguaglianze dei singoli interventi. Fabrizio Barca e Cri-
stiano Gori, con il Forum Disuguaglianze e Diversità, hanno
mostrato come altri paesi stiano reagendo usando stru-
menti esistenti o mettendo in campo nuovi strumenti pro-
prio per evitare che gli interventi urgenti, per quanto ben
intenzionati, creino nuove disuguaglianze. L’Italia già di-
spone di vari strumenti, dalla Cassa integrazione guadagni
al reddito di cittadinanza e molti altri, il cui uso andrebbe
orientato alle diverse categorie di vulnerabili, individui, fa-
miglie e imprese, prima di inventarne di nuovi. Il governo
dovrebbe quindi condurre un’analisi di impatto delle singo-
le misure sulle disuguaglianze, anche territoriali, e renderla
pubblica, come parte dell’iter parlamentare dei provvedi-
menti, così da poterli correggere in corso d’opera, evitando
di sprecare le risorse disponibili.
In conclusione, non si può afrontare questa crisi con la
mentalità con cui si sono afrontate le precedenti. Il modo
in cui si disegnano e si annunciano gli interventi ha un ruo-
lo fondamentale sulla psicologia collettiva e quindi sul mo-
do con cui le persone vedranno il futuro e sulla loro voglia di
ripartenza. Ma bisogna prepararsi adesso per quando l’e-
mergenza sanitaria terminerà e il fatto di averla afrontata
prima di altri paesi potrebbe darci un breve vantaggio tem-
porale ai blocchi di ripartenza. Ma bisogna prepararsi ora
allo scatto, riiutando la logica di quella canzone dei Pooh
“Ci penserò domani”. Q
*Portavoce dell’Alleanza Italiana
per lo Sviluppo Sostenibile
Prima Pagina
UNA PROTEZIONE SOCIALE PER TUTTI
A MISURA DELLE PERSONE
La crisi in atto non deve creare nuove
disuguaglianze. Deve tutelare ogni persona a
rischio, sia i garantiti, sia gli esclusi. Questo
signiica fare a un tempo cose diverse:
salvaguardare i posti di lavoro, ogni volta che
sia possibile; assistere chi perde l’occupazione;
attenuare gli effetti che derivano dal temporaneo cambio di
vita. Agire solo a tutela di alcune categorie di persone, magari
di quelle che hanno una voce più forte, sarebbe profondamente
errato e ingiusto. E poi è indispensabile che le misure siano di
attuazione semplice e tempestiva.
L’esperienza internazionale ci dice che è possibile. Che è
opportuno avvalersi di programmi di protezione sociale già
esistenti o comunque della loro infrastruttura, perché bisogna
impedire che essi collassino a seguito della crisi; e perché
consentono di ottenere effetti immediati e robusti. Che è
possibile per periodi limitati tollerare una percentuale di usi
impropri più elevata che non in “tempi di pace”. In queste ore
molti paesi (fra cui Cina, Indonesia, Gran Bretagna, Irlanda,
Australia, etc.) stanno “espandendo” misure di assistenza
sociale già esistenti, incrementandone la dotazione, facilitandone
l’accesso, integrandone la funzione.
E così dovrebbe avvenire in Italia, abbracciando con lo sguardo
l’intera popolazione e distinguendo al suo interno le diverse
categorie di persone colpite: da un lato, minori, inoccupati e
pensionati, a seconda delle differenti condizioni di partenza di
ciascuno; dall’altro, gli occupati, ma cogliendo anche qui i loro
assai diversi gradi di vulnerabilità. E allora, se teniamo conto
sia della natura dei rapporti di lavoro, sia della resilienza delle
imprese, capiamo di avere bisogno di strumenti assai diversi.
Certo, come prevede il decreto del Governo, è importante
espandere la Cassa Integrazione Guadagni se si mira al lavoro
dipendente stabile o autonomo di piccole, medie e grandi
imprese resilienti (fra 11 e 12 milioni di persone). Ma già quello
strumento diventa assai più dubbio per il lavoro dipendente
o autonomo di piccole e medie imprese (oltre 3 milioni), per
il quale si deve prevedere anche l’espansione della “Nuova
Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI). Questo strumento
e il Reddito di cittadinanza, che l’Italia ha con ritardo e merito
introdotto, divengono decisivi per le altre due, più deboli
categorie: il lavoro dipendente precario (diretto o indiretto) di
piccole, medie e grandi imprese resilienti (fra 2 e 3 milioni), e
ancor più la fascia del lavoro fra tutte più vulnerabile, ossia il
lavoro saltuario e irregolare (oltre 4 milioni di persone).
Ci auguriamo che di questo e della protezione degli anziani soli
poveri, dei senza issa dimora, delle donne vittime di tratta,
dei migranti ricacciati in condizioni di invisibilità dai “decreti
insicurezza” si discuta in Parlamento e nel paese in queste ore.
(Per i dettagli si veda la Nota completa nel sito del Forum)
BISOGNA FARE
IL CONTRARIO RISPETTO
ALLA CRISI DEL 2008.
CAMBIANDO MENTALITÀ
E INTERVENTI PUBBLICI
di Fabrizio Barca e Cristiano Gori
con il Forum Disuguaglianze e Diversità