Corriere della Sera - 21.03.2020

(Elle) #1


CorrieredellaSera Sabato21Marzo2020
PRIMOPIANO


27


Orachel’impensabileèentratonellenostrevitedobbiamopensareinmododiverso


Quandoarriveràlafinecercheròdinondimenticarmidichiminimizzava,


deiritardidell’Europa,dichisistaoccupandodeimalatiedellasolidarietàtravicini


L’analisidelDnadiCovid-19


Lavicenda


●Uno studio
su Nature
Medicine
condotto
da Kristian
Andersen,
dello Scripps
Research
Institute
di La Jolla
(California),
esclude che
il virus Sars-
CoV-2 sia stato
originato in un
laboratorio

●L’analisi è
stata effettuata
confrontando
i dati genetici
per i diversi tipi
di coronavirus
con il risultato
di scartare
l’ipotesi della
manipolazione
genetica

●In particolare
è stato
confrontato
il gene per
una proteina
dell’involucro
esterno
del virus,
fondamentale
nel processo
infettivo

●Secondo
gli autori
della ricerca
il legame tra
una proteina
dell’involucro
esterno
del virus e il
recettore delle
cellule umane
con il quale si
lega è talmente
perfetto che
non può essere
altro che il
risultato della
selezione
naturale e
non il prodotto
di ingegneria
genetica

«C


i sono piùcose in cielo e
interra, Orazio...» dice
Amletoall’amicoecom-
pagno di studi. Questo fa-
moso avvertimento, rivoltopiùase
stesso che all’amico, mi viene in mente
tutte levolte che mi trovo alcospetto di
qualcosa di misterioso o, per meglio di-
re,ditantoriccoenuovoda apparirci
misterioso. In questi giorni siamo chiu-
si incasa avedere quando passerà que-
sto turbine virale che sembra farevolar
via tutti gli stracci.Stoparlando del Co-
vid-19, che ci fa rimpicciolire il cuore e
farfugliare ilcervello. Prima nonc’era,
orac’è, eccome! Da qualche parte sarà
venuto, ma da dove? E, soprattutto, chi
ci ha messo lo zampino? Noi uomini
nonvediamo le montagne, ma gli zam-
pini ci sembra sempredivederli. Nel-
l’ansia di spiegare ma anche d’incolpa-
re. E i soliti «ben informati» cifornisco-
no tuttiidettagli. Nella fattispeciec’è
chièsicuroche la presenteforma del
virus sia stataconfezionata a bella po-
sta in qualche laboratorio o che la sua
diffusione sia dovuta a una fuga di ma-
teriale infetto da qualche arsenale bio-
logico. O si tratti di unacombinazione
delle duecose.
Non ècosì. Ce lo dice la biologia mo-
lecolare. Sull’ultimo numero della rivi-
sta NatureMedicine si può leggere un
articolo seccoe tagliente,corredatofor-
tunatamente da una splendida figura a
colori. È un dato bruto e scheletrico, ec-
cezionale anche per la biologia moleco-
lare: sequenze di Dna allineate lettera a
lettera, per poteressereconfrontate.
Due sono dicoronavirus umano (una
dell’attuale agentevirale del Covid-19)
tre dicoronavirus di pipistrello e una di
coronavirus di pangolino. Le sequenze
riguardano la «punta» più esterna di
quei minuscoli organelli, quasi anten-
nine,concui il virus vieneacontatto
con lecellule, in questocaso le nostre.
Sono state scelte in particolare due mi-
nuscoleregioni di cui parleremo fra un
attimo.
Il risultato è chiaro. Il virus attuale è
strettamenteimparentatocon gli altri
virus del passato, appartenenti alla
stessa famiglia. Le differenze sono pic-
cole ma significative, originatesi proba-
bilmenteper mutazione spontanea.
Nonc’è nessuna evidenza che possano
esserestateprodotteinlaboratorio.
Quel cheresta da decidere è se le muta-
zioni sono intervenute quando il virus
avevagià invaso la specie umana, o
mentreera ancora ospitedicellule di
un animale diverso, pipistrelloopan-
golino probabilmente, o infine durante
il passaggio dalla specie precedente al-
la nostra. Gli autori non sanno decide-
re; lacosa richiederà altro lavoro.
Avevo accennato alle due piccolere-
gioni analizzate. La prima riguarda l’at-
traccodel virus allacellula da attaccare,
la parte«offensiva» della particella vi-
rale: più efficacela manovra di attracco,
piùconsiderevole il danno per l’organi-
smo ospite. Ma anche l’organismo si di-
fende, spezzando l’organello dicontat-

tostesso, e lo fa «attaccando» la secon-
da piccola regione della nostra sequen-
za. Dal puntodivista del virus questo
significa sapersi o non sapersi proteg-
gere dallareazione delcorpo. Anche in
questo piccolo oggetto biologico, quin-
di, esiste l’attacco, la primaregione, e la
difesa, la secondaregione. Non sarebbe
male ricordarsene quando si pontifica
su ciò che è bene e male, e si pretende
di «insegnare» alla naturacome si deve
comportare.
Perquel che ci riguarda qui, non ci
sono staticomplottio«scherzetti» da
parte di esseri umani, anche se sono si-
curo che qualcuno non ci crederà. Noi
esseri umani siamo scagionati allora?
No. Ci sono tre delitti dei quali ci siamo
macchiati e ci stiamo macchiando: l’in-
differenzaverso il degrado ambientale
del pianeta, la nostra insaziabile ingor-
digia evenalità e la presuntuosa igno-
ranza. Del degrado ambientale non

parlerò perché se ne parla anche trop-
po, ma quando l’ambiente si degrada si
degrada tutto.Perché l’ingordigia?Per-
ché gli animali che ci hanno trasmesso
la malattia, i poveri pangolini, sono og-
gettodiaffannosocommercio, per la
loro «carne» e per i supposti pregi me-
dicamentosi.Pareche il mercatodi
Wuhan ne brulicasse.Tenerissimo è il
pangolino, mezzoarmadilloemezzo
formichiere,capacediappallottolarsi
in un attimo a scopo di difesa. Il suo no-
me viene daltermine malese che desi-
gna «quello che si appallottola», al
punto che i primi esploratori gli dettero
il nome dicarciofoa quattro zampe. In-
gordigia quindicome in quasi tuttele
epidemie dei nostritempi. E del futuro.
Ma anche ignoranza e presunzione che
portano ad attribuireagli organi ani-
mali più diversi, poteri mirabolanti, se
non magici nell’incideresulla nostra
salute. Questo è grave. Qualunque pro-
blema possa derivare dall’aumento del-
leconoscenze e dalla scienza non sarà
maiconl’ignoranzaelasicumera che
potremo rispondere efficacemente.
©RIPRODUZIONERISERVATA

COSÌLASCIENZA


SMENTISCE


L’ASSURDATESI


DELCOMPLOTTO


L’ideacheilvirussianatoinunlaboratorio


RicercaUn’immunologa in laboratorio(fotoEpa)


cabile di chi si sta occupando dei malaticosì
come dei sani, né delle manifestazioni di vici-
nanza di chicanta la sera dalle finestre. Nonc’è
veropericolo su questo: sarà facile da ricordare
perché è già la narrazione ufficiale dell’epide-
mia.
Ma nonvoglio dimenticarmi nemmeno di
tutte levolte che, nelle prime settimane e da-
vanti alle timide misure iniziali, ho sentito ri-
petere «siete pazzi». Anni di delegittimazione
di ognicompetenza hanno prodotto una sfidu-
cia istintiva e diffusa che si materializzava infi-
ne in quelle due parole: «siete pazzi».Una sfi-
ducia che ha portato a ritardi. Che hannocau-
sato vittime.
Nonvoglio dimenticarmi che fino all’ultimo
non hocancellatounbigliettoaereo, anche
quando mi era chiaroche prenderequelvolo
sarebbe stato al di là di ogni ragionevolezza, e
solo perché desideravo partire. Ottusità mista a
egoismo, la mia.
Nonvoglio dimenticarmi dell’informazione
volubile,contraddittoria, sensazionalistica,
emotiva e approssimativa che ha accompagna-
toil dispiegarsi iniziale delcontagio —forse il
fallimento più evidente di tutti. E non si tratta
di un dettaglioformale: in un’epidemia un’in-
formazione chiara è la profilassi più importan-
te.
Nonvoglio dimenticarmi di quando, all’im-
provviso, si è azzerato il chiacchiericcio politi-
coed è statocome se mi si stappassero le orec-
chie dopo esser sceso dall’aereo che non avevo
preso. Quel rumore difondo,costante e auto-
referenziale, che riempivatuttoeimpedivaa
ognicontenuto,aogni riflessione di medio
raggio di esprimersi, era svanito dicolpo.
Nonvoglio dimenticarmi dicome l’emer-
genza ci ha fatto scordare in un istante che sia-
mo una moltitudinecomposita,con bisogni e
guai differenti. Nel momento di parlare a tutti,
abbiamo parlato per lo più a un solo cittadino
che padroneggia l’italiano e possiede uncom-
puter e sa usarlo.
Nonvoglio dimenticarmi che l’Europa è sta-
ta in ritardo, troppo in ritardo, e che a nessuno
èvenutoinmentedimostrare, insieme alle
curve nazionali deicontagi, una curva europea
che ci facesse sentire uniti in questa disavven-
tura, almeno simbolicamente.
Nonvoglio dimenticarmi che l’origine della
pandemia non è in un esperimento militare se-
greto, ma nel nostrorapportocompromesso
conl’ambienteelanatura, nella distruzione
delleforeste, nella sventatezza dei nostricon-
sumi.
Nonvoglio dimenticarmi che la pandemia ci
ha trovato in larga partetecnicamente impre-


parati e scientificamente digiuni.
Nonvoglio dimenticarmi che non sono stato
eroico né stabile né lungimirante neltenere in-
sieme la mia famiglia. Che quandocen’è stato
bisogno non ho saputotiraresuilmorale di
nessun altro, e neppure il mio.
La curva dei positivi si appiattirà, quella cur-
vadi cui ignoravamo l’esistenzaeche adesso
decide al postonostro. Raggiungerà il picco
agognato e poi inizierà la discesa. Non è un au-
gurio: sarà laconseguenza diretta della nostra
disciplina di adesso, delle misureinatto, le
uniche efficaci e moralmente accettabili. Dob-
biamo sapere fin d’ora che la discesa potrebbe
esserepiù lenta della salitaeche potrebbero
esserci nuoveimpennate, magari altre chiusu-
remomentanee, altre emergenze, e che alcune
restrizioni dovrannorestare per un po’. Lo sce-
nariopiù probabileacui andiamo incontroè
quello di un’alternanza fra una normalitàcon-

dizionata e l’allerta. Ma a uncerto punto finirà.
E avrà inizio la ricostruzione.
Sarà il momento delle pacche sulle spalle tra
la classe dirigente, deicomplimenti a vicenda
per la prontezza e la serietà e l’abnegazione. Il
rinsaldarsi tipicodei poteri che di frontealla
minaccia della propria messa in discussione
scoprono all’improvviso il giocodisquadra.
Mentrenoi, distratti, avremo solovoglia di
scrollarci di dosso tutto. Il grande buio checa-
la. L’inizio dell’oblio.
A meno che non osiamo riflettere ora su ciò
che nonvorremmo ritornasse uguale, ognuno
per sé e poi insieme. Io non socome sirenda
uncapitalismo mostruoso un po’ meno mo-
struoso, non socome sicambi un sistema eco-
nomico, non socome si possa rifondare il no-
stro pattocon l’ambiente. Non sono nemmeno
sicurodisaper modificareilmiocomporta-
mento. Ma so percerto che non si può fare nes-
suna di questecose se prima non sièosato
pensarle.
Restiamo incasa, per tutto iltempo necessa-
rio. Curiamo i malati. Piangiamo e seppelliamo
i morti. Ma immaginiamo il dopo,comincian-
do adesso. Evitiamo che l’impensabile cicolga,
ancora unavolta, di sorpresa.
©RIPRODUZIONERISERVATA

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LetalitàaWuhan
Secondo l’ultima revisione
nell’epicentro dell’infezione da
coronavirus considerando tutta
la platea dei probabili contagiati

diEdoardoBoncinelli

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