La Stampa - 28.03.2020

(Ben Green) #1
«Una solitudine troppo
rumorosa»
(trad. di Sergio Corduas)
Einaudi, pp. 136, € 10

«Ho servito il re d’Inghilterra»
(trad. di Sergio Corduas)
e/o
pp. 218, € 9

«Treni strettamente sorvegliati»
(trad. di Sergio Corduas)
e/o
pp. 115, € 9

«Opere scelte»
(trad. di Francesco Brignole
e Alessandro Catalano;
a cura di Sergio Corduas,
Annalisa Cosentino)
I Meridiani Mondadori
pp. 2002, € 80

corale / dario buzzolan

Dai parenti mi salvi Dio

che dalla multinazionale mi salvo io

paradiso dei lavoratori di-
ventati padroni dei mezzi di
produzione, e quindi di se
stessi, non possono esiste-
re, perché sarebbero un ossi-
moro, la dimostrazione che
il marxismo fa cilecca. Hra-
bal invece non solo li incon-
trava nelle birrerie, nei par-
chi, ovunque si potesse sbe-
vazzare e «stramparlare»,
ma li trasformava in (an-
ti)eroi simpaticissimi del
sottobosco praghese.
Anche se le maglie della
censura si erano allentate
dopo la morte di Stalin e la
denuncia dei suoi crimini,
la reazione della critica fu
dura. Estenuanti, le trattati-
ve con l’editore per smussa-
re toni e situazioni. Dopo la
pubblicazione arrivarono a
decine le lettere di proletari
indignati. A quel tempo
(meraviglia!) gli haters era-
no costretti a spargere la lo-
ro bile sulla carta e con la
penna. Ma i toni non erano
granché differenti dagli
odierni post sul web. «Spor-
co maiale, quando la smet-
terai di avvelenare le anime
umane con le tue perversio-
ni disgustose!». «Sulla for-
ca!, La letteratura è un leta-
maio, un allevamento per
la produzione in serie di per-
versi assassini bestiali». La
sua colpa era raccontare la
«realtà» non il «realismo»
socialista. Praga vera, per
niente magica. Bordelli, bi-
sche clandestine, acciaierie
dove si cazzeggia invece di
imitare il compagno stakha-


nov, piloti di tram che ab-
bandonano il mezzo per be-
re un caffè e lo lasciano gira-
re pericolosamente senza
guida al capolinea.
Nel ’63, quando il libro
uscì, Hrabal era già abba-
stanza attempato. 49 anni.
Non aveva mai pubblicato
nulla, a parte qualcosina in
samizdat, eppure, sempre
per quelle meravigliose con-
traddizioni del socialismo
reale, era stipendiato per fa-
re lo scrittore. Prima, però,
aveva inchiodato rotaie, fat-
to il capostazione, offerto
polizze assicurative, era sta-
to commesso viaggiatore,
operaio, macchinista teatra-
le. Perché voleva «sporcar-

si» con la gente comune per
raccontarla meglio.
Fu anche, imballatore di
carta da macero. Da cui nac-
que il meraviglioso Una soli-
tudine troppo rumorosa.
L’Haňťa, che lavorava alle
presse e, involontariamen-
te, si istruiva con Nietzsche,
Goethe, trattati di micolo-
gia, compare già qui, nel rac-
conto Il barone di Münchh-
ausen, e corteggia tutte le
donne che incontra regalan-
do romanzi rosa salvati dal
macero. Fa impazzire il suo
principale. E con il candore
saggio dei paria spiega

cos’è che manda a ramengo
la società totalitaria e rende
la burocrazia un mostro po-
tentissimo. «Sa signor capo,
a volte abbiamo solo biso-
gno di sentire di aver un po-
tere sugli altri. Non dev’es-
sere un potere eccessivo,
ma un pochino, giusto per
fargli abbassare un po’ la
cresta». Era per questo che
qualunque burocrate, fun-
zionario, graduato, stella-
to, falcemartellato, con un
sadismo tanto inutile, quan-
to deleterio rendeva ogni co-
sa un’avventura kafkiana (il
Franz del Processo, con Ha-
sek, si colloca nello stesso fi-
lone di Hrabal).
Hrabal sapeva esattamen-
te quanti gradini bisogna
scendere o salire per acce-
dere a tutte le birrerie di
Praga; come è bello sfreccia-
re in motocicletta e provo-
care incidenti; giocare a
rugby e fare il tifo ai derby
Sparta-Slavia; abbracciare
le donne con seni grandi. In-
somma raccontava la vita
normale, che non può e non
vuole essere redenta dal
partito perché ci pensa da
sola a redimersi con un boc-
cale di birra o una biglietta-
ia con il rossetto sulle lab-
bra. E soprattutto insegna-
va che il potere, qualunque
esso sia, si scioglie di fronte
all’assurdo come burro al
sole. Prendete quel ragazzo
che si chiamava Gangala.
«Quanto fa tre più tre?»,
gli ha chiesto un giorno il
maestro. E Gangala ha ri-
sposto sette. Si è beccato un
paio di sberle e di nuovo:

«Quanto fa tre più tre?», e
lui di nuovo sette. E tutta la
classe ha dovuto fustigarlo
a turno con la verga... e:
«quanto fa tre più tre»? e
sempre sette. Gangala sem-
brava così sicuro di sé che il
maestro è andato di corsa
nella sala professori a con-
tare col pallottoliere. E ha
continuato a chiudersi lì
dentro per tutto l’anno e al-
la fine dubitava persino del
pallottoliere. Ed è finita
che Gangala e quella sem-
plice addizione lo hanno
fatto impazzire».

Hrabal se ne andò nel ’97
cadendo da una finestra
del quinto piano. Secondo
la versione ufficiale si era
sporto troppo per cibare i
piccioni, come un protago-
nista di qualche suo libro. E
ne scrisse di meravigliosi,
(Inserzione per una casa in
cui non voglio più abitare,
Treni strettamente sorve-
gliati, Ho servito il re d'In-
ghilterra...). Leggetelo e ri-
leggetelo. E capirete che
nulla va preso sul serio. Per-
ché su questa umana terra
non è affatto vero che 3+3
non faccia sette. Né tanto-
meno che la scienza sappia
come debellare un minu-
scolo virus. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

ALBERTO CASADEI

D

ovendo scegliere
un aggettivo per
definire il nuovo
romanzo di Gian
Mario Villalta, L’apprendi-
sta, si potrebbe puntare su
«delicato». È infatti una sto-
ria all’insegna della levità
questa breve cronaca di al-
cuni mesi trascorsi assieme
da Fredi e Tilio: il primo, sa-
crestano di una chiesa di un
paesino del Nord-Est; il se-
condo, il suo quasi altrettan-
to anziano apprendista. At-
traverso i loro gesti, precisi
e regolati dai ritmi delle fun-
zioni, entriamo poco a poco
nel mondo di due persone
che hanno passato le loro
esistenze all’insegna di po-
che scelte fondamentali e
molte conseguenze inevita-
bili: come possono dire qua-
si tutti, arrivando a un bilan-
cio molto più che parziale
della vita vissuta.
Fredi aveva scelto la car-
riera militare ed era pronto
a sposarsi, ma una notizia
sconvolgente sul passato

del padre, entrato fra i Re-
pubblichini e poi probabil-
mente traditore, lo spinge
ad abbandonare tutto e a ri-
fugiarsi in Giappone. Rien-
trato nei suoi luoghi, si è
adeguato alle norme della
vita parrocchiale per non
dover ripensare a niente di
quanto gli è accaduto, o me-
glio non accaduto. È malato
ma non si è voluto curare.
Sembra quasi sempre infles-
sibile, e però si mostra capa-
ce di un affetto sincero.
Tilio è molto più ribelle.
Operaio serio e buon pa-
dre di famiglia, era inna-
morato della sua Irma,
morta troppo presto. Ha
pensato allora di legarsi a
una donna ucraina, Vero-
nika, ma la decisa opposi-
zione del figlio Paolo ha
impedito l’unione e creato
tensioni. Così Tilio, rima-

sto solo, si inserisce nel
ménage parrocchiale e
non si esime dal riflettere
per conto suo sui testi bibli-
ci, ponendo anche doman-
de imbarazzanti ai vari sa-
cerdoti. Soprattutto è sin-
ceramente vicino a Fredi,
col quale condivide tutte
le situazioni, dalle messe
quasi deserte ai matrimo-
ni chiassosi ai funerali con
o senza lacrime.
Grazie a una coppia di per-
sonaggi che potrebbe ricor-
dare i flaubertiani Bouvard
e Pécuchet, Villalta passa in
rassegna gli aspetti minuti e
quasi impalpabili che costi-
tuiscono la gran parte delle
esistenze umane: persino i
tic, le azioni recondite, i sen-
timenti fugaci vengono in-
tercettati nei dialoghi mini-
mi e nei tanti pensieri ripor-
tati di Fredi e Tilio. Dal quie-

to tran-tran emergono spes-
so eventi di grande impatto
emotivo, come quando l’ap-
prendista ritrova una donna
con cui aveva avuto un fuga-
ce rapporto da adolescente,
e ora è molto anziana e mala-
ta. Il ricordo di Tilio si fa in-
tenso, ma a esso potrebbe
non corrispondere ormai
nient’altro che il vuoto nella
mente della sua partner: e
così ogni fatto che sembrava
incancellabile appare evane-
scente al controllo della me-
moria. Lo stesso Fredi tenta
alla fine di verificare cos’è ac-
caduto alla sua quasi sposa,
giungendo a intuire che era
inutile o assurdo.
La narrazione sempre vi-
vace e mai dolciastra di Vil-
lalta ci conduce, superati
tanti piccoli episodi, alle do-
mande fondamentali sul
senso del vivere, al nada y to-
do dei mistici: arrivare a co-
noscere il tutto accettando
di passare nel territorio del
niente. Ma L’apprendista si
ferma ben prima di sfiorare
esiti massimalisti. Insiste in-
vece sulle sfumature, sui ri-

svolti delle psicologie e sui
dettagli storici, che prospet-
tano la fine di un tranquillo
mondo periferico tanto
quanto le minacce del glo-
bal warming.
Villalta, si direbbe nel
gergo del biliardo, sfrutta
la sponda e arriva al pun-
to: le nostre vite, per quan-
to modeste, fanno parte
del grande gioco, e allora
le poche azioni del sacre-
stano e dell’apprendista ci
appaiono metonimie di un
movimento più ampio. Dei
due protagonisti si dice:
«Lui e Fredi, questo aveva
capito subito, erano soli
ma non erano disperati, sa-
pevano dare ordine alla
giornata, avere pensieri
per ogni cosa, ma avevano
perduto la letizia del cuo-
re. Non potevano fare nul-
la l’uno per l’altro, se è per
questo, non c’erano dubbi,
ma si erano incontrati». A
nostra volta noi incontria-
mo loro, e li seguiamo co-
me si seguono due amici di
vecchia data.—
© RIPRODUZIONE RISERVATA

i suoi libri

SEGUE DA PAGINA IV


MIRELLA SERRI

P

ranzo di famiglia in un
interno. A Cernedo,
centro di circa 39 mila
anime tra i più fattivi e
operosi del Nord Italia, la fami-
glia Trovato si riunisce intorno
a una tavola imbandita. Ma
questo raduno conviviale vie-
ne bruscamente interrotto.
Con un effetto di straniamen-
to, una raccomandata dell’A-
genzia delle entrate si affaccia
alla porta dei Trovato e pone di
fronte a una nuova realtà il con-
sesso costituito dal capofami-
glia, moglie, figli, nuora e nipo-
ti. I Trovato sono titolari delle
Manifatture Stella, azienda
leader nel settore dell’alta oro-
logeria che ha dato filo da tor-
cere a giganti come Rolex,
Omega e Patek. Ma ora la picco-
la fabbrica è in procinto di cola-
re a picco. Inizia così, con un

colpo di scena brechtiano, il
bel romanzo corale di Dario
Buzzolan, In verità.
Nato a Torino nel 1966, lo
scrittore e sceneggiatore ha in-
tervallato la produzione dei
suoi nove romanzi con opere
drammaturgiche, e la ricerca
della sorpresa e dello choc tea-
trale si avverte fin dalle prime
pagine di questa sua ultima fa-
tica. L’avviso della temibile
Agenzia mette a nudo le fragili-
tà dei personaggi che, di fronte
alle difficoltà economiche, ve-
dono emergere istinti sopiti e
incertezze che nemmeno loro
conoscono. Le profonde insicu-
rezze nascono dall’inizio di

una nuova era: operai e im-
prenditori non ricavano più
soddisfazioni dal loro lavoro.
Ruggero Trovato, il capofami-
glia, si è fatto assorbire comple-
tamente dai suoi affari e ha con-
dotto l’azienda con pugno di
ferro. Adesso vede svanire nel
nulla i suoi decennali sforzi e le
sue fatiche. Ha anche distrutto
il rapporto con Lucia, la consor-
te che, per sottrarsi al vuoto esi-
stenziale, trova conforto in un
misterioso corrispondente on-
line con cui chatta quotidiana-
mente. Nanni, valente orolo-
giaio e artigiano e braccio de-
stro di Ruggero, ha coltivato la
mistica dell’impegno azienda-
le e si è ritrovato a vivere in soli-
tudine: la moglie lo ha abban-
donato incolpandolo di assen-
teismo dal talamo coniugale.
Pietro, il maggiore dei Trova-
to, per la Stella sulla strada del
fallimento cova ansia ma an-

che risentimento. Se la prende
senza motivo con profughi e ri-
fugiati politici che abitano nel-
la sua città. Aderisce al partito
de La nazione, capeggiato dal
perito elettrotecnico Pierpaolo
Sciuppa che sostiene il ripristi-
no della pena di morte e il pro-
tezionismo sovranista. Nicola,
il più piccolo dei Trovato è, in-
vece, un gran sognatore, stu-
dia astronomia e spera di porre
piede al più presto su Marte.
Buzzolan non celebra la pic-
cola azienda manifatturiera.
Ma non esalta nemmeno gli arti-
gli della globalizzazione: la Lie-
ben-Kraft Company, multina-
zionale del lusso, vuole acquisi-
re la Stella. Incaricati di convin-
cere alla cessione i Trovato so-
no Tom e Amelia, professioni-
sti dell’imbroglio e abili pesce-
cani. Nell’intrigo vorticoso del
romanzo vacilla ogni sicurezza
e persino i due avvoltoi nutro-
no dubbi sull’esasperata ricer-
ca di guadagno della multina-
zionale. La Lieben-Kraft ha poi
investito le sue risorse in HP,
calciatore italo-camerunense,
star del football, amatissimo
dai fans il quale invece di alle-

narsi trascorre il suo tempo a
farsi di alcool e coca. I compo-
nenti del consiglio di ammini-
strazione della grande azienda
sono trentacinquenni modaio-
li, indossano felpe dai colori
spenti, t-shirt bianche e con fol-
te barbe in stile hipster e tiran-
neggiano HP da cui vogliono ri-
cavare il massimo del profitto.
L’unica che rappresenta un rag-
gio di luce e di umanità è la gio-
vanissima Cloe analista finan-
ziaria della Lieben-Kraft: sco-
pre e denuncia nel bilancio del
gruppo imbrogli e fatture false.
E per questo viene licenziata.
Nel corso della narrazione si
chiariscono i legami tra i nume-
rosi personaggi che si incontra-

no, s’ innamorano, si odiano e si
feriscono. Buzzolan ci mostra i
meccanismi più segreti che ope-
rano all’interno della piccola e
della grande industria. Narra
l’esaurimento dei legami di ami-
cizia e di solidarietà che un tem-
po assicurava il mondo del lavo-
ro e con la scelta di questo tema
insolito ma cuore della nostra
modernità, si conquista un po-
sto unico nel panorama narrati-
vo italiano. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Raccontava birrerie
e fannulloni,
bigliettaie col rossetto
e corse in moto

esistenziale / gian mario villalta

Se fai l’apprendista del buon sacrestano


togli la cera delle candele, parli poco e pensi molto


Fredi e Tilio vivono le loro giornate, regolate dagli orari delle funzioni, tra le mura di una chiesa del Nord Est


Più che un piccolo mondo antico, un angolo periferico che suo malgrado finisce in un gioco più grande


Poeta, scrittore e critico
Gian Mario Villalta (Visinale di Pasiano, 1959,) è direttore artistico
di pordenonelegge. Studioso di Andrea Zanzotto, di cui ha curato il
Meridano (con Stefano Dal Bianco), ha pubblicato, tra gli altri:
«Vanità della mente» (Mondadori) e «Bestia da latte» (Sem)

Voleva «sporcarsi»
con la gente comune
per raccontarla
meglio

Italiani

Vengono meno
i legami di amicizia
e solidarietà che
il lavoro assicurava

La famiglia Trovato, titolare di una leggendaria azienda di
alta orologeria, deve fare i conti con una pesante crisi
finanziaria che porta a galla tensioni mai risolte e segreti. Il
padre scompare, mentre una grande società del lusso dalla
gestione opaca vuole acquisire la loro attività

Bohumil Hrabal,

genio troppo rumoroso

Scrittore, drammaturgo e autore televisivo
Dario Buzzolan (Torino, 1966) ha pubblicato nove romanzi tra cui:
«Dall’altra parte degli occhi», «Non dimenticarti di respirare» (Mursia)
«I nostri occhi sporchi di terra», «Malapianta» (Baldini & Castoldi),
«Se trovo il coraggio» (Fandango), «La vita degna» (Manni)

Magica Praga


Gian Mario Villalta
«L’apprendista»
Sem
pp. 228, € 17

Dario Buzzolan
«In verità»
Mondadori
pp. 444, € 20

Una scena di «Allodole sul filo» il film che Menzel trasse dai racconti di Hrabal


VI LASTAMPASABATO28 MARZO 2020
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