Internazionale - 28.02.2020

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una tomba, un’esposizione del corpo violato, un in-
ventario di beni, una nota a piè di pagina nella gran-
diosa narrazione storica”.
Un’eccezione a questa regola è proprio il grande
archivio della Wiener holocaust library di Londra,
fondato da Alfred Wiener, un ebreo tedesco fuggito
insieme alla famiglia nel 1933 per sottrarsi all’ondata
di antisemitismo in Germania. Durante un viaggio a
Londra ho visitato la biblioteca e ho intervistato la
curatrice di Forgotten victims, Barbara Warnock. “La
Wiener voleva documentare, registrare e studiare in
modo specifico l’antisemitismo in Germania e in tut-
ta Europa”, mi ha spiegato Warnock. “Nel corso
dell’allestimento della mostra la nostra organizzazio-
ne ha cominciato a occuparsi anche della persecuzio-
ne contro i rom e ha riunito questi materiali”.
Uno dei documenti in mostra è un articolo del
1950 di C.C. Aronsfeld, direttore del Wiener Library
bulletin, intitolato “How the gipsies were persecu-
ted”. È una risposta alle tesi avanzate in Germania
secondo cui i romaní furono imprigionati in quanto
“delinquenti”. Per confutarla Aronsfeld cita Dora
Yates della Gipsy Lore society, un’associazione inter-
nazionale di studi sui romaní, e ribadisce che durante
la shoah i rom furono perseguitati per la loro apparte-
nenza etnica. Negli anni sessanta la Wiener holo-
caust library avrebbe finanziato un vasto programma
di ricerca per raccogliere documenti sul genocidio
dei rom e dei sinti, con testimonianze di sopravvissu-
ti, ma anche di sopravvissuti ebrei che assisterono
alle persecuzioni.
La mostra è stata organizzata dalla Wiener holo-
caust library e alimentata dal suo grande archivio,
ma l’istituto ha anche collaborato con il Roma sup-
port group per ottenere fotografie dei sopravvissuti e
delle vittime. Una di queste mostra Margarete Kraus,
una rom ceca, scattata dopo la seconda guerra mon-
diale. Secondo un reportage del 1966 del giornalista
Reimer Gilsenbach, Kraus fu deportata ad Auschwitz
insieme ai genitori nel 1943. I genitori morirono nel
campo, mentre lei, pur essendo stata sottoposta a
esperimenti medici, sopravvisse.
Ci sono anche testimonianze delle violenze ses-
suali nei confronti delle donne. Nel 1958 una rom
austriaca, Hermine Horvath, descrive in modo espli-
cito e dettagliato gli abusi sessuali commessi dagli
ufficiali delle Ss, compreso lo stupro e l’assassinio di
due bambine rom ad Auschwitz. Horvath sopravvis-
se ai campi di concentramento ma morì a soli 33 anni,
forse proprio per gli strascichi delle violenze subite
quando era prigioniera nel campo, dove lavorava co-
me schiava ed era sottoposta a esperimenti medici.
La definizione di “olocausto dimenticato” è stata
coniata dalla storica Eve Rosenhaft per attirare l’at-
tenzione sulla scarsa rappresentazione delle perse-
cuzioni e della strage dei rom e dei sinti. Ma il termi-
ne “dimenticato”, fa sorgere una domanda: dimenti-
cato da chi? Da molto tempo i sopravvissuti e gli atti-
visti romaní cercano di farsi sentire in un silenzio as-
sordante. L’espressione “olocausto dimenticato” è
discutibile, perché solleva dalle loro responsabilità

chi ha dimenticato, ignorando il fatto che rom e sinti
chiedono da tempo a politici, storici e grandi organiz-
zazioni di ricordare.
Tutto questo è ancora più grave se si pensa che og-
gi in buona parte d’Europa c’è ancora un diffuso raz-
zismo nei confronti di rom e sinti. Alle rappresenta-
zioni distorte dei mezzi d’informazione si accompa-
gnano le dichiarazioni e le leggi discriminatorie dei
politici. Nelle ultime elezioni nel Regno Unito i con-
servatori si sino impegnati a introdurre nuove misure
per sequestrare “i beni e i veicoli degli intrusi che
erigono accampamenti non autorizzati”. La proposta
è chiaramente mirata contro i travellers, le comunità
gitane e i rom. È solo un esempio del fatto che il razzi-
smo anti-romaní contemporaneo si è insidiosamente
radicato nel dibattito pubblico in diverse parti del
mondo. A volte si presenta sotto forma di segregazio-
ne scolastica; altre volte di profilazioni etniche da
parte della polizia e del governo; altrove esistono leg-
gi e pratiche contro gli immigrati, sterilizzazioni for-
zate, violenze, tratta a fini sessuali e tassi di carcera-
zione sproporzionati. Tutto ciò rispecchia e alimenta
il pregiudizio che sta alla base degli omicidi etnica-
mente motivati commessi in tutta Europa ai danni di
persone rom.
Ma c’è dell’altro. Alcuni paesi hanno ammesso di
aver partecipato allo sterminio dei rom e dei sinti:
nel 1982 la Germania ha riconosciuto il genocidio su
base razziale ai danni dei popoli romaní e nel 2016 la
Francia ha presentato le sue scuse per aver collabo-
rato con i nazisti alla persecuzione dei rom. Ma mol-
ti continuano a tacere. Nel gennaio 2019 nella Re-
pubblica Ceca il parlamentare Jaroslav Foldyna, vi-
cepresidente del Partito socialdemocratico ceco, ha
pubblicamente insultato le vittime rom e sinti dell’o-
locausto.

Storie vere
Clifton Collins, 49
anni, spacciava droga
e aveva 55 milioni di
euro in bitcoin. Nel
2017 ha nascosto il
codice segreto del suo
conto in bitcoin nel
contenitore metallico
di una canna da pesca
che custodiva nella
sua casa in affitto a
Farnaught, nella
contea di Galway, in
Irlanda. Poi è stato
arrestato e
condannano a cinque
anni di carcere. Così il
suo padrone di casa
ha deciso di buttare
via tutta la roba
abbandonata da
Collins, tra cui la
canna da pesca.
Secondo la polizia
probabilmente il
prezioso foglietto è
finito insieme alla
spazzatura che viene
spedita nelle
discariche in
Germania o in Cina
per essere smaltita.


Pop


Come l’uccellatore del tempo
Catturo al mattino
Le parole che hanno ancora ali

Prima di liberarle
affinché messaggere abbandonino
il campo di nebulose

Là dove Guillaume Apollinaire
Non smette di sognare
Questo reale senza limite

Che porta più lontano dei sogni.

André Velter

Poesia


Messaggeri


ANDRÉ VELTER
è un poeta, saggista e
viaggiatore francese
nato nel 1945. Autore
di decine di libri, nel
1996 ha vinto il
premio Goncourt per
la poesia. Questo
testo è tratto dalla sua
ultima raccolta,
Les solitudes
(Gallimard 2017).
Traduzione di
Domenico Brancale.

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