Vanity Fair Italia 20170208

(Romina) #1

D


(^108) I VANITY FAIR 08.02.2017
HO VISTO LA LUCE
a uno a cento, ti senti stupida 101 quando ti accorgi di avere fatto «Ahhh» e «Ohhh» davanti a zir-
coni prendendoli per diamanti. A me è successo a Ginevra, dove Caroline Scheufele, co-presiden-
te di Chopard, mi ha invitata per trasecolare in anteprima davanti a una parure che ha una storia
da film. Partiamo dai fatti: nel 2015 Caroline riceve una telefonata dal Botswana in cui dicono di
avere trovato un diamante grezzo da 342 carati. Lei salta su un aereo, arriva fin laggiù e capisce al
volo di avere per le mani qualcosa di eccezionale. Non è solo la grandezza, e il fatto che anche a
occhio nudo si intuisce che è purissimo. Proviene dalla miniera di Karowe, dove si lavora in condi-
zioni eticamente sostenibili, e dove avviene l’appuntamento col destino di Tekolo Sethebe, la don-
na che un giorno viene richiamata al lavoro per un surplus di kimberlite da setacciare. Nel grigio-
re della roccia vulcanica le sue mani scovano The Queen of Kalahari, la regina di luce che Scheu-
fele si aggiudica all’incanto, affidandola ai tagliatori di Anversa con il compito di ricavare 23 dia-
manti di forme diverse: cinque superano i 20 carati, con il taglio brillante che arriva a 50 carati.
Un miliardo di anni fa nasceva dal cuore dell’Africa The Queen of Kalahari,
un diamante grezzo da 342 carati che una maison di alta gioielleria ha trasformato
in 23 pietre purissime di incredibile bellezza. Come la sua storia
di CRISTINA MANFREDI
STYLE Ohhh
05 STYLE CHOPARD.indd Tutte le pagine
08.02.2017
Per tutti colore D (il più bello) e purezza
di grado Flawless (la migliore), roba che ti
viene il magone a separarli, difatti Caroline
si guarda bene dal farlo.
Presenta il diamante al suo team dedicato
all’alta gioielleria, con la consegna di rea-
lizzare 6 gioielli trasformabili che esaltino
i «figli della Regina», come ama chiamarli
lei. Forse non è andata proprio così, ma mi
piace immaginarla ferma sulla soglia men-
tre fa un’ultima raccomandazione: «Ac-
qua in bocca, che in azienda non lo sa nes-
suno». Caroline la dolce, lei che sembra
delicata come una bambola di porcellana,
sfodera nervi d’acciaio e fa tutto di nasco-
sto dal fratello Karl-Friedrich, dai genitori
Karl e Karin, svelando loro l’intera opera-
zione sotto l’albero di Natale.
Una cosa che scopri andando in visita in
atelier, è che quando si tratta di pietre ecce-
zionali la parure che ti mostrano è realizza-
ta con delle copie, perché non è detto che
chi acquisterà i diamanti li voglia montati.
Prima ti portano la collana componibile in
tre diverse soluzioni, gli orecchini, gli anel-
li, il bracciale-manchette e un orologio, e
già rimani a bocca aperta, ma quando en-
tra la scatola di pelle blu realizzi quanto sei
sprovveduto, perché lì ci sono i diaman-
ti veri. Riposano sul velluto e ti salvano lo-
ro dall’imbarazzo, tanto nessuno riesce a
staccargli gli occhi di dosso.
«Quando mi hanno messa davanti al dia-
mante grezzo per la prima volta ho sentito
un’ondata di energia positiva, la stessa che
deve aver invaso la donna che lo ha scoper-
to», dice Caroline. Nel docu-film che Ale-
xis Veller ha realizzato seguendomi in que-
sta avventura, Tekolo Sethebe afferma che
per lei si è trattato di un dono di Dio, e non
si riferisce al valore commerciale, perché
nessuno dei cercatori riceve premi in base
a quello che trova.
Mi parla e vedo nei suoi occhi la stessa ec-
citazione dei miei, ha passato mesi in com-
pagnia del diamantone, eppure nemme-
no lei riesce ad abituarcisi. «Quella pietra
era lì sotto da almeno un miliardo di an-
ni, e ora esiste sotto nuove forme che so-
pravviveranno a tutti noi: forse è per que-
sto che mantengo un atteggiamento umile
nei confronti del mio lavoro. Mi confronto
con quanto di incredibile ci dona la Terra,
e lo considero un grande onore».
È gelosa di quel tesoro, sa che dopo la
presentazione ufficiale avvenuta nei gior-
ni scorsi a Parigi con parata di star (da
Carla Bruni a Kirsten Dunst, Juliette
Binoche, Isabelle Huppert, Christoph
Waltz, Eva Herzigová) arriverà qualcuno
pronto a investire una cifra sensazionale
per portarselo via: «Se si presentasse un
acquirente che non mi convince potrei an-
che decidere di non mostrarglielo, voglio
che vada a una persona capace di apprez-
zare il senso di questi diamanti».
A quel punto avrei una chance di cancella-
re la gaffe iniziale, se non fosse che allungo
un dito per toccare il diamante a cuore, il
più difficile da tagliare e tra i simbo-
li preferiti da Caroline. Mi scappa di
farlo, realizzo solo mentre lo sto ac-
carezzando che non avevo chiesto il
permesso, perciò alzo gli occhi ver-
so di lei temendo di averla combina-
ta grossa. Caroline invece se la ride,
chissà quante volte le sarà capitato
che la gente non sappia resistere al
richiamo primordiale delle pietre.
Prima di andare, le domando che
cosa ci avrebbe detto The Queen of
Kalahari se avesse potuto parlare:
«Forse che è felice di potere final-
mente vedere la luce».
PIETRE (FA)MILIARI
I tre diamanti più grossi sono incastonati
nei pendenti del collier pezzo forte
della parure-modello realizzata da Chopard
presentata a Parigi dalla famiglia Scheufele
che possiede la maison (da sinistra, Karl-Friedrich
e Caroline con i genitori Karl e Karin).
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