Vanity Fair Italia 20170208

(Romina) #1

(^118) I VANITY FAIR 08.02.2017
CHANEL, SHAHROKH HATAMI
LUCI DELLA RIBALTA
All’inizio la moda dello strobing non mi convinceva. Da fan della cipria,
pensavo che non avrei mai abbandonato il viso effetto mat per una tecnica
a rischio «pelle lucida» che enfatizza zigomi, mento e naso. Troppo estrema.
Però la curiosità è femmina, e ho deciso di fare una prova con la Strobe Cream
di Mac. L’idea alla base è semplice: un illuminante da stendere la mattina,
esattamente come una normale crema idratante (ha anche questa funzione,
in effetti). Ho scelto la tonalità classica, rosata, Pinklite, ma la gamma si è estesa
anche al pesca, all’argento, al rosso e all’oro. Il segreto sta nelle particelle di perla
iridescenti che rendono la pelle radiosa, ma allo stesso tempo naturale. Un po’
l’effetto dei riflettori che abbagliano negli studi Tv. In più, gli estratti botanici e il tè
verde rinfrescano e rivitalizzano. Funziona anche dopo una notte agitata, perché
energizzante e antistress. E non serve nemmeno il fondotinta (¤ 34). francesca bussi
I l pa ravento dei sogni
Un hotel di Parigi e la sua spa che ricorda una certa Coco. E 120 minuti per cambiare epoca
di LAURA FIENGO
L
La busta da matrimonio reale, con i bordi d’oro, arriva à l’an-
cienne, per posta. Il mittente dice «Chanel au Ritz. 15, Place
Vendôme, Paris», la mia cabina è la n. 5. Non ci sono dubbi,
con il prezioso cartoncino in mano sono una donna invidiata:
sto per provare il trattamento Le Grand Soin, oltre due ore nel-
la nuova, prima e unica spa Chanel del mondo all’Hotel Ritz
di Parigi, dove Coco Chanel abitò per 34 anni.
Tutto, qui, è siglato dalla doppia C intrecciata, dalle ciabattine
di morbidezza ultraterrena allo specchio. Che è magico: la
luce cambia simulando la luce della giornata, artificiale, natu-
rale, tramonto, così il trucco finale sarà adeguato all’ambiente
in cui lo sfoggerò.
Davanti a un paravento anni Trenta «very Coco», la terapista
Angelina si presenta con un drink, non il solito centrifugato
ma, noblesse oblige, un cocktail creato da Colin Field, il cele-
bre barman del Ritz: mela, cannella, olio essenziale di noce.
Il trattamento è solo apparentemente dedicato al viso: scrub,
maschere e sieri scorrono in un massaggio che coinvolge tutto
il corpo, sui principi di terapia manuale miofasciale «che non
lavora sui muscoli ma tra i muscoli», mi spiega. I prodotti so-
no scelti tra le linee della maison: Hydra Beauty (idratante), Le
Lift (rassodante), Le Blanc (schiarente) e Sublimage (anti-age).
Non rivela la mia, ma sbirciando un po’ sospetto la prima.
Qualunque cosa abbia fatto, alla fine sento il corpo così rilas-
sato che non ho la completa certezza di essere sveglia, come se
Coco Chanel in persona, benevola e a casa sua, mi cantasse
una ninna nanna.
Il risultato, 120 minuti dopo, me lo rivela il concierge: «Oh la
la madame, com’è luminosa. Si è appena innamorata o ha fat-
to un patto col diavolo?». Nello specchio della hall cerco la mia
faccia: non ha un solo segno, nemmeno quella linea di espres-
sione che avevo già nella foto della nascita. Tutto cancellato, co-
me nascere oggi. Diavolo di una Coco.
Info e prenotazioni: +33.1.43163060.
CLASSE NATURALE
Da sinistra, la piscina
neoclassica dell’Hotel
Ritz di Parigi. Coco
Chanel davanti alla sua
specchiera nel 1965.
Uno dei cocktail della
spa Chanel au Ritz.
BEAUTY Passaparola
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ILLUSTRAZIONE ANNA GODEASSI VANITY FAIR I 119
Essere o non essere?
Non sempre essere se stessi significa essere felici, anzi è solo uno schema che può intrappolare.
Lo spiegano oggi ad Harvard, ma è antica filosofia cinese che insegna a comportarsi «come se»
di ENRICA BROCARDO
C
Che la filosofia migliori la vita è (quasi) un
dato di fatto. La New York City School of
Practical Philosophy promette da decenni
di rendere le persone più felici e l’attore
Hugh Jackman che l’ha frequentata a lungo
giura che è così.
Il trucco è mettere da parte le riflessioni uni-
versali e pensare a come affrontare le que-
stioni di tutti i giorni. Che poi è quello che i
filosofi cinesi, da Confucio a Mencio, a
Xunzi, facevano oltre duemila anni fa.
Lo spiega Michael Puett nei suoi affollatis-
simi corsi di Filosofia cinese all’Università
di Harvard e nel suo libro, La via.
Per rendere più felici i suoi studenti, parte
demolendo idee molto diffuse. Non è vero,
dice, che sappiamo chi siamo e che cosa vo-
gliamo e non è vero che essere se stessi –
qualunque cosa significhi a questo punto –
sia la scelta migliore.
La persona che credete di essere, spiega
Puett, «è soltanto un insieme di schemi in
cui siete rimasti intrappolati». Per esempio:
una serie di fatti negativi vi hanno indotto al
pessimismo e così vi siete convinti che ve-
dere nero sia un tratto del vostro
carattere, mentre è solo un’abi-
tudine. Lo stesso, di conseguen-
za, per quanto riguarda i vostri
obiettivi. «Se ti programmi di
arrivare da qualche parte potre-
sti scoprire che una volta là non
sei felice».
Che fare, dunque? Secondo
Confucio, bisogna usare i riti,
ovvero comportarsi «come se».
In realtà, lo facciamo già. Se sia-
mo un po’ giù e un’amica che
non vediamo da tempo vie-
ne a trovarci, facciamo
«come se» tutto andasse
bene. E finiamo per sen-
tirci meglio davvero. La
differenza sta nel farlo
consapevolmente e in situa-
zioni nuove. Pensiamo che
detto che verrete premiati. Mencio, però, of-
fre anche una soluzione: pensare alla vita co-
me a un campo e «preparare il terreno per in-
teressi e aspetti da coltivare organicamente».
In pratica? Fate esperienze diverse, anche
insolite: iscrivetevi a un corso di cucina, leg-
gete libri al di fuori dei soliti interessi e così
via. Qualunque piccola deviazione potreb-
be, un giorno, tornarvi utile e portarvi lon-
tano (magari quello che consideravate un
hobby potrebbe diventare una nuova car-
riera). Perché, per usare le parole di Confu-
cio, «anche un viaggio di mille miglia inizia
con un passo».
FILOSOFIA ZEN
Michael Puett insegna Storia
cinese a Harvard. Ha scritto
con la giornalista Christine
Gross-Loh La via, manuale
per cambiare vita imparando
dai filosofi cinesi (Einaudi,
pagg. 159, ¤ 17,
trad. di Elisabetta
Spediacci).
un collega sia un rompiscato-
le? Proviamo a comportarci
«come se» non lo fosse. Pro-
babilmente scopriremo lati
della sua personalità che non
conosciamo. In questo mo-
do cambieremo noi stessi e
anche l’altro.
Non solo potreste sbagliar-
vi su quello che volete. Se-
condo Mencio il mondo è
instabile e «capriccioso»,
quindi, per quanto vi sfor-
ziate di fare bene, non è
BEAUTY Benessere
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