Vanity Fair Italia 20170208

(Romina) #1

(^86) I VANITY FAIR 08.02.2017
Yemilet a marzo avrà le risposte dai 9 college ai qua-
li ha mandato la domanda di ammissione e la richie-
sta di borse di studio: sua madre depila sopracciglia
col filo in un centro estetico, i soldi sono pochi. Spe-
ra la prendano in California o in Michigan, dove vi-
ve sua sorella Angela. È venuta a trovarle a Natale e
ha disseminato la casa di bigliettini – «Mamma, ti sto pensando»:
Ixchel piange ogni volta che ne trova uno. «Mi manca, ma so di es-
sere più fortunata di altre donne deportate che hanno figli illegali di
là. I figli non possono uscire, loro non possono entrare, un incubo».
P
er queste persone l’unica occasione di incontrarsi è farlo at-
traverso un pezzo della cancellata di ferro che dalla parte
messicana è sempre accessibile, mentre da quella america-
na diventa raggiungibile – dopo 40 minuti di cammino a piedi – so-
lo per poche ore, il sabato e la domenica. Anche il meteo deve esse-
re favorevole: se piove troppo, o c’è nebbia, niente.
Il cancello, formato da alte barre distanti qualche centimetro, nel
tratto destinato agli incontri è rinforzato da una grata a maglie stret-
te che distorce la visuale e permette di toccarsi solo con la punta
dei mignoli, pinky kiss lo chiamano qui. Non si sa se per chiedere
perdono per questa crudeltà o per ringraziare per
quel poco che è dato, officianti di varie religioni ven-
gono qui a dire messa, la domenica, mentre amici
e parenti si incontrano magari dopo anni, lunghi
viaggi, nuovi figli, nuovi amori, facendo finta che
tutto quel ferro non conti niente. Nella cancella-
ta c’è anche una porta, si chiama Porta della Speranza: una volta
all’anno viene aperta per tre minuti perché ci si possa abbracciare
davvero. Ma a ottenere il permesso sono pochissimi, e anche tre mi-
nuti, a pensarci, sono pochissimi.
Dal centro messicano dell’attivista Maria Galleta, una vetrina nel
centro commerciale Viva Tijuana, tra farmacie che non chiedono
mai la ricetta e artigianato di dubbio gusto, passa un buon nume-
ro dei deportados che vengono lasciati nella città di frontiera. Lei di-
spensa tazze di brodo, indirizzi di centri di accoglienza e alberghi a
poco prezzo, abiti usati, ma soprattutto buoni consigli per ricomin-
ciare a vivere lontano dalle famiglie – figli, fratelli, genitori – rimaste
in America. «A tutti dico che devono trovarsi un posto dove dormi-
re e lavarsi. Poi cercare qualsiasi lavoro purché onesto. Dopo, pen-
seremo a come farli tornare insieme». Le persone che aiuta tornano
quasi sempre, magari per dare una mano a smistare gli abiti smessi.
VATTENE
A sinistra, Daniel
Jauregui, 47 anni, 45
dei quali vissuti a Newark.
A destra, Lucia Gonzales,
34, e 3 dei suoi 4 figli:
fermata negli Usa per
guida senza patente, è
stata rispedita in Messico.
«HO VISSUTO 45 ANNI IN AMERICA, HO FATTO SBAGLI,
MA QUELLO È IL MIO PAESE. SEI LETTERE SU UN PASSAPORTO
CONTANO PIÙ DI UNA VITA?» UNA PRODUZIONE IN ESCLUSIVA PER
VANITY FAIR
05 TIJUANA.indd 86-87

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