In questa foto:
l’arcobaleno
abbraccia la valle
che si apre davanti
ad Amendolea di
Condofuri, una delle
zone attraversate
dal Sentiero
dell’Inglese,
raggiungibile da
Bova in due ore di
cammino. Sotto: la
fiumara Amendolea
scorre ai piedi
dei ruderi del
castello Ruffo
di Amendolea.
Sopra, a destra: un
asinello “al lavoro”
durante il trekking.
N
el cuore del Parco Nazionale
dell’Aspromonte, nell’area
grecanica di una Calabria che
conserva la sua anima conta-
dina e misteriosa, si snoda
fra affascinanti strade sterrate il Sentie-
ro dell’Inglese. Battezzato così in onore
del paesaggista e scrittore Edward Lear
(1812-88), che nel 1847 lo percorse a pie-
di accompagnato da un asino e dall’amico
John Proby, il cammino è stato recupe-
rato negli anni Ottanta dalla cooperati-
va Naturaliter, che propone ancora oggi
giornate di trekking sulle tracce di quel
primo turista in compagnia di asinelli.
L’idea è venuta ad Andrea Laurenzano,
uno dei fondatori di Naturaliter: «Il per-
corso di Lear durò dal caldo mese di
luglio fino a settembre. Cominciava
da Pentedattilo per proseguire fino
a Staiti passando per i vicini paesi di
Bagaladi, Amendolea, Gallicianò, Bova,
Roghudi Vecchio e Palizzi. Nel suo cam-
mino, Lear incontrò la gente povera ma
generosa di Calabria, ed è esattamente a
questo che ci siamo ispirati. A chi sceglie
di camminare con noi, vogliamo far vive-
re un’esperienza a contatto con la natura
e con le persone».
L’itinerario è predefinito, ma i tempi
di percorrenza, così come gli incontri,
non sono decisi. Tutto è lasciato anche
all’ispirazione del momento. «Non di ra-
do ci si imbatte in un pastore», aggiunge
Laurenzano, «che invita i viaggiatori a
fare con lui il formaggio, o i suonatori
di tarantella che improvvisano musiche
e invitano alle danze». In una parola:
spontaneità.
VERSO PALIZZI, IL PAESE
CHE SEMBRA UN PRESEPE
Il Sentiero dell’Inglese è un percorso di
più tappe, e la camminata di 13 chilome-
tri che collega Bova a Palizzi, raccontata
in queste pagine, copre uno dei tratti
più affascinanti. Al punto che Lear ri-
trasse Palizzi con queste parole: «Nes-
sun posto più selvaggio né più straor-
dinario può attirare l’occhio di un
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