LOCALITÀ (Provincia)
I
ncastonato fra l’insenatura di Levanto
e quella di Monterosso c’è uno spic-
chio di paradiso dove godersi il mare
del Levante Ligure alla giusta distan-
za, non troppo vicino alle spiagge e
non troppo lontano dal cielo. “Arrampi-
carsi” sul promontorio di Punta Mesco,
nel Parco Nazionale delle Cinque Terre,
magari in un caldo mattino di primave-
ra, apre lo sguardo sulla magnificenza in
verde-blu di questa terra, a metà tra le on-
de e la macchia mediterranea. La fatica è
poca: un paio d’ore (comode) per chi sale
da Levanto e circa un’ora per chi affronta
il ripido sentiero da Monterosso. In più,
dal 2009 si lavora per arricchire questo
sentiero-modello con un’altra perla, ri-
portando allo splendore di un tempo
il Podere Case Lovara, in un’area sto-
ricamente coltivata a viti e olivi, a pochi
minuti dal culmine dell’escursione. A gui-
dare l’impresa è il FAI (Fondo Ambiente
Italiano), che ha ricevuto in donazione
sulla sommità del promontorio 45 ettari
di terreno e 3 fabbricati rurali, abbando-
nati da tempo, e vuole ripristinare qui
l’antica azienda agricola, documentata
fin dall’ultimo scorcio del ’700. Nello spe-
ciale “Progetto pilota per il recupero di un
insediamento agricolo-rurale” sono coin-
volti anche la Regione Liguria, il Parco
Nazionale delle Cinque Terre, i Comuni
di Levanto e Monterosso e la Fondazione
Zegna, con la preziosa collaborazione del-
le Università di Genova e di Firenze.
DA COSTA A COSTA,
AFFACCIATI SULLE FALESIE
Fin dai primi passi, dopo la scalinata in
cemento della Salita San Giorgio che
fa prendere quota sul porto di Levanto,
trionfa il verde. E il profumo dell’aglio
orsino è una persistente sorpresa all’ini-
zio della mulattiera. «Di tutti i sentieri del
Parco Nazionale» – spiega Matteo Perro-
ne, responsabile dell’Ufficio territorio e
biodiversità del parco – «questo è il più
rappresentativo delle caratteristiche della
macchia ligure, perché si trova sulla por-
zione di costa meno antropizzata e a mas-
sima protezione. Qui dominano l’erica, il
corbezzolo, la ginestra e il cisto, ma non
mancano endemismi, come la Santolina
ligustica. E sulle falesie non è difficile avvi-
stare rapaci e uccelli migratori». Sul fianco
sud-ovest del promontorio si incrociano
lembi di leccete, mentre nel lato sud-est
prevale il pino marittimo (Pinus pinaster),
purtroppo decimato dall’attacco della
cocciniglia (Matsucoccus feytaudi), pesti-
fero insetto succhiatore di linfa vegetale.
Fragranze e colori si contendono l’atten-
zione dell’escursionista, almeno fino all’ir-
ruzione clamorosa dei panorami dopo la
Giada del Mesco. Il sentiero diventa una
terrazza privilegiata, da dove sporgersi
con attenzione per apprezzare gli scorci
a picco sul mare della Riserva marina. La
costa rocciosa è inframmezzata da picco-
le insenature di sabbia, e una manciata di
scogli completa il quadro.
Il sentiero punta poi verso l’interno, fi-
no al Podere Case Lovara. Da fine giu-
gno quest’area, grazie alla caparbietà
del FAI, rinasce a nuova vita, tornando
alla sua antica forma di paesaggio agricolo
(soprattutto vitivinicolo). Al posto della
fittizia rinaturalizzazione determinata
dall’abbandono e dall’incuria, si disegna,
un passo per volta, l’aspetto originario del
podere. L’uliveto è già al suo posto,
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