rinomato per la sua straordinaria tradizio-
ne gastronomica, c’è anche un ristorante
stellato molto frequentato: Già Sotto l’Ar-
co, dal cui balcone si abbraccia tutta la
piazza. Nel portone accanto ha aperto una
nuova enoteca, elegante ma non glamour,
per gustare i vini del territorio. E poi, fra
i vicoli, c’è Lu Scattusu, panificio storico
che sorge dentro una torre medievale. Il
suo grande forno a legna – antico, si dice,
come il castello – sforna focacce e pane
di grano duro, il cui profumo è un invito
a peccare.
LA GROTTA DEL SANTUARIO
CON GLI AFFRESCHI DI MARIA
Il resto del borgo è un labirinto di stra-
dine, viuzze cieche, gradini, archi, corti
quadrate e case bianche, su cui si elevano
torri e campanili a vela. Alcune di queste
abitazioni diventeranno “camere” di un
albergo diffuso di prossima apertura.
Lasciata l’atmosfera antica del centro
storico, resta da visitare il santuario
di Santa Maria di Belvedere. I quattro
chilometri che da Carovigno conduco-
no al tempio sono un concentrato di
Puglia: mandorli, fichi, carrubi, lecci si
susseguono fino al mare, protetti da un
esercito di ulivi secolari. Nel paesaggio
rurale si erge il santuario mariano, non
a caso detto “di Belvedere”.
Si entra nella chiesa e si scendono 47
gradini che conducono a un’ampia grot-
ta ipogea. Qui risplendono due affreschi
dedicati alla Vergine, uno del ’300, l’altro
del ’500. Si ammirano in rigoroso silen-
zio: nel suggestivo antro l’unico suono
ammesso è l’eco delle preghiere.
P
ochi i turisti a Carovigno, facile
riconoscerli. C’è chi si aggira di
luogo in luogo guida alla mano
e chi cammina lento fra i vicoli,
cullato dalla “dimensione Sud”
di questo borgo, spesso dimenticato dai
tour classici dell’alto Salento. Noi siamo
fra i secondi, attirati dalla luce delle case
bianche, dal profumo di un vicino forno a
legna, dal vociare dialettale degli anziani.
Il paese non è piccolo, fuori dalle mura si
accalca una miriade di abitazioni moder-
ne (anni 70, 80 e 90), strade, negozi, bar,
locali. Edifici che da un’altura digrada-
no verso il verde: una distesa di ulivi se-
colari, punteggiata da masserie e torri.
Se ne contano ben 14 a Carovigno, perché
qui un tempo si comunicava così: di torre
in torre attraverso una rete di segnali, che
partivano dalla “regina” della costa, Torre
Guaceto. Il mare è a soli sei chilometri, e si
fa sentire soprattutto la sera con la brezza
salmastra che sale fino al borgo.
IL CASTELLO, REGNO
DI ALFREDO ED ELISABETTA
Quanto è esteso il paese fuori dalle mura,
tanto è piccolo il centro storico, protetto
dal poderoso castello Dentice di Frasso.
Salendo lungo via dell’Osanna appare ina-
spettato con la sua torre a mandorla che
ricorda la prua di una nave. La fortezza è
di epoca normanna (XI-XII secolo) ma
nei secoli viene trasformata e ingrandi-
ta fino al radicale restauro di fine ’800,
voluto dai conti Alfredo ed Elisabetta Den-
tice di Frasso. Da rocca difensiva diventa
una dimora nobiliare che nel corso del
’900 ospita nomi illustri come Guglielmo
Marconi, Ruggero Leoncavallo e perfino re
Vittorio Emanuele III. Nel fiabesco cortile,
ornato da ficus, palme e da quattro enor-
mi platani centenari, si ammirano la torre
angioina del XIV secolo e la scenografica
scala dei Grifoni. All’interno si trovano
ampie sale, oggi disadorne ma un tem-
po sontuose: alcuni di questi ambienti, a
partire dall’estate, ospiteranno un museo
archeologico, ora in allestimento.
Fra le sue mura si sono avvicendate nei
secoli numerose guarnigioni di soldati:
Normanni, Angioini, Aragonesi. Poi la
fortezza diventa dominio del Regno di
Napoli e passa di volta in volta a famiglie
feudatarie. Ma i veri “signori del castello”
restano fino alla metà del ’900 i conti Den-
tice di Frasso, i cui ritratti campeggiano
nel salone di rappresentanza. L’ambiente
preferito da Elisabetta era la grande loggia
della rocca, dai cui possenti archi fa capo-
lino la cupola di Sant’Anna, con in lonta-
nanza Ostuni e le sue case bianche. Dal
terrazzo di Alfredo, invece, ci si ferma a
osservare il mare e il profilo della quat-
trocentesca torre a mandorla.
Usciti dal castello, s’incontra la chiesa
di Sant’Anna, tempio di fine ’600 con
la grande cupola in pietra locale dai ri-
flessi rossastri. Pochi passi e si raggiunge
la Chiesa Madre iniziata nel XIV secolo.
L’edificio presenta una curiosa pianta a
L rovesciata, dovuta ai rimaneggiamenti
del XVIII secolo. Un tempo la facciata
si apriva su via Sanzio e su questa via
prospetta ancora il rosone originale, fi-
nemente decorato.
NEL CENTRO STORICO:
IL FASCINO DELLA TRADIZIONE
L’arco di porta Brindisi annuncia piazza
Nzegna, cuore della città antica di Carovi-
gno. È uno spazio di forma allungata, ricco
di echi mediterranei: un arioso “corridoio”
su cui affacciano la cinquecentesca torre
dell’Orologio e l’austera facciata della chie-
sa del Carmine. Di notte, alla luce fioca
dei lampioni, il lucido basolato sembra
diventare un tappeto color avorio da
cui spuntano floride palme. In piazza si
respira ancora il sapore autentico del Sud,
con ritmi lenti anche in piena estate, scan-
diti dalle chiacchiere degli anziani: alcuni
sulle panchine, altri a passeggio o riuniti in
estemporanei capannelli. Nessun negozio
di souvenir e pochi bar, tutti molto sempli-
ci, con tavolini all’aperto per una granita al
caffè o un dolce alle mandorle. Nel borgo,
CAROVIGNO (Brindisi)
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Vedut a del paese di Carovigno, lambito da una distesa argentata di ulivi secolari.
86 Bell’Italia