Ciak – Maggio 2021

(alfred) #1
CIAKMAGAZINE.IT | 57

UN LIBRO E UN FILM CHE


SCOSSERO IL MONDO


Il volumeChristiane F. - Wir Kinder
vom Bahnhof Zoo(in Italia pubblica-
to da Rizzoli comeNoi, i ragazzi dello
zoo di Berlino) dopo essere uscito
in Germania nel 1978 è stato pub-
blicato in oltre 30 paesi e tradotto
in più di 20 lingue. Il volume è stato
definito «una proprietà intellettuale
senza tempo che conta molti fan in
tutto il mondo» da Georgia Brown,
Head of European Originals, Ama-
zon Studios, aggiungendo che «nel
reinterpretare questa storia provo-
catoria, Constantin Television, Philip
Kadelbach e Annette Hess hanno
lavorato duramente per renderla rilevante per un pub-
blico contemporaneo pur mantenendo l’essenza originale
del libro e dei suoi personaggi». Senza nulla togliere
all’importanza delle scioccanti memorie di Christiane
Vera Felscherinow, da lei raccontate con schiettezza

disarmante ai giornalisti Kai Her-
mann e Horst Rieck, portando le
sue gesta quelle dei suoi amici nei
titoli dei giornali tedeschi e di tut-
to il mondo, è stato però nel 1981,
quando Uli Edel ha portato sul
grande schermoCristiana F. - Noi,
i ragazzi dello zoo di Berlino,che
la vicenda è diventata veramente
famosa, impattando numerose
generazioni di spettatori.
Se le memorie di Christiane ave-
vano venduto più di 5 milioni di
copie nel mondo, infatti, il film
ha conquistato il titolo di Most
Popular Film al World Film Festival di Montreal, dopo
aver vinto il Golden Screen Award in Germania, equi-
valente al nostro Biglietto d’Oro. Una dimostrazione
della sua capacità di rendere “pop” un tema di estrema
drammaticità. O.C.

Tra il 1978, quando vennero pubblicate le esperienze di Christiane


Vera Felscherinow, e il 1981, anno di uscita del film


di Uli Edel, un’onda di emozione accompagnò la storia


di Christiane F., divenendo un monito per una generazione


la prima vera occasione di capire la vita dei
tossicodipendenti».


Immagino sia poi corsa a vedere il film.
Sì, è uscito due o tre anni dopo il romanzo,
ma ne sono rimasta profondamente delusa.


Perché?
Era troppo corto! In due ore non raccontava
veramente la storia di Cristiane e dei suoi
amici, limitandosi a una visione superficiale
della vicenda.


Quindi per lei la necessità di creare una serie
dal romanzo risale addirittura a prima di
essere diventata sceneggiatrice e scrittrice
di romanzi?
Assolutamente, questo è un progetto che avevo
a cuore fin dalla mia adolescenza e sono felice
di aver potuto dare spazio e dignità a ognuno
dei ragazzi raccontati nel libro.


Nel film di Edel uno dei momenti chiave
è l’apparizione di David Bowie, qui è in-
terpretato da un attore. Ha mai pensato di
rinunciare alla sua figura?
Sei anni fa, quando abbiamo iniziato a lavo-
rare alla serie, David Bowie era ancora vivo
e io speravo di poterlo incontrare per averlo


con noi. Quando purtroppo è morto abbiamo
dovuto prendere una decisione: nella vita di
Cristiane, Bowie segna una svolta, con il pri-
mo approccio all’eroina, così abbiamo scelto
di mantenere la sua presenza facendolo in-
terpretare ad Alexander Scheer, che era già
stato lui nel musical Lazarus, andato in scena
ad Amburgo. Non gli somiglia, ma abbiamo
preferito non truccarlo, né modificarlo con
la computer grafica, perché sarebbe sembrato
falso: la sua figura è simbolica.

La serie è ambientata negli anni ’70, ma con
varie licenze. Al concerto di Bowie vediamo
il poster del tour di Aladdin Sane (1973),

tour che in realtà non ha mai toccato la
Germania...
Non abbiamo mai voluto fare una ricostru-
zione perfetta dal punto di vista storico degli
anni ’70: ho lavorato a serie in costume e so
quanto siano faticose. A noi interessava so-
lo ricreare una certa atmosfera. Quando, ad
esempio,Cristianeeisuoiamicivannoin
discoteca c’è la musica di Bowie dei primi anni
’70,maanchelatechnocheall’epocaancora
non aveva preso piede. La cosa importante era
la storia che, sfortunatamente, è senza tempo:
i problemi di tossicodipendenza, prostituzione
giovanile e violenza sono ben lungi dall’essere
stati superati. ■

Jana McKinnon

Lea Drinda

Bruno Alexander
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