Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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maniere diverse. Possono infatti affermare che un noto criminale abbia manife­
stato, nella sua vita privata, delle importanti virtù, quali un grande affetto nei
confronti dei suoi familiari e che ciò gli abbia fatto meritare un avanzamento,
conferendogli una condizione materiale più positiva. Similmente, una persona
che agiva esternamente come un santo, potrebbe aver avuto dei vizi privati che
gli hanno conferito una retrocessione nella successiva incarnazione. Se queste
spiegazioni possono sembrare insufficienti per coprire tutti i casi, coloro che cre­
dono nel karma punitivo potranno suggerire che gli effetti di un'errata condotta
possono non manifestarsi per parecchie vite. Queste sono spiegazioni irrefutabi­
li, ma non possono essere tollerate appieno e non riesco a vedere il modo in cui
poterle studiare empiricamente.
Sebbene i casi non forniscano l'evidenza di un processo simile al karma pu­
nitivo, ciò non significa che la condotta di una vita non possa avere degli effetti
su un'altra. Tali effetti, tuttavia, potrebbero non manifestarsi esternamente nelle
condizioni materiali della vita successiva bensì internamente, nelle gioie e nei do­
lori che verranno sperimentati. A tale proposito i casi forniscono una speranza di
miglioramento di vita in vita. Frequentemente, i soggetti dimostrano interessi, at­
titudini e atteggiamenti corrispondenti a quelli delle persone di cui ricordano la
vita. Tali similitudini non si verificano solo per ciò che riguarda lç vocazioni, ma
anche per quanto riguarda il comportamento nei confronti di altre persone, ov­
vero, nella sfera della condotta morale. Un bambino conta ogni soldo di cui vie­
ne in possesso, come l'avido uomo d'affari di cui ricorda la vita; ma, un altro, dà
generosamente i suoi soldi ai mendicanti, come la sua precedente personalità
che era una persona pia. Un bambino punta un bastone ogni volta che vede pas­
sare la polizia come per sparare, proprio come fece il bandito di cui ricorda la vi­
ta; ma, un altro, offre con sollecitudine delle cure mediche ad un suo compagno
di giochi proprio come faceva la sua personalità precedente, che era un medico.
I bambini di cui ho parlato, tuttavia, non rimasero a lungo legati agli atteg­
giamenti derivanti dalla vita precedente e ho avuto il piacere di sapere, o occa­
sionalmente di osservare, che in alcuni di essi si sono sviluppate delle abitudini
del tutto diverse. Sunil Durt Saxena, l'ex avido uomo d'affari, se così si può dire,
imparò a condividere generosamente ciò che possedeva con gli altri membri del­
la sua famiglia, mentre Cemil Fahrici, l'ex bandito, diventò un fornaio onesto e
pacifico. In queste evoluzioni, probabilmente, possiamo vedere l'influenza delle
nuove condizioni ambientali; ma credo si possa vedere anche una crescita inte­
riore della personalità, ottenuta dal lavoro effettuato su se stessi. In un'afferma­
zione fatta da Friar Giles, uno dei compagni più intimi di San Francesco d'Assisi,
vi è una profonda verità: « Tutto ciò che un uomo fa, buono o cattivo, lo fa a se
stesso » (31). Se giudichiamo osservando l'evidenza dei casi, potremmo dire che
non vi è alcun giudizio esterno riguardante la nostra condotta, né alcuno che ci
trasferisca da una vita all'altra a seconda dei nostri meriti. Se questo mondo è

(3 1) Fare a noi stessi ciò c:he facciamo agli altri
La citazione di Friar Giles si trova in Okey (1910, pag. 160).
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