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Una stella, quando collassa su se stessa al termine
del suo percorso evolutivo, può diventare una nana
bianca, una stella di neutroni o un buco nero, a
seconda della massa del nucleo collassante. È questa
massa a determinare se la pressione della materia è in
grado o meno di resistere alla spinta contrattiva della
forza di gravità. Le condizioni fisiche in cui una stella
collassata può raggiungere l’equilibrio fra queste
due forze contrastanti sono definite dalla cosiddetta
equazione di stato. Il primo a calcolare il limite di
massa di una nana bianca, nel 1931, fu Subrahmanyan
Chandrasekhar, che lo fissò a circa 1,44 masse solari.
Questo significa che nessuna nana bianca può avere
una massa superiore a questo valore, che è chiamato
«limite di Chandrasekhar». Nel 1939, riprendendo un
lavoro di Richard Tolman, Robert Oppenheimer e
George Volkoff determinarono il limite di massa delle
stelle di neutroni, che oggi è attestato fra 1,5 e 3 masse
solari, con la forbice dovuta proprio alla incertezza con
cui è nota l’equazione di stato della materia all’interno
di questi astri estremamente densi e compatti.
Adesso, la scoperta di una stella di neutroni con
la massa record di 2,14 masse solari pone un nuovo
vincolo alla massa limite di queste stelle, nota come
«limite di Tolman-Volkoff-Oppenheimer», superato
il quale si entra – forse – nel dominio dei buchi neri.
La scoperta, opera di un gruppo di ricerca guidato da
Hannah Thankful Cromartie, dell’Università della
Virginia a Charlottesville, e pubblicata su «Nature
Astronomy», riguarda il sistema binario J0740+6620,
composto da una nana bianca e da una stella di
neutroni. Quest’ultima è una pulsar con un periodo di
rotazione su se stessa di 2,89 millisecondi. Tuttavia,
la radiazione elettromagnetica emessa da questa
pulsar durante la sua vorticosa rotazione sul proprio
asse, in modo simile a un faro, talvolta arriva con un
certo ritardo, con una periodicità di 4,78 giorni, pari
al periodo di rivoluzione del sistema. In pratica, i
passaggi periodici della nana bianca davanti alla pulsar
alterano la curvatura dello spazio-tempo, allungando
il percorso della radiazione. Questo fenomeno,
conosciuto come «ritardo relativistico di Shapiro», dal
nome dell’astrofisico che lo calcolò per primo, nel 1964,
permette di determinare con estrema precisione le
masse delle stelle in gioco.
Misurando questi ritardi, Cromartie e colleghi
hanno aggiunto un importante tassello per capire
quale sia lo stato della materia in condizioni estreme di
densità e pressione come nelle stelle di neutroni. Una
massa così elevata, forse quasi al limite teorico, implica
una maggiore «rigidità» della materia nella stella. Con
esiti ancora tutti da scoprire su come si formano ed
evolvono queste stelle, per esempio quando vanno
incontro a una fusione.
Emiliano Ricci
Faro spaziale
Le pulsar sono stelle di neutroni che ruotano vorticosamente su se stesse
emettendo onde radio lungo direzioni ben precise, in modo simile alle
emissioni luminose dei fari.