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to, ma nulla più. La chiameremo idea di «come le cose sembrano»,
perché si ha la sensazione che il mondo si stia rivelando a noi di-
rettamente attraverso i nostri sensi.
Lo scenario della macchina di previsioni è assai differente. Qui
il grosso del lavoro percettivo lo svolgono segnali top-down che
trasmettono previsioni percettive, mentre il flusso sensoriale bot-
tom-up si limita a calibrare queste previsioni, tenendole al giogo
delle loro cause nel mondo in modi appropriati. Secondo questa
visione, le nostre percezioni provengono dall’interno altrettanto,
se non di più, che dall’esterno. Invece di essere una registrazione
passiva di una realtà oggettiva esterna, la percezione emerge co-
me un processo di costruzione attiva: un’allucinazione controlla-
ta, come ha finito per essere conosciuta.
Perché allucinazione controllata? Ebbene, siamo soliti pensa-
re alle allucinazioni come a una sorta di falsa percezione, in chia-
ro contrasto con la percezione normale, quella veridica, fede-
le alla realtà. La macchina delle previsioni, o prediction machine,
suggerisce invece una continuità tra allucinazione e percezio-
ne normale. Dipendono entrambe da un’interazione tra previsio-
ni top-down, che hanno la loro base nel cervello, e dati sensoria-
li bottom-up. Tuttavia durante le allucinazioni i segnali sensoriali
non conservano più il corretto legame tra queste previsioni e le lo-
ro cause nel mondo. Dunque, quella che noi chiamiamo allucina-
zione è solo una forma di percezione incontrollata, proprio come
la percezione normale è una forma controllata di allucinazione.
Questa idea di percezione non significa che nulla è reale. Scri-
vendo nel XVII secolo, il filosofo inglese John Locke fece una di-
stinzione intellettuale tra qualità «primarie» e qualità «secon-
darie». Le qualità primarie di un oggetto, come la solidità o
l’occupazione dello spazio, esistono indipendentemente da un
soggetto che le percepisca; invece le qualità secondarie esistono
solamente in relazione a un soggetto che le percepisca, e il colo-
re ne è un buon esempio. Questa distinzione spiega perché conce-
pire la percezione come un’allucinazione controllata non significa
che vada bene saltare davanti a un autobus in arrivo. Questo auto-
bus ha proprietà primarie di solidità e di occupazione dello spazio
che esistono indipendentemente dalla nostra macchina percettiva
e che possono crearci seri danni. Il bus come ci appare è un’alluci-
nazione controllata, non il bus in sé.
Due passi nel laboratorio
Un numero crescente di prove sostiene l’idea che la percezione
sia un’allucinazione controllata, almeno a grandi linee. Un esem-
pio clamoroso lo offre uno studio condiotto nel 2015 da Christoph
Teufel e colleghi all’Università di Cardiff, in Galles. In questo stu-
dio, alcuni pazienti affetti da psicosi a uno stadio precoce, e che
erano soggetti ad allucinazioni, sono stati confrontati con indivi-
dui normali riguardo alla loro capacità di riconoscere le cosiddet-
te immagini a due tonalità.
Provate a guardare l’immagine a p. 47, un esempio di immagine
a due tonalità. Probabilmente vedrete solo un insieme di macchie
bianche e nere. Ora che avete letto il resto di questa frase, guar-
date l’immagine a p. 49. Riguardate poi la prima foto. Ora dovreb-
be apparirvi ben diversa: dove prima c’erano macchie alla rinfusa,
ora ci sono oggetti distinti, e qualcosa sta succedendo.
La cosa che a me pare notevole in questo test è che alla vostra
seconda analisi della foto a p. 47, i segnali sensoriali che raggiun-
gono i vostri occhi non sono affatto cambiati dalla prima volta che
l’avete vista. Sono cambiate invece le previsioni del vostro cervel-
lo sulle cause di questi segnali sensoriali: avete acquisito una nuo-
va aspettativa percettiva di livello elevato, ed è questa che cambia
quello che voi vedete coscientemente.
Se mostrate ad altre persone molte di queste immagini a due to-
nalità, ciascuna seguita dalla figura completa, in seguito potreb-
bero riuscire a identificare una buona percentuale di immagini a
due tonalità, sebbene non tutte. Nello studio di Teufel, i sogget-
ti con una psicosi a uno stadio precoce riconoscevano meglio dei
soggetti di controllo normali le immagini a due tonalità dopo ave-
re visto l’immagine piena. In altre parole, la propensione alle allu-
cinazioni andava di pari passo con gli a priori percettivi, che ave-
vano un effetto più intenso sulla percezione. È proprio quanto ci si
aspetterebbe se le allucinazioni da psicosi dipendessero da un so-
vraccarico di a priori percettivi, e quindi questi prevalessero sugli
errori di previsione sensoriale, svincolando le ipotesi migliori dal-
le loro cause nel mondo.
Ricerche recenti hanno rivelato altri aspetti di questa storia.
Phil Corlett, della Yale University, e colleghi hanno abbinato lu-
Swiked.tumblr.com ci e suoni in un semplice esperimento su alcuni volontari mira-
La fotografia di un vestito, con una cattiva
esposizione, appare blu e nera ad alcune persone,
e bianca e oro ad altre.