Internazionale - 01.11.2019

(Ron) #1

rio: né il “vogliamo tutto” di Cristina né la
felicità spensierata di Macri. Le sue propo-
ste sono più o meno ragionevoli, misurate e
perciò attirano delle critiche. Davanti alle
grida che hanno caratterizzato gli ultimi
tempi, quest’atteggiamento ha sedotto o ha
tranquillizzato molti. Il suo progetto econo-
mico non è chiaro, e comunque in Argenti-
na i progetti economici durano mesi, setti-
mane, fino a quando lo scossone successivo
non obbliga a metterne su un altro.


Un piccolo problema
Nel suo tragitto verso la Casa Rosada, il
palazzo presidenziale dove lo aspetta Ma-
cri, Fernández riceve i primi dati: il dollaro
non è salito alle stelle e, seguendo la ten-
denza degli ultimi giorni, la borsa resiste.
Per ora i capitali sembrano sostenerlo e
avere fiducia in lui (o forse avevano già ca-
pito che avrebbe vinto). Fernández non sa
quanto durerà, nessuno lo sa. Nel frattem-
po, si meraviglia di come sia cambiato il
suo destino: qualsiasi cosa succeda, entre-
rà nei manuali di storia. Alcuni giorni fa
diceva di avere aspirazioni modeste, “ri-
portare la normalità in Argentina, chiude-


re il ciclo di crisi continue”. Sembra poco,
ma non c’è nulla di più ambizioso. Molti
hanno già fallito in questo tentativo.
In ogni caso oggi cominciano i suoi
giorni migliori e i suoi giorni peggiori. In
questo mese e mezzo che ha davanti prima
dell’insediamento, Fernández potrà strin-
gere accordi, fare promesse a destra e a
manca, concedere favori senza dover con-
fermarli nei fatti. Nel frattempo Macri, che
presto diventerà il suo grande oppositore,
resterà al governo senza avere potere, fa-
cendo fronte alla crisi, diviso tra il dovere
di sostenere il paese e la tentazione di com-
plicare le cose a chi l’ha appena sconfitto.
Per tornare al potere Macri deve puntare
su un’eventualità che in Argentina è stata
sempre una buona scommessa: che le cose
vadano male al proprio successore. Insom-
ma, che il paese vada a rotoli. È la sua unica
possibilità.
Il 10 dicembre Fernández riceverà un
bastone di comando, una poltrona, abbrac-
ci e grida di giubilo e un paese sempre
sull’orlo della bancarotta. A quel punto
avrà due grandi problemi. Innanzitutto,
dovrà consolidare il suo potere all’interno

del peronismo, tra governatori, leader sin-
dacali, settori economici e cacicchi vari.
Per un presidente che manovra la maggior
parte dei comandi dovrebbe essere facile,
sembra più difficile se si pensa che a nomi-
narlo è stata la sua vicepresidente, Cristina
Fernández de Kirchner. Affinché Fernán-
dez riesca a governare, il peronismo deve
definitivamente imporsi sul kirchnerismo,
la sua idea d’inclusione deve avere la me-
glio sulla pratica di esclusione della sua
vice, l’accordo deve imporsi sullo scontro.
L’uomo, ora, non vuole scontri; si direb-
be che neanche gli argentini li vogliano.
Per evitarli, deve mantenere soddisfatti
tutti i gatti nel sacco. Se esiterà, se farà un
passo falso, quel regno di fazioni ambizio-
se che è il peronismo, nel rispetto della sua
tradizione, si solleverà contro di lui.
Forse riuscirà a evitarlo, ma non sarà
facile. Se ce la farà, gli resterà solo quell’al-
tro piccolo problema: l’Argentina. u fr

Martín Caparrós è un giornalista e scrit-
tore argentino. Il suo ultimo libro pubblicato
in Italia è Amore e anarchia (Einaudi
2018).

Buenos Aires, 28 ottobre 2019. Alberto Fernández, a sinistra, insieme a Cristina Fernández
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