non riesce a dormire, e quando il colloquio
si conclude per lei è difficile calmarsi. “Vo-
glio parlare di lui, credo di avere il dovere
di farlo. Ma questa responsabilità mi
schiaccia”.
Quando ha incontrato Khashoggi per
la prima volta, Cengiz lo conosceva già.
Da tempo si interessava al mondo arabo e,
dopo aver seguito un corso di lingua al
Cairo quando aveva vent’anni, aveva con-
tinuato a seguire gli sviluppi nella regione.
Alla fine del 2010, con l’avvento della pri-
mavera araba, Cengiz piazzò una tv nella
sua stanza, per non perdersi nessuna noti-
zia. “Un giorno ho visto Jamal sullo scher-
mo”, racconta. All’epoca Khashoggi vive-
va ancora in Arabia Saudita e commenta-
va spesso gli ultimi avvenimenti per Al
Jazeera. “Sono rimasta colpita dalle cose
che diceva, dalla sua visione, dalla sua ca-
pacità di analisi”. Cengiz ha creato un pro-
filo su Twitter soltanto per poter leggere
gli interventi del giornalista.
Per anni seguì il lavoro di Khashoggi,
anche dopo che lui aveva lasciato l’Arabia
Saudita per trasferirsi negli Stati Uniti, in
un momento in cui il principe ereditario
Mohammed bin Salman (Mbs) stava con-
solidando il suo potere. Pur avendo intro-
dotto alcune riforme e avendo permesso
alle donne di guidare, Mbs (come viene
chiamato da molti il principe ereditario)
non ha mai accettato le critiche di chi la
pensa diversamente da lui. Khashoggi,
sostenitore di un cambiamento democra-
tico nel paese, temeva di essere arrestato,
per questo si era trasferito. “Quando lo ha
fatto ho avuto ancora più voglia di leggere
quello che scriveva”, racconta Cengiz.
Negli Stati Uniti Khashoggi curava
una rubrica per il Washington Post. Inol-
tre era molto richiesto come conferenzie-
re e commentatore. A maggio del 2018 ha
incontrato Cengiz, durante una confe-
renza a Istanbul. “Eravamo in piedi al
buffet e improvvisamente l’ho visto con
la coda dell’occhio”, ricorda. “L’uomo
che seguivo da così tanto tempo era pro-
ThE NEW YorK TIMES/CoNTrASTo
Hatice Cengiz a Istanbul, il 1 aprile 2019