Scienza
V
ent’anni fa, quando ero bambina,
mi fu diagnosticato il disturbo da
deficit di attenzione e iperattivi-
tà (Adhd). Ancora oggi sono con-
sapevole di come la mia attenzione vacilli,
duri meno o resista in maniera diversa ri-
spetto agli altri. Quando chiacchiero ho dei
momenti di vuoto, come se qualcuno aves-
se mandato avanti il video della mia vita.
Quando guardo la tv sono irrequieta e fatico
a restare ferma. Non mi piace avere a che
fare con documenti complicati, perché te-
mo di perdermi dettagli cruciali. Mi affido
continuamente a liste di cose da fare e noti-
fiche per ricordarmi compiti essenziali. A
volte, però, gli stimoli della vita quotidiana
si attenuano, perdo la cognizione del tempo
e m’immergo a fondo in un argomento leg-
gendo centinaia di pagine o scrivendo mi-
gliaia di parole.
Un tempo lo consideravo un problema,
ma oggi, dopo essermi costruita una carrie-
ra che mi ha permesso di capire meglio le
mie difficoltà e di mettere a frutto il mio
“deficit”, ho cambiato idea. Considero la
mia natura distratta una fonte di profonda
consapevolezza della fragilità dell’attenzio-
ne in generale.
Esercizi e discussioni
Lavoro nella progettazione didattica, una
disciplina che si occupa di sviluppare pro-
dotti e metodi efficaci per facilitare l’ap-
prendimento. L’obiettivo dei corsi e dei la-
boratori interattivi che creo è mantenere
viva l’attenzione degli studenti, ma una del-
le prime cose che ho imparato è che impara-
re è difficile per tutti, neurotipici compresi.
Da riscontri empirici emerge infatti che la
durata dell’attenzione è universalmente
breve: per alcune persone, per esempio, an-
che una lezione di dieci minuti risulta ec-
cessiva. Il trucco è inframezzarla con eser-
cizi e discussioni. Vari studi suggeriscono
inoltre che si è più propensi ad assorbire
nuove idee e informazioni quando sono af-
fini a temi che suscitano già un interesse.
Tutto questo è amplificato per le persone
con l’Adhd, che hanno notevoli problemi di
concentrazione in assenza di un legame
forte e chiaro con interessi personali diretti,
ma che riescono a svilupparla in presenza di
elementi di interesse.
Lavorando in questo ambito mi sono
convinta che il sistema scolastico tradizio-
nale sia poco adatto a quasi tutti, non solo a
chi ha l’Adhd. Nella maggior parte dei corsi
di studi manca una fase preliminare in cui si
valutano gli interessi degli studenti in modo
da svolgere il programma in modo più mira-
to. I corsi si basano ancora su lunghe espo-
sizioni degli insegnanti. Pensate invece a
come social network e videogiochi sfruttino
la brevità della concentrazione, adattando
stili e contenuti ai nostri interessi e conqui-
stando così la nostra attenzione. Molti geni-
tori di bambini con l’Adhd lamentano che i
figli sono più interessati ai videogiochi che
alla matematica, ma questo succede perché
le lezioni a scuola sono impostate in modo
sbagliato. Alcuni corsi fanno eccezione: nel
Regno Unito quello di preparazione all’esa-
me di matematica per accedere alle supe-
riori dà compiti online ispirati ai videogio-
chi. Ma perché, in un’epoca in cui l’appren-
dimento può essere reso accattivante ai li-
miti della dipendenza, il nuovo modello
non riesce a imporsi?
In attesa di una svolta, i distratti possono
sempre esercitarsi a “imparare imparan-
do”, come dicevano i miei psicologi. Io ho
cominciato negli anni novanta usando dei
raccoglitori di colori diversi e un’agenda,
oggi rimpiazzati dal calendario di Google in
cui annoto ogni momento della mia vita la-
vorativa (e spesso anche personale).
Ho anche imparato a ritagliarmi spazi di
distrazione, che dopotutto significa essere
consapevoli di quanto ci circonda, curiosi
delle nuove possibilità e pieni di interessi.
Per questo nell’apprendimento, come nella
vita, non ci si può limitare a reindirizzare
l’attenzione delle persone con l’Adhd, ma
bisogna aiutarle a riflettere su cosa suscita il
loro interesse e perché, usando, per esem-
pio, l’antica pratica del gioco.
È giusto continuare a studiare l’Adhd
per capire se abbia radici biologiche, sia il
frutto di una società che ha messo in crisi
l’attenzione o, più verosimilmente, sia la
combinazione di fattori biologici e sociali.
Ma troppo spesso si punta il dito contro in-
ternet o si esaltano le cure mediche trascu-
rando temi più ampi e importanti. Forme
migliori di pedagogia e comunicazione pos-
sono favorire l’apprendimento di tutti, non
solo di chi ha l’Adhd. u sdf
Il deficit di attenzione
riguarda tutti
Perché imparare in modo noioso
quando ci sono delle alternative?
Secondo Sarah Stein Lubrano, le
tecniche usate per aiutare chi ha
difficoltà a concentrarsi possono
essere utili anche per gli altri
Sarah Stein Lubrano, Aeon, Australia
CHIARA DATToLA