V
enezia sta moren-
do. È una morte a
tappe, muore e rina-
sce, ma ogni volta
muore un po’ di
più, e stavolta più
che mai. Si comincia a capire che
un giorno non rinascerà più, ci sa-
rà – doloroso a scriverlo, ma an-
che solo a pensarlo - una laguna
senza Venezia, un’Italia senza Ve-
nezia, un mondo senza Venezia.
Non ho detto un Veneto senza,
perché Venezia appartiene al
mondo, non appartiene al Vene-
to. È una capitale del Veneto per
caso, ma una capitale del mondo
per vocazione. La sua scomparsa,
che l’allagamento di oggi prefigu-
ra, più che un lutto per il Veneto
sarà un lutto per il mondo.
La morte comincia dalla parte
più vitale, più bella e più cono-
sciuta, quella dove è stata ogni
persona che parte da casa per ve-
dere il mondo, e che è in assoluto
la piazza più bella della terra, di
una bellezza che ti ammutoliva,
perché ti faceva sentire insuffi-
cienti le parole. Per avere in fac-
cia di colpo tutta questa bellezza
dovevi scendere dal traghetto al-
la fermata prima di San Marco,
entrare nella calle, girare verso
destra e chinando la testa passa-
re sotto il portico che immette
nella piazza dalla parte opposta
alla basilica: alzavi gli occhi e bar-
collavi, perché quel che vedevi
non lo credevi possibile. È un so-
gno che non rispetta le leggi del-
la fisica. Non è una vista, è una vi-
sione. Ti vien voglia di abbattere
con una bomba il campanile, così
oscenamente reale, e non capi-
sci perché, quando un dio lo
aveva abbattuto, gli uomi-
ni avevano voluto stol-
tamente rifarlo tale e
quale. Il campanile
è pesantissimo,
mentre la città, e
in special modo la
basilica di San
Marco, sono sen-
za peso. A scuola,
quando l’insegnan-
te di storia dell’arte spiega l’archi-
tettura veneziana, insiste nel di-
re che l’astuzia delle facciate
esposte al mare sta nell’annulla-
re il senso del peso traforando
quelle facciate e svuotandole, sic-
ché sfilandogli davanti in vapo-
retto sembrano galleggiare co-
me sugheri sull’acqua, destinate
a non affondare mai.
Ma ecco, viene l’acqua alta, co-
pre i selciati davanti alle chiese,
anche piazza San Marco, d’im-
provviso la chiesa ti pare spro-
fondata nell’acqua, e le costru-
zioni le senti con tutto il loro pe-
so, non galleggiano ma affonda-
no, e finiranno per sparire. Vene-
zia è mortale. La sua immortali-
tà sta finendo. C’è qualcosa di
inaccettabile in questo, qualco-
sa di brutto. Coprendo i selciati,
l’acqua fa apparire le facciate
più corte, perché i decimetri più
bassi sono annegati e sepolti. Co-
sì accorciate, le facciate sono
brutte. Anche la facciata della
basilica di San Marco. Era bella
di una bellezza nuova, appena
inventata, armoniosa. Adesso,
con quei decimetri mangiati
dall’acqua, non è bella, è nana.
Troppo corta. Ho portato tanti
amici stranieri a vedere la basili-
ca da quel lato, e quando spunta-
vano da sotto il portico e aveva-
no in faccia la basilica di San
Marco, mi godevo il loro attimo
di sbalordimento, e sentivo che
pensavano che è bello vivere in
un mondo in cui ci sono meravi-
glie come questa.
Adesso, in questi giorni, non ce
li porterei, perché sento che pen-
serebbero che è triste vivere in
un mondo in cui queste meravi-
glie si ammalano e muoiono. Ho
amici lì, che abitano intorno a
quella piazza, e più volte sono sta-
to a pranzo da loro. Guardando il
mare dalle finestre, provavo una
gioia estetica purissima. Ma cam-
minando per il salotto, sentivo
un’allarmata tristezza. Perché il
salotto ha il pavimento dislivella-
to, come se tu camminassi sulle
onde. M’hanno spiegato che è
inevitabile. Sì, ma è il preannun-
cio della fine. Il mare vince sull’ar-
chitettura, vince su tutto. Finché
non ci sarà che mare. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
DA JOKER A MALEFICA: AL CINEMA E A TEATRO VA IN SCENA LA RIVINCITA DEI CATTIVI
UN PARTITO CATTOLICO
PER CONTENERE I SOVRANISTI
GIAN ENRICO RUSCONI
L
a rivincita del comprima-
rio. Anzi del cattivo. In
tempi in cui i buoni non
lo sono tanto e in loro do-
minano grigi che spesso
tendono al nero, cinema
e teatro riscoprono i cattivi. Compli-
ce anche la fame di nuove storie ma
non necessariamente di nuovi perso-
naggi. La bellissima Malefica di An-
gelina Jolie, protagonista di ben due
film, è un angelo caduto, una donna
ferita e tradita in amore che si vendi-
ca in generale sull’umanità e nello
specifico sulla ex protagonista Auro-
ra, trasformata in un «evento» quasi
collaterale. Il Joker giganteggia sen-
za Batman: è uno psicopatico e agi-
sce in modo compulsivo, cosciente
di sé solo quando ormai la rivolta a
lui ispirata sta bruciando la città. Pre-
sto (ri)vedremo anche Crudelia de
Mon: protagonista assoluta in un
nuovo «Cruella». La interpreta una
ringhiosa Emma Stone che rileva il
testimone della capostipite del gene-
re, Glenn Close: e chissà che le faran-
no fare in Disney. Persino Mangia-
fuoco ruberà la scena a Pinocchio:
protagonista di un nuovo spettacolo
teatrale che Roberto Latini si appre-
sta a portare in scena prima a Mate-
ra e poi al Piccolo Teatro di Milano.
In realtà i cattivi sono da sempre
la forza di una storia. Disney, co-
struttore di archetipi pop, che ha pe-
scato a piene mani nell’immagina-
rio della fiaba tradizionale, lo sape-
va perfettamente e, pur nell’inevita-
bile etica dell’happy end con il bene
che trionfa, ha sempre dato il giusto
rilievo alla personalità dell’antago-
nista: migliore il cattivo, migliore la
storia (e maggiore il successo).
Il male - si sa - affascina. Come
non approfittare allora di personag-
gi già scritti, ben noti e iconici? C’è
da stupirsi semmai che non sia sta-
to fatto prima, di sfruttare il catti-
vo, la sua personalità e storia, ren-
derlo autonomo per costruire nuo-
ve narrazioni: i lati oscuri, la gene-
si, i retroscena. Malefica vittima di
un uomo infido, il Joker di una ma-
dre che lo ha vessato nell’infan-
zia... Sono storie già quasi costrui-
te, successi annunciati. Al villain di
turno basta dare maggiore spesso-
re e un background e il gioco è fat-
to. Il pericolo è la banalizzazione.
Se è vero che la funzione del catti-
vo nella fiaba è insegnare ai bambi-
ni a combattere e vincere le avversi-
tà (la strega, il drago, l’orco), uma-
nizzandoli non ci priveremo di un
importante modello comportamen-
tale? A nostra consolazione il fatto
che finora non li abbiano anche re-
denti. Non ancora, almeno. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Illustrazione di
Mattia Distaso
LI
LETTERE
& IDEE
S
pesso però si precisa
che non si tratta (an-
cora) di formare un
partito in senso con-
venzionale.
Tanto meno di un
partito nello stile della Democra-
zia cristiana che appartiene ad
una fase storica definitivamente
superata. Si tratta invece di riatti-
vare un progetto di grande respi-
ro etico-culturale da sviluppare a
medio-lungo termine.
È quanto ha dichiarato Stefano
Zamagni, presidente della Ponti-
ficia Accademia delle Scienze So-
ciali presentando, a fine ottobre,
l’iniziativa «Politica Insieme», na-
ta grazie ad una associazione di
natura sociale con la partecipa-
zione di centinaia di persone e as-
sociazioni cattoliche da ogni par-
te d’Italia. «Dopo una lunga pre-
parazione pubblica il suo manife-
sto, che auspica la nascita di una
forza politica che si qualifichi di
centro e si ispiri a principi e valori
della civiltà cristiana».
E’ un’impresa che sembra ben vi-
sta anche dalle massime autorità
ecclesiastiche. Nel frattempo la si-
tuazione politica in Italia peggio-
ra di giorno in giorno, conferman-
do proprio le preoccupazioni dei
promotori dell’iniziativa per l’as-
senza di una voce politica specifi-
catamente «cattolica». Nonostan-
te la presenza di consistenti mino-
rante attive e riconosciute nel so-
ciale. Ma dove sono e chi sono «i
cattolici»? Non sono forse cattoli-
ci i molti sostenitori della politica
salviniana («porti chiusi», ambi-
guità verso la destra estrema razzi-
sta)? Si tratta solo di cattolici no-
minali che riempiono le piazze sal-
viniane, ma non le chiese; che si ri-
conoscono nell’esibizione pubbli-
ca strumentale dei segni religiosi
e non apprezzano affatto Papa
Francesco? Oppure il salvinismo
sembra aver comunque risposte
che il mondo cattolico tradiziona-
le non sa dare?
In realtà i cattolici tutti sono pre-
occupati e divisi di fronte ai proble-
mi della immigrazione, della re-
cessione economica o del caso Il-
va - esattamente come tutti gli ita-
liani. Non capisco quindi perché
gli estensori della «Politica insie-
me» temano «una politica ridotta
a questioni come immigrazione,
tasse, autonomia regionale» (co-
me dice Zamagni in un ’intervi-
sta). Soprattutto non vedo come
alle preoccupazioni concrete dei
cittadini, credenti o non credenti,
che sono sedotti dalla strategia ag-
gressiva salviniana oppure si sono
estraniati dalla politica, sia suffi-
ciente come alternativa essere po-
sti davanti ad «un progetto politi-
co di medio-lungo termine che de-
ve avere alle spalle un pensiero for-
te, altrimenti si riduce a un mero
calcolo di interessi».
Zamagni si dice sicuro che «c’è
una fetta di cittadinanza che non
va a votare perché vuole sottrarsi
alla scelta forzata fra destra e sini-
stra. Persone che non guardano
solo allo stomaco, che vogliono
vedere soddisfatti i loro bisogni
fondamentali». E’ a queste perso-
ne che intendono rivolgersi i pro-
motori della «Politica insieme»
collocando il loro partito ideale
al centro politico. «Moderatismo,
inteso non come puro istinto
all’autoconservazione ma come
preservamento equilibrato dei
propri valori. Transumanesimo,
sussidiarietà circolare, riforma
del vecchio welfare state, ritorno
della famiglia al centro della so-
cietà sono altri punti fondanti del
nostro programma».
Si tratta di una prospettiva am-
biziosa, ma controversa in alcuni
degli obiettivi (a cominciare dall’i-
dea di famiglia ) ma fuori tempo
politico davanti alla prospettiva di
un’imminente vittoria delle nuo-
va destra sovranista, che può con-
tare sul consenso tacito di un nu-
mero imprecisato ma consistente
di cattolici, nominali e no.
Curiosamente alla domanda
se l’iniziativa di «Politica insie-
me» non sia o non debba essere
un progetto anti-Salvini, gli inte-
ressati rispondono di «aborrire
la cosiddetta negative politics,
cioè un’idea di politica che si ba-
sa sugli errori degli altri». Rispo-
sta nobile ma elusiva. La prova
politica cui sono chiamati oggi i
responsabili del cattolicesimo
politico è proprio il contenimen-
to del salvinismo che sta eroden-
do la sua base. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
LA TRAGEDIA
CHIAMATA SERENISSIMA
FERDINANDO CAMON Puntualmente a scadenze
variabili, ma ormai sempre
più ravvicinate, torna la
questione del «partito dei
cattolici». Puntualmente si
ripropongono gli stessi ar-
gomenti pro e contro. Spes-
so però si precisa che non si
tratta (ancora) di formare
un partito in senso conven-
zionale. Tanto meno di un
partito nello stile della De-
mocrazia cristiana che ap-
partiene ad una fase storica
definitivamente superata.
Si tratta invece di riattivare
un progetto di grande respi-
ro etico-culturale da svilup-
pare a medio-lungo termi-
ne.
E’ quanto ha dichiarato
Stefano Zamagni, presiden-
te della Pontificia Accade-
mia delle Scienze Sociali
presentando, a fine otto-
bre, l’iniziativa «Politica In-
sieme», nata grazie ad una
associazione di natura so-
ciale con la partecipazione
di centinaia di persone e as-
sociazioni cattoliche da
ogni parte d’Italia. «Dopo
una lunga preparazione
pubblica il suo manifesto,
che auspica la nascita di
una forza politica che si qua-
lifichi di centro e si ispiri a
principi e valori della civiltà
cristiana».
E’ un’impresa che sembra
ben vista anche dalle massi-
me autorità ecclesiastiche.
Nel frattempo la situazione
politica in Italia peggiora di
giorno in giorno, confer-
mando proprio le preoccu-
pazioni dei promotori dell’i-
niziativa per l’assenza di
una voce politica specifica-
tamente «cattolica». Nono-
stante la presenza di consi-
stenti minorante attive e ri-
conosciute nel sociale.
Ma dove sono e chi sono
«i cattolici»? Non sono for-
se cattolici i molti sostenito-
ri della politica salviniana
(«porti chiusi», ambiguità
verso la destra estrema raz-
zista)? Si tratta solo di catto-
lici nominali che riempiono
le piazze salviniane, ma
non le chiese; che si ricono-
scono nell’esibizione pub-
blica strumentale dei segni
religiosi e non apprezzano
affatto Papa Francesco? Op-
pure il salvinismo sembra
aver comunque risposte
che il mondo cattolico tradi-
zionale non sa dare?
In realtà i cattolici tutti so-
no preoccupati e divisi di
fronte ai problemi della im-
migrazione, della recessio-
ne economica o del caso Il-
va - esattamente come tutti
gli italiani. Non capisco
quindi perché gli estensori
della «Politica insieme» te-
mano «una politica ridotta
a questioni come immigra-
zione, tasse, autonomia re-
gionale» (come dice Zama-
gni in un ’intervista). So-
prattutto non vedo come al-
le preoccupazioni concrete
dei cittadini, credenti o non
credenti, che sono sedotti
dalla strategia aggressiva
salviniana oppure si sono
estraniati dalla politica, sia
sufficiente come alternati-
va essere posti davanti ad
«un progetto politico di me-
dio-lungo termine che deve
avere alle spalle un pensie-
ro forte, altrimenti si riduce
a un mero calcolo di interes-
si».
Zamagni si dice sicuro
che «c’è una fetta di cittadi-
nanza che non va a votare
perché vuole sottrarsi alla
scelta forzata fra destra e si-
nistra. Persone che non
guardano solo allo stoma-
co, che vogliono vedere sod-
disfatti i loro bisogni fonda-
mentali». E’ a queste perso-
ne che intendono rivolgersi
i promotori della «Politica
insieme» collocando il loro
partito ideale al centro poli-
tico. «Moderatismo, inteso
non come puro istinto
all’autoconservazione ma
come preservamento equili-
brato dei propri valori.
Transumanesimo, sussidia-
rietà circolare, riforma del
vecchio welfare state, ritor-
no della famiglia al centro
della società sono altri pun-
ti fondanti del nostro pro-
gramma».
Si tratta di una prospetti-
va ambiziosa, ma contro-
versa in alcuni degli obietti-
vi (a cominciare dall’idea di
famiglia ) ma fuori tempo
politico davanti alla pro-
spettiva di un’imminente
vittoria delle nuova destra
sovranista, che può contare
sul consenso tacito di un nu-
mero imprecisato ma consi-
stente di cattolici, nominali
e no.
Curiosamente alla do-
manda se l’iniziativa di «Po-
litica insieme» non sia o
non debba essere un proget-
to anti-Salvini, gli interessa-
ti rispondono di «aborrire
la cosiddetta negative poli-
tics, cioè un’idea di politica
che si basa sugli errori degli
altri». Risposta nobile ma
elusiva. La prova politica
cui sono chiamati oggi i re-
sponsabili del cattolicesi-
mo politico è proprio il con-
tenimento del salvinismo
che sta erodendo la sua ba-
se. —
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