la Repubblica - 12.11.2019

(Ron) #1
di Salvo Palazzolo

Palermo — Ha l’aria infastidita
mentre avanza lentamente den-
tro l’aula in cui si celebrò il primo
maxiprocesso alle cosche. Silvio
Berlusconi ha già fatto sapere ai
giudici che non vuole essere ripre-
so dalla schiera di cameraman e fo-
tografi che affollano il processo
d’appello per la “Trattativa Sta-
to-mafia”. Guarda la corte e dice:
«Su indicazione dei miei avvocati
intendo avvalermi della facoltà di
non rispondere». Pochi minuti e
via da Palermo con i suoi legali,
Niccolò Ghedini e Franco Coppi.
Nonostante la convocazione in au-
la fosse stata chiesta dal suo ami-
co di sempre, Marcello Dell’Utri,
che è uno degli imputati del pro-
cesso, condannato in primo grado
a 12 anni di carcere. Condanna
che condivide con una sfilza di ma-
fiosi di rango: da Leoluca Bagarel-
la ad Antonino Cinà, c’era anche
Totò Riina fra gli imputati, ma è
morto prima della sentenza di pri-
mo grado.
Berlusconi non dice neanche
una parola per l’amico condanna-
to. E la difesa di Dell’Utri non na-
sconde la delusione. Il professore
Francesco Centonze prova a rilan-
ciare: «Proiettiamo in aula il video

della conferenza stampa in cui
Berlusconi, il giorno della senten-
za, il 20 aprile 2018, disse di non
avere mai ricevuto mentre era al
governo, nel 1994 e anche dopo,
minacce dalla mafia o dai suoi rap-
presentanti». Insorgono i procura-
tori generali: «Non siamo in uno
studio Tv», dicono Giuseppe Fici e

Sergio Barbiera. Anche la corte
presieduta da Angelo Pellino boc-
cia l’istanza: «Il documento è stato
già acquisito agli atti».
Dell’Utri non c’è, è rimasto nella
sua casa milanese, dove sta finen-
do di scontare la condanna a sette
anni per concorso esterno in asso-
ciazione mafiosa. Il 3 dicembre sa-

rà un uomo libero: «Ed è battaglie-
ro più che mai — dice l’avvocato —
si dedica allo studio del processo,
il suo silenzio fino ad oggi è stato
per un doveroso rispetto verso il
dibattimento in corso». Ma Dell’U-
tri potrebbe presto tornare a Paler-
mo. «Se parlerà, lo farà in quest’au-
la», dice Centonze. E sarebbe la

prima volta nel processo “Trattati-
va Stato-mafia”, dove non si è mai
visto. «Intanto studia Storia all’uni-
versità di Bologna - racconta anco-
ra il suo legale - colleziona trenta e
trenta e lode». Dell’Utri prepara la
riscossa giudiziaria. Anche per
prevenire le mosse che potrebbe-
ro arrivare dalla procura di Firen-
ze, che lo ha indagato nuovamen-
te, insieme a Berlusconi, nell’in-
chiesta sui mandanti occulti delle
stragi del 1993. Sono state le inter-
cettazioni in carcere del boss Giu-
seppe Graviano, fatte proprio
nell’ambito del processo Trattati-
va, a far scattare altri guai giudizia-
ri. «Berlusca mi ha chiesto questa
cortesia», diceva il mafioso prota-
gonista della stagione delle bom-
be al compagno dell’ora d’aria.
La sentenza di primo grado del-
la “Trattativa” dice poi che Dell’U-
tri avrebbe trasmesso a Berlusco-
ni premier nel 1994 la minaccia di
nuove stragi mafiose. E Dell’Utri si
aspettava che l’amico smentisse,
ma non si è voluto esporre. Soprat-
tutto perché la sentenza chiama
in causa anche lui: i giudici di Pa-
lermo scrivono che Berlusconi
avrebbe continuato a pagare i
boss – per il “patto di protezione”
stipulato negli anni Settanta – an-
che quando divenne per la prima
volta presidente del Consiglio.

PALERMO — Per 46 anni sono stati in-
separabili. Silvio Berlusconi ama
raccontare che l’amico Marcello
Dell’Utri ha sempre avuto una buo-
na idea da proporgli, al momento
giusto. La prima, del 1973, l’accolse
subito: l’arrivo di un esperto fattore
da Palermo per prendersi cura dei
cavalli nella nuova villa di Arcore,
era il boss Vittorio Mangano. L’ulti-
ma idea di Dell’Utri, invece, l’ha su-
bito bocciata: Berlusconi non sareb-
be voluto neanche venire a Paler-
mo, come testimone citato dalla di-
fesa del suo amico di sempre con-
dannato nel processo “Trattativa
Stato-mafia”. E Dell’Utri c’è rimasto
parecchio male.
Perché rischia di tornare in carce-
re. E perché adesso la procura di Pa-
lermo ha avviato anche un’indagi-
ne sul suo patrimonio accumulato
in tanti anni di amicizia, lavoro e mi-
litanza politica al fianco di Berlusco-
ni. Qualche indiscrezione giornali-
stica su un’inchiesta ancora riserva-

tissima avrà forse creato più di una
preoccupazione. Di sicuro, fra il
2000 e il 2012, nel bel mezzo dei
guai giudiziari di Dell’Utri — oggi
condannato definitamente per con-
corso esterno in associazione mafio-
sa — l’amico Berlusconi aveva fatto
arrivare donazioni per 40 milioni di
euro. Fra il novembre 2016 e il feb-
braio 2017, sono arrivati bonifici per
altri tre milioni. Causale, “prestiti in-
fruttiferi”. Operazioni che hanno
fatto scattare una segnalazione alla
Guardia di finanza da parte dell’Uif,
l’unità antiriciclaggio della Banca
d’Italia. E oggi un’indagine sui soldi
di Dell’Utri ambasciatore dei boss
dagli anni Settanta al 1992 potrebbe
rivelarsi ancora più rivelatrice di
tante dichiarazioni di pentiti.
Una cosa è certa: prima di ieri,
Berlusconi aveva sempre difeso a
spada tratta il suo vecchio amico di
università diventato compagno di
tante imprese, da Publitalia a Forza
Italia. Anche quando, nel 2002, si

era pure avvalso della facoltà di non
rispondere davanti ai giudici di Pa-
lermo arrivati a Palazzo Chigi nel
corso del processo per mafia nei
confronti di Dell’Utri. In silenzio da-
vanti al tribunale, ma tanto prodigo
di parole addirittura sul palco del
Palacongressi di Montecatini Ter-
me, con una mano sulla spalla dell’a-

mico fondatore del partito ormai se-
natore e gran consigliere: «I giudici
che accusano Marcello — disse Ber-
lusconi — devono essere recuperati
alla società». Era l’11 novembre
2007.
E poi ancora, in Tv, qualche mese
dopo: «Su Vittorio Mangano, ha det-
to bene Dell’Utri, eroicamente non
inventò nulla su di me, anche quan-
do i pubblici ministeri andavano in
carcere e gli dicevano che se avesse
detto qualcosa su Berlusconi sareb-
be andato a casa». Mangano, il boss
diventato eroe in tante dichiarazio-
ni dei due amici inseparabili. Anche
quando i giudici di Palermo scrive-
vano in sentenza che c’era ormai la
prova del «patto di protezione» che
l’allora imprenditore Berlusconi
avrebbe stipulato con i boss sicilia-
ni, nel 1974: prima per proteggere la
sua famiglia dai sequestri di perso-
na che terrorizzavano la Milano-be-
ne (questa era la vera attività di Man-
gano ad Arcore) e poi per protegge-

re i suoi ripetitori Tv in Sicilia.
Mangano è rimasto “l’eroe” dei
due inseparabili amici sulla ribalta
della politica italiana anche quan-
do è arrivata la Cassazione, nel
2014, a mettere il suggello definiti-
vo all’accusa di mafia per Dell’Utri.
Per i giudici della suprema corte
non ci sono più dubbi sulle «cospi-
cue somme» che negli anni Settan-
ta Berlusconi pagò alla mafia, attra-
verso il “mediatore” Dell’Utri: «Dei
versamenti di somme da parte di
Berlusconi in favore di Cosa nostra,
per la protezione, hanno parlato
quattro collaboratori di giustizia».
Mangano è morto nel 2000, un altro
“amico” fra Palermo e Milano, il
boss Tanino Cinà, è deceduto nel


  1. “Eroe” anche lui, non ha mai
    aperto bocca.
    Ma adesso che il peggio sembra-
    va passato, Berlusconi ha deciso di
    “scaricare” il suo amico Dell’Utri.
    Chissà davvero perché.
    — s.p.


Il processo d’appello sulla presunta trattativa

Stato-mafia, Berlusconi zitto in aula


Dell’Utri è pronto a parlare ai giudici


L’ex premier si avvale della facoltà di non rispondere. L’ira del suo ex braccio destro, condannato in primo grado


a 12 anni. Il 3 dicembre finirà di scontare la condanna per concorso esterno. Il legale: se parla, lo farà nel processo


La storia


La fine di un’era


Ora l’ex premier


teme le rivelazioni


del vecchio amico


Le tappe


Dal patto del 1974


alla trattativa


hL’inchiesta per mafia
A metà degli anni Novanta,
alcuni ex mafiosi pentiti
raccontano del ruolo di
Dell’Utri, stretto
collaboratore di Berlusconi, in
qualità di ambasciatore della
cosche palermitane a Milano.
Viene condannato a 7 anni.

hLa “trattativa”
Nel 1993, Dell’Utri, fra i
fondatori di Forza Italia,
sarebbe diventato il nuovo
referente politico di Cosa
nostra. Nel primo grado del
processo Trattativa è stato
condannato a 12 anni di
carcere

jAl banco
Silvio Berlusconi, 83 anni, ieri
in aula ha chiesto di non
essere ripreso o fotografato

kIl partito
Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri
in una delle prime convention di
Forza Italia. Dell’Utri lavorò alla
discesa in campo nel 1994

IGOR PETYX

In 12 anni donazioni


per 40 milioni, poi


altri 3: così è scattata


la nuova indagine


sull’uomo che assunse


Mangano ad Arcore


. Martedì,^12 novembre^2019 Politica pagina^11

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