L\'Espresso - 20.10.2019

(Steven Felgate) #1
Scritti al buio/cinema

IL DIO DEI FILM PROTEGGA SODERBERGH

FABIO FERZETTI

“Panama Papers” è una denuncia esilarante e pirotecnica sull’uno per cento di ricchi

Che il dio del cinema protegga Steven
Soderbergh. Nella sua carriera ormai
trentennale l’ex-ragazzo prodigio di
“Sesso, bugie e videotape” ha cambia-
to tante di quelle volte passo, genere,
stile, assetto produttivo, da essere
approdato a una sorta di leggerezza
obbligatoria. Ovvero alla capacità di
toccare i temi più forti con una gra-
zia mozartiana che dona intelligenza
e sorpresa a tutto ciò che tocca. Sen-
za togliere un grammo di gravità (o
di complessità) alla materia. Vedere per credere “he Lau-
ndromat”, ingiustamente ignorato a Venezia, ora in sala e
su Netlix col titolo più chiaro e banale di “Panama Papers”.
Diviso in capitoli dai titoli befardi, scandito dalle spiega-
zioni non meno sarcastiche dei titolari dello studio legale
al centro dello scandalo inanziario, Mossack e Fonseca,
sullo schermo gli impagabili Gary Oldman e Antonio Ban-
deras, il ilm trasforma infatti l’inchiesta da Pulitzer di Jake
Bernstein, “Secrecy World”, in una black comedy a cavallo
fra Brecht e il teatro dell’assurdo che salta fra i continenti
lasciandosi dietro una scia di soldi, sangue e soperchierie.
Perché in questo mondo fatto di società fantasma, scatole
cinesi, prestanome più o meno volontari, nulla è certo, tutto
è reversibile. E nessuno è innocente.
Lo scandalo dei Panama Papers - rivelato in Italia dall’E-


spresso - non ha smascherato una
banda di criminali: ha messo a nudo
il cuore di un sistema che arricchisce
il famoso 1 per cento della popolazio-
ne ma coinvolge in ruoli a geometria
variabile un numero ben più ampio
di persone. In un contagio insieme
esilarante e sinistro che Soderbergh
esplora seguendo la crociata di Meryl
Streep, anonima vedova-coraggio de-
cisa a incassare l’assicurazione sulla
vita del marito. Salvo scoprire che
la polizza, passando di società in società, si è dissolta nel
nulla, e che gli uici in cui sogna di irrompere non esisto-
no, esiste solo una cassetta postale. Ma intanto, fra delitti
in Cina e confessioni a sorpresa dello stesso regista, mentre
Mossack e Fonseca, sempre scintillanti nelle più folli “mi-
ses” vacanziere, discettano sulle mille forme del denaro, ci
ricordiamo che qualcuno (per esempio la giornalista malte-
se Daphne Caruana) ha pagato con la vita la sua curiosità.
E il ilm di Soderbergh, frammentato e pirotecnico come un
varietà, per un attimo diventa uno specchio. Deformante
ma neanche troppo. Q

“PANAMA PAPERS ”
di Steven Soderbergh
Usa, 96’

per cento italiano fatto con quello
di girasole? Per cui, quando la
Coldiretti mi assicura che mangiare
tonno spagnolo è come mettersi
un termometro al mercurio in gola,
ecco, inisce che un po’ difido. Così
come difido, qui volevo andare a
parare, di tutta ’sta gente che usa
verde, bianco e rosso pro domo
fatturato. Ad esempio, uno dei primi
fast food italiani, gruppo Autogrill,
la risposta lievitata a McDonald’s:
Spizzico. Marchio rispettabilissimo,
cui devo il mio periodo Botero,
quando col menù pizza e patatine
consumavo in un solo pasto il
fabbisogno giornaliero dell’Uganda.
Spizzico non cambiava il logo


da quando Enzo Braschi ancora
faceva il paninaro, e a me piaceva
pure: scritta bianca in campo
arancione, un font che stava bene
nei titoli di testa di “Yuppies”. Poi
però qualche genio del marketing
potrebbe aver spiegato loro che
con tutti ’sti egiziani in giro è
meglio far presente che trattasi
di margherita italica, ed ecco che
a ianco del nuovo lettering sono
apparsi appunto i colori di cui
sopra. Al contrario. Perché un’altra
caratteristica del sovranismo
interessato, anche legittimamente,
è che poi opera capovolgimenti
cromatici. Come hanno fatto gli
amici di pomodoro e mozzarella,

come spesso fanno sul web i
“bandierini” che usano il vessilo
costivoriano o irlandese, come ha
fatto pure la Figc, già distintasi per
aver avallato il marinettiano logo
della Serie A, roba che D’Annunzio
avrebbe trovato un ilo troppo
nostalgica, la quale per Italia-Grecia
ha pubblicato l’inno di Mameli,
sul web, istoriato dal tricolore
ungherese. Allora, facciamo a
capirci: la bandiera è verde, bianca
e rossa in verticale (da sinistra) e in
orizzontale (da sopra). Poi magari
da Spizzico ci vado lo stesso. Ma
visto che l’avete cambiato da poco,
magari correggetelo.
GIUDIZIO: L’ITALIA S’È MESTA

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