Il Sole 24 Ore - 25.10.2019

(Axel Boer) #1

Il Sole 24 Ore Venerdì 25 Ottobre 2019 17


Finanza & Mercati


PARTERRE




Moby-fondi, prove


di dialogo al rallentatore


Prove di dialogo, ma per ora solo nelle intenzioni, tra la fami-


glia Onorato e i grandi soggetti istituzionali bondholder del
gruppo dei traghetti.

Tutto è partito da una missiva inviata ai fondi la scorsa


settimana e da un comunicato in cui proprio la famiglia Ono-
rato ha aperto agli investitori istituzionali «con l’obiettivo di

dare seguito al piano industriale dell’azienda garantendo sia


i diritti degli obbligazionisti, sia quelli della compagnia».
Tuttavia al momento non sono ancora in agenda passi

concreti. Sarebbe infatti, secondo i rumors, saltato l’incontro
previsto venerdì scorso dove si dovevano incontrare davanti

a un tavolo i fondi obbligazionisti, assistiti dall’advisor Hou-


lihan Lokey, e la famiglia Onorato per avviare quelle prove di
dialogo auspicate dalla famiglia di armatori. L’incontro sa-

rebbe infatti stato impossibile da organizzare, visto lo scarso


preavviso ai partecipanti. Ora si attende che venga fissato un
altro meeting. Il  ottobre scorso il Tribunale di Milano ha

rigettato le richieste di fallimento dei fondi (affiancati dallo


studio Dla Piper), ma al tempo stesso ha invitato il gruppo a
intavolare apposite trattative con i bondholder, che non pro-

cederanno a ricorsi al decreto del Tribunale stesso. (C.Fe.)


Tesla forse non mette il turbo ai suoi risultati finanziari,


ma di sicuro riattacca la spina. Il leader dell'auto elettrica
e hi-tech non ha esattamente sprintato quando si tratta di

profitti, riportando un calo del % nel terzo trimestre ri-


spetto all’anno scorso. Ma, in un clima di crescente scettici-
smo, i  milioni di utili portati in cassa sono stati suffi-

cienti a generare una ventata di ottimismo a Wall Street,


battendo nettamente attese che invece pronosticavano per-
dite. Per la precisione, i  centesimi di utili per azione an-

nunciati hanno frantumato un passivo temuto di  cente-


simi. E il titolo ha risposto con un rialzo fino al % che l’ha
riportato a ridosso dei  dollari, soglia oltre la quale ave-

va cominciato il  prima di quasi dimezzare il suo valore


ai primi di giugno. Non tutto è parso roseo nella trimestrale.
Il giro d’affari è scivolato del ,% a , miliardi, inferiore

alle previsioni della vigilia di , miliardi. E la diffusione


della più recente Model , la prima Tesla definita di massa
(nonostante il prezzo parta da mila euro), è stata inoltre

accompagnata da flessioni del % nelle precedenti e più


costose Model S e Model X. (M.Val.)


«A team play to make Italy great again». Sarà il gioco di
squadra, anche pubblico-privato, a fare ripartire il real

estate nel Paese, come succede a Milano. Uno slogan ha


chiuso il discorso di Manfredi Catella, ad di Coima, all’otta-
va edizione del Coima Real Estate Forum. Partendo dai dati

sul settore immobiliare di Cbre, che prevede a fine anno 
miliardi di euro di volumi (, la media degli ultimi  anni),

di cui quattro previsti per il solo ultimo trimestre, l’analisi


ha evidenziato come le dinamiche socio-demografiche stia-
no influenzando il real estate. La crescita dell’urbanizzazio-

ne, l’invecchiamento della popolazione e la maggiore do-


manda di “education”, spesso lontano da casa, spingono a
considerare nuove asset class di investimento, dallo student

housing alle residenze per anziani. «Serve un progetto che


identifichi nel territorio e nell’economia reale una risorsa di
sviluppo: ambiente, comunità, innovazione, inclusione sociale

devono diventare gli elementi di un piano di rigenerazione ur-


bana» ha detto Catella. Per questo è fondamentale il ruolo degli
investitori internazionali, cui oggi fa capo il % degli investi-

menti, ma anche quello dei player domestici. Il mercato registra


una contrazione dei rendimenti che assimila città come Milano
a grandi piazze europee, ma il gap è ancora ampio. (P.De.)



Tesla ritrova l’utile


e il titolo prende il volo




Coima: 2019 anno record,


ma serve più visione


T


orna in utile ma crolla in Borsa, piombando sugli


stessi livelli del . Per Nokia è una strada in
salita. Il gruppo tlc finlandese ha annunciato i

conti del terzo trimestre archiviato con un risultato


netto di  milioni di euro, guidato dalla domanda nel
G. Lo stesso però ha rivisto al ribasso le stime per il

 e il  e ha congelato il dividendo.


«Le prospettive per l’intero esercizio  e
per l'esercizio  sono state riviste al

ribasso principalmente a causa della


pressione sui margini, investimenti
aggiuntivi in G e investimenti aggiuntivi in

digitalizzazione», ha comunicato il gruppo.


Il suo fatturato è cresciuto del % nel terzo
trimestre a , miliardi di euro.

Pesante la reazione degli investitori. Il
titolo ha ceduto il ,% a , euro.

L’amministratore delegato Rajeev Suri ha


evidenziato come alcuni dei rischi che
«abbiamo segnalato in precedenza relativi

alla fase iniziale del G si stanno concretizzando.


Nokia ora spenderà di più nello sviluppo di prodotti
G. Ci aspettiamo che saremo in grado - ha aggiunto -

di mitigare progressivamente questi problemi nel


corso del prossimo anno».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Vito Lops


NOKIA IN CADUTA LIBERA


IL TITOLO TORNA AL 1991


IL CROLLO
DI NOKIA
Riviste al ribasso le
stime 2019-2020: il
titolo Nokia tracolla

-23%


MERCATI


Cdp, il cda nomina Gorno Tempini


alla presidenza dopo l’addio di Tononi


GOVERNANCE


La nomina andrà al vaglio


dell’assemblea dei soci


fissata per il - novembre


In arrivo un nuovo capo


degli Affari Internazionali:


l’ambasciatore Salzano


Celestina Dominelli


ROMA


La formalizzazione avverrà solo a val-


le dell’assemblea dei soci, convocata


per il  novembre in prima convoca-


zione e per il  in seconda, che dovrà


approvare la designazione, ma da ieri


Giovanni Gorno Tempini è il nuovo


presidente di Cassa depositi e prestiti


al posto di Massimo Tononi che lascia


la poltrona ai piani alti di Via Goito a


poco più di un anno dalla nomina. Un


addio anzitempo dovuto a una netta


divergenza di vedute con l’ad Fabri-


zio Palermo, ma anche, si racconta, a


una certa idiosincrasia verso gli am-


bienti politici romani. Così l’ex ban-


chiere, che martedì ha partecipato alla


riunione delle Fondazioni bancarie


fissata per indicare il suo successore,


ha deciso di rassegnare le dimissioni,


ufficializzate ieri con una lettera


stringata presentata al board «che l’ha


ringraziato per l’attività svolta».


In Cassa torna dunque Gor-


no Tempini, già amministratore dele-


gato della spa di Via Goito dal  al


, ma che fu messo alla porta, pri-


ma della fine naturale del secondo


mandato, dall’allora premier Mat-


teo Renzi con il ribaltone che portò al


vertice della controllata del Mef il tan-


dem formato da Claudio Costamagna


e Fabio Gallia. Un ritorno, quindi, per


il top manager che ha raccolto, all’atto


della designazione, il consenso una-


nime delle  Fondazioni bancarie,


azioniste di minoranza della Cdp. Il


neo presidente avrà al suo fianco quel


Palermo che arrivò alla Cassa nel


, da Fincantieri, per ricoprire l’in-


carico di direttore finanziario proprio


mentre al timone c’era lui. Gor-


no Tempini conosce dunque perfet-


tamente la “macchina” della Cdp che


ha plasmato rendendola un “polmo-


ne” indispensabile per il tessuto eco-


nomico del Paese. La sua profonda


expertise potrà quindi rappresentare


un utile supporto alle tante sfide in-


dustriali che attendono la Cassa.


Tra i primi dossier che saranno


sottoposti alla sua attenzione ci sarà


però il pacchetto di nomine nelle con-


trollate, da Sace al nuovo Fondo Na-


zionale Innovazione, nato per soste-


nere le start up e le pmi innovative. Le


candidature sarebbero dovute arriva-


re già al board di ieri, ma l’avvicenda-


mento alla presidenza ha suggerito


una piccola dilazione. È quindi molto


probabile che un cda straordinario sia


convocato nei prossimi giorni, forse


già dopo l’assemblea che ufficializze-


rà il ritorno di Gorno Tempini o co-


munque a strettissimo giro. Non tutte


le caselle sono state definite, ma su al-


cuni nomi la chiusura è a un passo: per


Sace dovrebbe così spuntarla il duo


composto da Edoardo Ginevra (ad) e


Rodolfo Errore (presidente), mentre


su Simest manca ancora la quadratu-


ra del cerchio. Situazione fluida anche


su Cdp Immobiliare, al momento ge-


stita dal tandem formato dal presi-


dente Matteo Melley e dall’ad Salvato-


re Sardo, direttore operativo della


Cassa. Per il Fondo Nazionale Innova-


zione, infine, i patti parasociali sotto-


scritti con Invitalia prevedono che


Cdp indichi  dei  membri del board,


incluso l’ad ma con il gradimento del-


l’Agenzia che esprime il presidente.


I prossimi giorni serviranno dun-


que a definire tutte le posizioni in bal-


lo, ma intanto in Cdp arriverà a breve


un nuovo capo degli Affari Interna-


zionali che potrebbe anche assumere


altri incarichi all’interno del gruppo:


Pasquale Salzano, attualmente am-


basciatore italiano in Qatar ma con un


lungo trascorso in Eni.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

GIOVANNI
GORNO TEMPINI
Nuovo presidente
di Cdp: era stato
amministratore
delegato fra il
2010 e il 2015

Cassa depositi e prestiti. Via libera a Giovanni Gorno Tempini come nuovo presidente


IMAGOECONOMICA

Laura Serafini


P


rofessor Profumo, mettere


d’accordo  Fondazioni sul


nuovo presidente in tempi bre-
vi non era un’impresa scontata:

com’è andata?


Le Fondazioni hanno individuato in
Giovanni Gorno Tempini il candidato

ideale. La scelta è arrivata al termine


di un percorso condiviso. È stato se-
guito un metodo, individuando prima

un profilo adatto al ruolo: una figura


autorevole, capace di intrattenere
rapporti istituzionali in Italia e al-

l’estero, dotata di competenze finan-


ziarie e industriali e che avesse una
conoscenza pregressa di Cdp. La can-

didatura di Gorno Tempini è risultata
la più aderente ai requisiti. Abbiamo

voluto rispettare i tempi in modo tale


che non si creasse un vuoto e una di-
scontinuità nella gestione.

L’attuale strategia di Cdp corrispon-


de alle aspettative delle Fondazioni?
Il ruolo di propulsione dello sviluppo

di Cdp è coerente con il perimetro di


attività delle Fondazioni. Un’affinità


che ha trovato conferma nel piano in-
dustriale -, che è orientato

alla sostenibilità e allo sviluppo a livel-


lo locale. L’ultimo consiglio di Acri ha
deliberato di dare vita a un protocollo

con Cdp per azioni comuni sul territo-


rio: nelle grandi città la Cassa avrà un
riferimento diretto e opererà in stretta

collaborazione con le Fondazioni lo-


cali, nei centri più piccoli sarà istituito
un desk presso le Fondazioni.

Come valutate gli investimenti in


Tim e Progetto Italia, che non sem-
brano a basso rischio come prevede

lo statuto Cdp?
Le Fondazioni sono azioniste e quindi

non interagiscono direttamente sulla


gestione. Possono dare, assieme al-
l’azionista di maggioranza, linee di

indirizzo.


Quindi il management si sta muo-
vendo in un ambito strategico con-

cordato con gli azionisti? Ci saranno


altre operazioni di questo tipo?
All’interno del piano c’è una linea di

interventi di tipo industriale, una se-


conda linea di interventi sui temi in-
frastrutturali e poi la cooperazione in-

ternazionale. Dopodiché, la valuta-


zione se il caso specifico debba essere
portato avanti o meno dipende dalla

situazione.


Siete soddisfatti della politica dei
dividendi, considerata anche la cedo-

la straordinaria da un miliardo di-


stribuita per sostenere le finanze
pubbliche?

Le Fondazioni sono investitori di lun-


go termine e quindi capiamo l’ecce-
zionalità, ma abbiamo l’interesse a

che la Cassa possa investire e diventa-


re sempre di più uno strumento di svi-
luppo. La politica dei dividendi do-

vrebbe essere conseguente.


Quale contributo porterà Gorno


Tempini?


Sarà presidente e come tale avrà le dele-
ghe sulle relazioni sia a livello nazionale

che internazionale e gestirà il board. Ri-


spetto all’ad vanno tenuti separati i
ruoli: non pensiamo assolutamente

che il dottor Gorno debba intervenire


sul business operativo. Diverso è il con-
tributo legato alla chimica che si può

creare tra le due figure, quando si stabi-


lisce quel rapporto di fiducia che può
creare momenti di costruzione insie-

me. In questa fase di transizione cer-


cherò di avere un ruolo di supporto. Ve-
drò ogni settimana entrambi. La stessa

cosa la faremo anche tra azionisti: tro-


veremo il modo per costruire una rela-
zione che consenta di aiutare la Cassa in

questa fase di transizione. Nel  ini-


zierà il nuovo settennato di program-
mazione europea, nel quale le modalità

d’investimento della Ue cambieranno


dando vita a una sorta di fondo sovrano
europeo che spingerà a far collaborare

gli investimenti di Stati membri, inve-


stitori come la Cdp e privati come le
Fondazioni. È una grande opportunità,

nella quale Cassa e Fondazioni potran-


no trovare il mondo di investire.
Quali saranno le priorità per un

futuro veicolo di investimento nel-


l’economia italiana?
Housing sociale, scuole e ospedali: in

questi settori ci saranno grandi investi-


menti europei e Cdp può diventare im-
portante per sviluppare infrastrutture

sulle quali abbiamo investito poco.


Il protocollo con il Mef ha funzio-
nato o va rivisto?

Il risultato è ampiamente positivo.
Tutte le Fondazioni firmatarie hanno

modificato gli statuti per recepire pre-


visioni su diversificazione, trasparen-
za e governance. Non è all’ordine del

giorno una revisione del protocollo.


L’effetto è anche che il rinnovato atti-
vismo delle fondazioni in alcune par-

tite finanziarie viene guidato da valu-


tazioni rischi/benefici essenziali per
partite di questo genere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’INTERVISTA


FRANCESCO PROFUMO


FRANCESCO
PROFUMO
Presidente della
Compagnia San
Paolo e dell’Acri,
l’associazione
delle Fondazioni

«Pronto a favorire un clima


di coesione con il Mef e l’ad


Cautela sulle extra cedole»


«Ora più condivisione delle strategie»


SCUOLE MANAGERIALI


Il club degli ex JP Morgan sale


ai vertici delle società di Stato


—Continua da pagina 


Tornando per un attimo a Cdp. La
nomina del presidente della Cassa è

statutariamente in capo alle Fonda-


zioni (ex?) bancarie, azioniste di mi-
noranza della Cassa con il ,% del

capitale, che ancora gravitano in via


maggioritaria intorno all’asse di po-
tere tra Fondazone Cariplo-Intesa su

cui ha ancora un “ascendente” l'inos-


sidabile ticket tra l’ex presidente del-
la Fondazione Cariplo Giuseppe

Guzzetti e l’ex presidente di Intesa


Sanpaolo Giovanni Bazoli. Entrambi
politicamente vicini all'area dell’ex

sinistra Dc guidata da Dario France-


schini, che ancora li rappresenta nel
nuovo Pd di Governo.

Politica a parte, ma evitando di


prescinderne poiché Cdp fa capo per
l’,% al Ministero dell’Economia, la

nomina di Gorno Tempini alla presi-
denza di Cdp evidenzia anche la con-

sacrazione definitiva della scuola de-


gli ex banchieri di JP Morgan come
principale serbatoio manageriale per

le società pubbliche italiane. La lista


dei banchieri ex JP passati alla guida
di società pubbliche è ampia e desti-

nata ad allungarsi.


In Cdp il neo presidente Gorno
Tempini ritroverà come amministra-

tore delegato Fabrizio Palermo, altro


ex JP Morgan. Ma la lista dei banchieri
“prestati” allo Stato che provengono

dalla banca americana guidata da Ja-


mie Dimon è lunga. A partire dall’am-


ministratore delegato di Poste Italia-
ne Matteo Del Fante, per  anni in JP

Morgan e poi ai vertici di Terna prima


di passare alla guida di Poste. Dove da
un paio di anni è diventato “group

cfo” Guido Maria Nola, ex country


manager di JP Morgan per l'Italia. Tra
i manager chiamati dallo Stato a gui-

dare una società pubblica, c'è anche


l'amministratore delegato di Mps
Marco Morelli che è nato e cresciuto

in JP Morgan (prima di passare a Inte-
sa e poi a Bofa-Merrill Lynch). Dire

che Jp Morgan stia diventando per le


società pubbliche la “palestra” mana-
geriale che è stata Mc Kinsey negli ul-

timi venti anni per banche e assicura-


zioni è forse eccessivo. È certo che
con la temporanea uscita di scena di

Tononi e prima di Claudio Costama-


gna, la generazione degli ex banchieri
di Goldman Sachs nata con le priva-

tizzazioni ha passato il testimone agli


ex JP Morgan. Pattuglia che potrebbe
rafforzarsi ulteriormente se anche

l'ex direttore generale del Tesoro Vit-


torio Grilli, ora capo Europa e Middle
East di JP Morgan, lasciasse Londra

per tornare stabilmente in Italia (ha


da poco comprato casa nel centro di
Milano) entrando nella partita delle

nomine ai vertici delle società pubbli-


che della primavera .
Ma come si spiega l’ascesa degli ex

JP Morgan ai vertici delle società sta-


tali italiani nell’ultimo decennio? JP
Morgan è da sempre considerata

un’istituzione finanziaria vicina ai


Governi, in particolare di quelli che
hanno un maxi debito pubblico da ri-

finanziare. Se fino all’inizio degli an-


ni  JP Morgan concorreva alla
pari con le altre big americane sul

mercato dei capitali, ormai da anni è


diventata la big bank più grande del
mondo occidentale (, miliardi di

utile nel ) con una capitalizza-


zione di Borsa che sfiora i  miliar-
di di dollari. Il suo contributo ai Go-

verni iperindebitati può fare la diffe-


MATTEO
DEL FANTE
Per 13 anni
in JP Morgan e poi
ai vertici di Terna
prima di passare
alla guida di Poste

GUIDO MARIA
NOLA
Group cfo
di Poste Italiane,
è stato country
manager di JP
Morgan per l’Italia

MARCO
MORELLI
L’amministratore
delegato di Mps
è stato in
precedenza ad e dg
di JP Morgan Italia

VITTORIO
GRILLI
L’ex direttore
generale del
Tesoro è capo
Europa e Middle
East di JP Morgan

renza e di conseguenza i suoi sugge-


rimenti, anche in politica economica,


vengono tenuti nella giusta conside-
razione. Inutile dire che l’Italia è da

anni un buon cliente per la banca Usa.


Come dimostra la cosiddetta «opera-
zione Cristal» finalizzata a favorire

l’entrata dell’Italia nell’euro a fine ’,


rivelata per la prima volta nel febbra-
io del  dal New York Times. «Con

l'aiuto di JP Morgan - scrisse il quoti-


diano americano - l'Italia riuscì nel
suo intento. Nonostante alti deficit,

un derivato attivato nel  consentì


di portare il budget italiano in linea
con i parametri swappando valute

con JP Morgan a un tasso di cambio


favorevole e mettendo più soldi nelle
mani del governo». L’aiuto non ven-

ne meno neanche durante la crisi del


, quando molte banche estere
vendettero BTp e invece JP Morgan

ne acquistò. Possibile che un Gover-


no dipenda dai «desiderata» di una
grande banca globale? Sicuramente

no. Anche se qualche dubbio emerse
nel maggio  quando un corposo

report di  analisti-economisti di JP


Morgan scrisse che «i sistemi politici
dei paesi del Sud Europa, e in partico-

lare le loro costituzioni, adottate in


seguito alla caduta del fascismo, pre-
sentano una serie di caratteristiche

che appaiono inadatte a favorire la


maggiore integrazione dell'area eu-
ropea». Probabilmente solo un

«wishful thinking» di analisti. Anche


se poi nel  in Italia si svolse dav-
vero un referendum per cambiare la

Costituzione.


—Al.G.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il ruolo della grande banca


Usa nella gestione del debito


Il sorpasso a Goldman Sachs

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