8 Venerdì 25 Ottobre 2019 Il Sole 24 Ore
Politica
Cybersecurity, golden power rafforzato
PRIMO SÌ AL DECRETO
Entro giorni l’ok
alla certificazione di beni,
sistemi e servizi informatici
Huawei: «Sul G regole
uguali per tutti,
non discriminare»
Marco Ludovico
ROMA
Un golden power più ampio: raf-
forza l’intervento del governo nel-
la tutela delle nostre imprese stra-
tegiche contro le minacce estere.
Un sistema più generale di regole
per la prevenzione dei rischi infor-
matici ormai dilaganti. Estese an-
che alle reti G.
Il consiglio dei ministri lo aveva
approvato il settembre e dopo il
sì di ieri alla Camera dei deputati il
disegno di legge sul «perimetro di
sicurezza nazionale cibernetica»
viaggia ora per il Senato per la defi-
nitiva approvazione. Esame parla-
mentare senza intoppi particolari,
voto conseguente: sì da Ms,
Pd, Leu e Iv ed Elio Vito (Fi), tre no
e astenuti (Lega, Fi e Fdi). Il
provvedimento ha avuto due rela-
tori, Emanuele Fiano (Pd) ed Ema-
nuele Scagliusi (Ms), il testo del-
l’esecutivo guidato da Giuseppe
Conte è stato integrato senza alte-
rare il senso di fondo.
L’obiettivo generale è la defini-
zione di un cosiddetto perimetro di
sicurezza nazionale cyber. In que-
sto contenitore virtuale conflui-
scono tutte le amministrazioni del-
lo Stato o comunque pubbliche, le
aziende private e non, le infra-
strutture strategiche e quelle che
erogano servizi essenziali, tutti i
soggetti, insomma, che con un at-
tacco informatico possono deter-
minare problemi alla sicurezza na-
zionale. Facile immaginarlo per un
ministero o un’azienda di energia,
un po’ meno se si tratta di una pic-
cola impresa high tech essenziale
per i sistemi della Difesa.
«Uno sforzo senza precedenti,
una risposta strutturale che tiene
in conto tutte le parti in gioco» sot-
tolinea Scagliusi. Ci vorrà tempo
per definire il perimetro e fare le
relative certificazioni «ma sarà ben
speso per la sicurezza delle nostre
imprese» osserva Enza Bruno Bos-
sio (Pd). Sono stati snelliti i termini
per le imprese sulle procedure de-
stinate a validare beni, sistemi e
servizi Ict (information and com-
munication tecnology): il Cvcn
(centro di valutazione e certifica-
zione nazionale) presso il Ministe-
ro dello Sviluppo economico dovrà
svolgere il suo compito in giorni
al massimo ma poi vale il principio
del silenzio-assenso.
Nell’esame a Montecitorio è sta-
to recuperato il dispositivo per raf-
forzare il golden power, già licen-
ziato con un Ddl dal precedente
esecutivo Conte ma poi finito su un
binario morto. Il potere del governo
può essere esercitato sui contratti
relativi al G se stipulati con sogget-
ti esterni all’Unione europea. I ri-
schi del G per la sicurezza nazio-
nale erano stati sollevati in Parla-
mento dal Gennaro Vecchione, di-
rettore del Dis (Dipartimento
informazioni e sicurezza).
I termini di esercizio del golden
power sono stati ridotti dai com-
plessivi a giorni al massimo.
Ma l’esecutivo può attivare questo
strumento anche sui soggetti extra
Ue per le partecipazioni azionarie
in società di infrastrutture e tecno-
logie critiche legate alla gestione
dei dati e alla cybersicurezza, non-
ché le infrastrutture finanziarie,
compresa Borsa spa.
Il decreto è condivisibile ma è
ancora discriminatorio e «va cam-
biato per far sì che valgano per tut-
ti le stesse regole» ha spiegato il
ceo di Huawei Italia, Thomas
Miao, all’inaugurazione della nuo-
va sede romana e dell’Innovation
center. «La Germania - ha aggiun-
to il ceo Huawei - ha definito un
perimetro di cybersecurity con re-
gole chiare che valgono per tutti a
prescindere dal Paese in cui ha se-
de il quartier generale dell'azien-
da». Per Luigi De Vecchis, presi-
dente di Huawei Italia, «va emen-
dato quel passaggio discriminato-
rio: le stesse regole devono valere
per tutti e non si può pensare di
lasciare fuori società come Huawei
e Zte, ma anche Samsung, sulla ba-
se di un fattore geografico».
Da segnalare l’ok all’ordine del
giorno di Davide Zanichelli (MS):
sollecita il governo «alla costituzio-
ne del Centro Nazionali di Critto-
grafia e del Centro Nazionale di Ri-
cerca e Sviluppo in Cybersecurity».
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IN UMBRIA
FOTO DI GRUPPO
DELL’ALLEANZA
(SENZA RENZI)
di
Lina
Palmerini
A
nche se Renzi dice che
«non staccherà la spi-
na» e Di Maio assicura
che ha «chiarito» con
Conte, le tensioni non sono affat-
to finite. Anzi potrebbero perfino
crescere dopo l’esito delle elezio-
ni in Umbria su cui la maggio-
ranza parte in svantaggio visto
che in quella regione, alle scorse
europee, il centro-destra era già
andato oltre il per cento. Stra-
scichi se ne potrebbero sentire
durante il passaggio parlamen-
tare della legge finanziaria e infi-
ne – come primo vero bilancio –
con il voto in Emilia-Romagna
della fine di gennaio. È noto che
nessuno ha interesse a elezioni
anticipate ma attraversare questi
appuntamenti metterà a dura
prova la tenuta dei due partiti
principali che reggono il Conte II
e una loro eventuale sconfitta sa-
rà occasione per una nuova presa
di distanze. Basta guardare quel-
lo che è successo ieri tra alleati:
Zingaretti e Di Maio, insieme al
premier, saranno in piazza a
Narni per chiudere la campagna
elettorale umbra ma non ci sarà
Renzi. Un passo indietro preven-
tivo rispetto alla chiusura delle
urne da cui – evidentemente –
non ci si aspetta niente di buono.
Dunque meglio non metterci la
faccia in quella foto di gruppo.
La corda resta tesa, insomma,
e rischia di rompersi nonostante
le garanzie del leader di Italia Vi-
va e Di Maio che assicurano di
non volere il voto ma allo stesso
tempo mettono il Governo su un
piano inclinato e Zingaretti e
Conte sulla graticola. A Monteci-
torio i leader si sentono sicuri dei
loro piani, delle mosse e delle
furbizie, anche perché sono certi
che non c’è lo scenario dello scio-
glimento anticipato delle Came-
re nella testa del capo dello Stato.
È questa la vera garanzia che
sentono di avere in questa tattica
del tirare la corda fino al limite.
Invece chi dice di frequentare il
Colle e di aver parlato con Matta-
rella non esclude affatto l’ipotesi
delle urne. Per una ragione prin-
cipale, che con il Conte II si sono
esaurite le possibili formule di
maggioranza e Governo e perfi-
no quella che poteva essere la
“chiave” della legislatura – l’ap-
provazione del taglio dei parla-
mentari – rischia di non funzio-
nare dinanzi a una rottura tra al-
leati. Insomma, il pericolo che
con il logoramento ci sia un in-
ciampo parlamentare oppure il
piano di far cadere il premier – di
cui si parla in Transatlantico –
non avrebbe come esito automa-
tico la prosecuzione della legisla-
tura. Tutt’altro.
La misura di quanto le diffi-
denze siano alte tra alleati la dan-
no i rumors e quelli più velenosi
raccontano di una sostituzione
di Conte con Di Maio a Palazzo
Chigi e di Italia Viva che aspire-
rebbe alla Farnesina. Voci che
circolano ma che girano a vuoto.
Perché intanto c’è l’appunta-
mento elettorale in Umbria che
avrà un peso e non solo locale.
L’aria della vigilia non è buona e
quell’appuntamento di piazza –
con Zingaretti, Di Maio, Speranza
e il premier – sembra più un ten-
tativo estremo che la celebrazio-
ne di una vera coalizione. Saran-
no proprio le urne di domenica a
dare la prima pagella all’alleanza
Pd- Stelle e a orientare la pros-
sima scelta sull’Emilia-Romagna
che diventerà il big bang: o si va
avanti o il piano inclinato scivo-
lerà verso la fine della legislatura.
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POLITICA 2.
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«Politica 2.
Economia & Società»
di Lina Palmerini
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Merloni all’Anac, congelata la nomina del nuovo presidente
Mauro Salerno
Il Governo guadagna tempo per de-
finire il dopo-Cantone all’Autorità
Anticorruzione. Scelta delicata da
affrontare – soprattutto per un Ese-
cutivo già parecchio messo alla pro-
va dalla sfida della manovra – dopo
la stagione di grande visibilità (e ri-
lancio dei poteri) garantita dalla de-
cisione di affidare la presidenza
dell’Autorità al magistrato che al-
l’epoca ( aprile , governo
Renzi) si era distinto soprattutto
per le sue battaglie giudiziarie con-
tro il clan dei Casalesi.
Ieri è arrivata la notizia che il ruo-
lo di Raffaele Cantone – che giuran-
do in Cassazione è nel frattempo
rientrato ufficialmente in magistra-
tura – sarà preso da Francesco Mer-
loni , il consigliere più anziano tra
quelli in carica (gli altri sono Michele
Corradino, Ida Nicotra, Nicoletta
Parisi). Sarà quindi Merloni a guida-
re nei prossimi mesi l’Autorità, evi-
tando al Governo la necessità di sco-
vare subito un sostituto capace di
non far rimpiangere Cantone, di-
messosi a fine luglio in modo nep-
pure troppo velatamente polemico
con la scelta del precedente governo
di ridimensionare il ruolo dell’Auto-
rità e dare battaglia sul codice appal-
ti che invece Cantone aveva prima
(indirettamente) contribuito a scri-
vere e poi sempre difeso nelle scelte
di fondo. Nelle settimane scorse non
erano mancate indiscrezioni di
stampa sui possibili candidati al ver-
tice dell’autorità di Via Minghetti.
Una “grana” che il Governo potrà af-
frontare con più calma (il Consiglio
di cui fa parte Merloni scade a luglio
) dopo aver “scollinato” i sen-
tieri impervi della legge di Bilancio.
A garantire questa possibilità non
è tanto l’ufficializzazione della scel-
ta di Merloni – già vicario di Cantone
- ma la presentazione di un emen-
damento Cinque Stelle al Dl Ministe-
ri (in discussione alla commissione
Affari Costituzionale del Senato) che
in accoppiata a un nuovo regola-
mento sul funzionamento dell’Au-
torità – sdoganato guarda caso solo
pochi giorni fa – consente di supera-
re gli ostacoli normativi che, altri-
menti, avrebbero impedito il regola-
re funzionamento dell’Autorità,
senza passare per la nomina di un
nuovo presidente.
Il problema sta nei cosiddetti
poteri “monocratici” che le norme
e il precedente regolamento del-
l’Anac attribuivano al presidente e
a lui solo, senza possibilità di
estenderli a una figura facente fun-
zione. Tra questi funzioni banal-
mente organizzative come la con-
vocazione e la decisione dell’ordi-
ne del giorno delle riunioni del
Consiglio dell'autorità, ma anche
molto più incisive e rilevanti per il
ricco mercato dei contratti pubbli-
ci, come la scelta di chiedere (ai
prefetti) il commissariamento de-
gli appalti delle imprese a rischio
corruzione e di guidare le attività di
Alta sorveglianza (svolte da un nu-
cleo speciale della Guardia di Fi-
nanza) sugli appalti legati a eventi
particolari, come è per esempio ac-
caduto in occasione dell'Expo di
Milano, del Giubileo di Roma, per
la bonifica di Bagnoli e ora per il
padiglione italiano all’Esposizione
universale in programma per l'an-
no prossimo a Dubai.
L’emendamento presentato al
Senato – così come il nuovo regola-
mento sul funzionamento dell'Au-
torità – colmano il vuoto normativo,
specificando che in caso di vacanza
dell’incarico, cessazione o impedi-
mento del presidente l’esercizio di
tutte le sue funzioni è assicurato dal
componente del Consiglio più an-
ziano per ufficio o per età, identikit
che in questo caso si attaglia perfet-
tamente a Merloni. Nato a Roma nel
, il nuovo numero uno dell’Anac
è stato professore ordinario di Dirit-
to amministrativo a Perugia dal
al e, fra i vari incarichi, è stato
fra l’altro componente, proprio in-
sieme a Raffaele Cantone, della
commissione ministeriale che nel
portò all’elaborazione della
legge Anticorruzione (la cosiddetta
«legge Severino»).
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INTERVENTO
I RISCHI PER LA SICUREZZA E QUELLI PER I MERCATI
I
eri è giunto in aula alla Camera dei
Deputati il decreto-legge sulla cy-
bersicurezza, che interviene an-
che in materia di golden power.
Negli ultimi anni, i poteri speciali at-
tribuiti al governo in relazione agli
investimenti nei settori strategici
sono stati modificati varie volte. Se
le esigenze di tutela della sicurezza
nazionale sono comprensibili ed
evidenti, esse però rischiano di en-
trare in conflitto con l’attrazione de-
gli investimenti esteri.
L’irrigidimento della normativa
si inserisce in una tendenza, a livello
mondiale, ad ampliare il novero dei
settori strategici, aumentare i con-
trolli, dilatare i poteri dello Stato.
Per esempio, tra il e il , a
livello globale, per ogni provvedi-
mento favorevole al commercio in-
ternazionale ne sono stati adottati
, di natura restrittiva. Nel caso del-
la libera circolazione dei capitali, è
difficile avere dati, perché spesso chi
vuole bloccare un operatore estero
non ha bisogno di atti formali: ba-
stano allusioni, prese di posizione o
l’avvio di procedimenti complessi e
lunghi. Negli Stati Uniti, per esem-
pio, solo operazioni sono state
bloccate in modo esplicito, ma quel-
le “volontariamente” ritirate sono
molte di più. Tra le cause di questo
fenomeno, ci sono probabilmente le
aggressive strategie di acquisizioni,
soprattutto nei settori avanzati tec-
nologicamente, da parte di imprese
cinesi. La guerra tecnologico-com-
merciale in atto tra Stati Uniti e Cina
si sta estendendo ad altri paesi.
All’interno dell’Ue, la libertà di
movimento dei capitali (nei rapporti
infra-europei) dovrebbe essere la
regola. Eppure, la Corte di giustizia
è dovuta intervenire spesso e volen-
tieri per sanzionare chi faceva un
uso disinvolto (e troppo discrezio-
nale) delle normative sulle golden
shares. L’attuale disciplina italiana
sul golden power è nata nel
proprio per superare l’ennesima
procedura di infrazione per l’ecces-
siva indeterminatezza dei criteri per
l’esercizio delle prerogative statali.
La normativa nasce neutrale (cioè si
applica indistintamente a italiani e
stranieri, in ragione del settore di
appartenenza, non della nazionali-
tà). Tuttavia, la stratificazione di
modifiche successive rischia di cau-
sarne una mutazione genetica. Pro-
gressivamente è stato esteso l’am-
bito di applicazione e i confini sono
meno netti. Sempre più, poi, è mar-
cata a regolare gli investimenti este-
ri (sottendendo a volte anche quali).
Oltre tutto, c’è la sensazione che i
vari aggiornamenti siano più il frut-
to di contingenze geopolitiche (la
norma sul G fu rapidamente inse-
rita nel decreto Brexit poco dopo la
firma degli accordi sulla Via della
seta) che di una meditata riforma
sul grado di apertura desiderato del
nostro sistema.
Questa disciplina rappresenta
una lama a doppio taglio. Da un lato,
è un’opportunità per attirare gli in-
vestimenti se dà certezze al mercato:
il governo cioè definisce asset e set-
tori “strategici”, procedure e tempi
brevi, criteri chiari e rimedi giurisdi-
zionali efficaci. Dall’altro lato, è un
rischio se il perimetro dei poteri spe-
ciali è troppo vago, se si alimentano
timori sulla eccessiva discrezionali-
tà o sul rispetto della rule of law. Per
esempio, la nostra normativa si
estende agli asset “ad alta intensità
tecnologica”: si tratta evidentemen-
te di una categoria tanto ampia da
poter includere virtualmente ogni
impresa tecnologica. Anche l’allun-
gamento dei tempi per il processo
autorizzativo, finora molto rapidi,
può divenire un ostacolo. In qualche
caso, potrebbe effettivamente esse-
re necessario svolgere adeguati ap-
profondimenti, ma in generale si ri-
schia di mettere a repentaglio l’ope-
razione per le difficoltà di mantene-
re aperte le linee di credito.
Insomma, occorre evitare di dare
il messaggio che le imprese italiane
non sono realmente contendibili,
perché prima è necessario acquisire
il placet del Governo. Tuteliamo la
sicurezza nazionale, ma ricordiamo
che l’attrazione di investimenti
esteri e la creazione di condizioni fa-
vorevoli alla crescita sono obiettivi
non meno strategici.
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di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro
Questa norma è una lama
a doppio taglio: può
costituire un rischio
ma anche un’opportunità
ANTICORRUZIONE
Un emendamento
al Dl ministeri: il consigliere
anziano subentra a Cantone
Decreto cybersecurity. Un emendamento del Governo ha introdotto le norme sul rafforzamento del Golden power, con particolare riferimento ai contratti 5G
ADOBE STOCK
Durigon: «Manovra insufficiente, priorità a crescita e cuneo»
LA LEGA E IL LAVORO
Incontro con parti sociali
e società civile: contratti
a termine meno rigidi
Claudio Tucci
«Nella manovra, a parte la steriliz-
zazione dell’Iva, non c’è nulla; il ta-
glio al cuneo per i lavoratori è insuf-
ficiente perché manca di risorse
adeguate. E su decreto dignità e red-
dito di cittadinanza, avevamo ragio-
ne noi: il Dl ha spinto, certo, nei
primi mesi, un po’ di stabilizzazione
di rapporti precari, ma, ora, sta pe-
nalizzando, fortemente, i contratti
a termine. Anche il reddito di citta-
dinanza, così come costruito, non
sta producendo impatti positivi sul-
l’occupazione, connotandosi sem-
pre più come una misura assisten-
ziale e sempre meno come un inter-
vento di politica attiva».
Claudio Durigon, responsabile del
dipartimento Lavoro della Lega, ex
sottosegretario al Lavoro nel gover-
no “giallo-verde”, ha iniziato ieri una
serie di incontri con imprese, sinda-
cati, professionisti, come consulenti
del lavoro e commercialisti, rappre-
sentanti della società civile. Che cosa
si è sentito dire? «Che serviva altro in
questa manovra –ha risposto l’espo-
nente del Carroccio –. Le parti sociali,
in primo luogo, sono preoccupate
per l’eventuale introduzione del sa-
lario minimo legale. Fissare, ex lege
e valida per tutti, l’asticella a euro
lordi l’ora è una sciocchezza, spiazza
la contrattazione e comporta un ag-
gravio di costi per le aziende, che
l’Inapp ha stimato in , miliardi di
euro. Una follia, che danneggia in
primo luogo artigiani e Pmi».
Il punto è che, in Italia, il % degli
occupati è all’interno di un Ccnl, che
offre diritti e garanzie. «Bisognereb-
be, perciò, spingere quel restante %
nella contrattazione – ha spiegato
Durigon –. Quanto ai euro l’ora,
poi, quando ero sottosegretario ho
premuto affinché non fossero solo
retribuzione oraria diretta, ma retri-
buzione oraria complessiva, com-
prendente cioè anche gli elementi in-
diretti e/o differiti, come ferie, men-
silità aggiuntive, Tfr».
«Dalle imprese e sindacati che ho
ascoltato – ha proseguito Durigon
- è arrivato anche un secco no alla
misurazione della rappresentanza
per legge. Tutti, piuttosto, hanno
chiesto di attuare l’accordo inter-
confederale del ».
Quello che serve al Paese, secondo
Durigon, è una manovra espansiva
che guardi alla crescita, ridando cen-
tralità ai redditi e al lavoro.
Tutto l’opposto di quello che sta
facendo l’attuale esecutivo. Sui con-
tratti a termine, ad esempio, la Lega
chiede al nuovo governo giallo-rosso
di affidare le causali legali alla con-
trattazione collettiva per adattarle
meglio alle singole realtà produttive
e territoriali, e di togliere l’aggravio
di , punti su ciascun rinnovo di un
rapporto temporaneo, perché «sta
penalizzando la continuità lavorati-
va, e fa crescere solo il turn-over».
«Ho ascoltato una serie di appelli
che condivido – ha raccontato Duri-
gon –. Le nuove norme sui rider, che
hanno ribaltato l’impianto da noi
sostenuto nel precedente governo,
non sono di aiuto agli stessi ciclofat-
torini, molti dei quali infatti prote-
stano. E bisogna incentivare lo
scambio virtuoso salari-produttivi-
tà, a tutti i livelli, a partire da quello
aziendale. Noi avevamo proposto
un Ddl per incentivare i premi di
produttività. Ora anche questo tema
è uscito dai radar».
«Un numero ieri mi ha colpito in
particolare - ha chiosato l’ex sottose-
gretario leghista -. Ogni giorno
piccole e medie imprese italiane
chiudono i battenti. E gli oltre ta-
voli di crisi al Mise sono ancora tutti
lì e non vedo soluzioni vicine. Altro,
quindi, che riaprire il dibattito se ri-
pristinare o meno l’articolo nei li-
cenziamenti collettivi. Servono, e su-
bito, politiche industriali vere e una
difesa a spada tratta dei nostri stabi-
limenti. Il ragionamento è semplice.
I posti di lavoro sono creati dalle
aziende. Ma se queste non sono aiu-
tate, anzi sono costrette a chiudere,
come si potrà mai rilanciare in Italia
occupazione e crescita economica?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CLAUDIO
DURIGON
Responsabile
del dipartimento
Lavoro della Lega