La Stampa - 23.10.2019

(nextflipdebug5) #1

EVELINA CHRISTILLIN ex presidente del Teatro che lasciò il complesso


“Pochi soldi, molta manutenzione da fare


Lo Stabile è stato costretto ad andarsene”


COLLOQUIO


GIUSEPPE LEGATO


Le Pagliere sono state sgom-
berate. Non soltanto la parte
sul retro, quella dove c’erano
tre o quattro laboratori e l’a-
rea magazzino distrutta
dall’incendio di lunedì matti-
na. Ieri è stata sequestrata an-
che la zona davanti, quella
dove avevano sede altri labo-
ratori. Sgomberati i locali,
spostata la merce, gli usci so-
no stati sbarrati. In attesa che
venga deciso il futuro di
quell’area.
E mentre qualcuno deposi-
ta davanti all’ingresso (lato
via Rossini) una bara artigia-
nale con su scritto «Coming
soon» (imminente) lascian-
do intendere la fine dell’espe-
rienza di occupazione, il pre-
mier Giuseppe Conte - ieri a
Torino per incontrare le cate-
gorie produttive - risponde al-
le domande di chi vuol sape-
re cosa ne pensa Roma del ca-
so Cavallerizza. Conte sa di
cosa si tratta. Non si sbilan-
cia, ma dice: «Dopo l’incen-
dio di ieri, sulla Cavallerizza
Reale c’è l’attenzione del mi-
nistro Dario Franceschini».
Lasciando intendere che il
problema non è soltanto tori-
nese, ma riguarda tutti. Per-
ché la Cavallerizza Reale è
un bene storico e architetto-
nico importantissimo. È un
frammento di storia della To-
rino monarchica. Oltre che
un bene protetto che fa parte
del patrimonio dell’Unesco.
Ora, quali saranno le stra-
tegie ministeriali non si può
ancora sapere. Di certo sul
piatto ci sono almeno due
questioni da affrontare. La
prima riguarda le scelte del
Comune. Che non è proprie-

tario dell’intera struttura,
ma più o meno della metà. La
seconda riguarda gli illeciti
commessi alla Cavallerizza
dagli occupanti e le indagini
sul rogo dell’altra mattina. E
sono anche questi temi im-
portanti.
«Cavallerizza Irreale», il co-
mitato degli occupanti intan-
to annuncia una festa per il
25 ottobre. Ma entro allora
di chiaro ci sarà ben poco sul-
le cause del rogo. L’analisi
dell’area è roba lunga anche
per gli investigatori dei vigili
del fuoco che vanno a caccia
di inneschi -piazzati apposta
oppure casuali - dentro quel
che resta del magazzino libe-
rato dal ciarpame con i «bob-
cat» dei pompieri. Il resto è
roba nota. Lì non c’era più
corrente elettrica, rubata da
allacci nei tombini, perché
staccata tre giorni prima del
rogo. Le indagini della Procu-
ra vanno avanti. Ci sono deci-
ne di relazioni degli agenti
del Commissariato Centro su
fatti accaduti lì dentro sco-
perti dai poliziotti oppure se-
gnalati dagli abitanti della zo-
na. E ci sono gli accertamenti
in corso su altri eventuali al-
lacci abusivi, che alimentano
le stanze e i laboratori di quel-
la parte di Cavallerizza che fa
parte del «patrimonio dell’U-
nesco».
Chi abita lì dentro, invece,
più o meno si sa. Chi andava
a dormire nel magazzino del-
le Pagliere, no. Erano tanti?
Pochi? Due li hanno sentiti lu-
nedì pomeriggio i poliziotti.
Ma quanti siano passati è un
mistero. Certe sere, però, di-
cono che fossero parecchi. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

LODOVICO POLETTO


D


ue concetti. Il pri-
mo: «Un contenito-
re pieno di tutto
non è il futuro mi-
gliore per la Cavallerizza. Il
secondo: «I beni comuni van-
no valorizzati e non lasciati
andare senza guida».
Ventiquattro ore dopo il
rogo, mentre ancora sposta-
no macerie dai magazzini
delle Pagliere ridotti in cene-
re, s’apre il dibattito sulla
«Cavallerizza che potrebbe
essere». E si badi bene non
che è adesso, ma ciò che po-
trebbe diventare se ci fosse
un piano vero. E lo tira fuori
chi ha già un progetto, sep-
pur di massima che strizza
l’occhio non al «Filangeri» di
Napoli, ma a qualcosa di de-
cisamente «più alto»: il più
grande polo cultural-musea-
le d’Europa. Ovvero il «Mu-
seumsQuartier» di Vienna.
Che, guarda caso, come
struttura, assomiglia molto
a quella di Torino: 60 mila
metri quadrati, pieno centro
città, sorto sulle ceneri di
quello che un tempo fu il pa-
lazzo delle scuderie dell’im-
peratore. Dentro c’è di tutto
anche il «Leopold museum»
e il mondo della cultura di
ogni livello che s’incontra di-
batte e crea nuove tendenze.
Torino come Vienna? Ma-
gari. Quel che è certo è che la
Cavallerizza, così come è og-
gi, lascia tante persone per-
plesse.
«Purtroppo chi attualmen-
te occupa quei locali non ha
né gli strumenti, né la capaci-
tà di pensare ad un futuro ve-
ro, da bene comune, di quel
posto» dice Elisabetta Forni,
docente di Sociologia
dell’ambiente ad Architettu-
ra. Con lei, e un altro gruppo
di architetti, è nato questo

progetto che guarda lonta-
no, senza dimenticare che
questa struttura deve essere
un «bene comune» che va va-
lorizzato e non alienato.
Un passaggio che appog-
giava in pieno anche l’ex ret-
tore Ajani e che - in qualche
modo – interessa- o potrebbe
interessare - il Teatro Regio,
il Conservatorio, l’Archivio

di Stato, il teatro Stabile e
molti altri ancora. «In un’a-
rea del genere possono trova-
re posto anche realtà artisti-
che emergenti o più periferi-
che. Di fertilizzazione reci-
proca. Chi sa meno impara,
chi sa di più può ancora cre-
scere confrontandosi con al-
tre realtà» dice ancora Forni.
Che insiste: «Ma bisogna fare

dei passi in avanti». Il primo
sarebbe del Comune, nei con-
fronti del quale il giudizio
non è dei più lusinghieri.
«Questa vicinanza tra ammi-
nistrazione e occupanti non
ha prodotto i risultati spera-
ti: c’è poca creatività, la strut-
tura ha bisogno di pesanti in-
terventi di recupero» insiste
Forni. Che, da esperta di di-
namiche sociali dal punto di
vista urbanistico, rimprove-
ra al Comune due cose. La pri-
ma: «Le istituzioni dovrebbe-
ro avere la capacità di valuta-
re se è un bene o no che la Ca-
vallerizza sia ridotta così co-
me è oggi, e questo non è sta-
to fatto». La seconda è l’im-
mobilismo: «Il Comune ha
scelto una posizione attendi-
sta. Ed è sbagliato: bisogna
crescere. Sennò si spreca tut-
to». In tutta questa storia c’è
un «ma», anzi, ce n’è più di
uno. «Ma la struttura» non è
tutta della città. Come si può,
allora, fare Vienna a Torino?
«Guardi un percorso possibi-
le c’è: il Comune deve ricom-
prare, a rate, a pezzi, la strut-
tura. «Ma i soldi» per fare tut-
to questo? «Si possono trova-
re anche se sono tanti: dal Mi-
nistero, all’Europa, alle fon-
dazioni per la cultura. Ma de-
vi volerlo. Allora sì che gli usi
civici del bene comune avreb-
bero senso».
Sullo sfondo resta quel
senso di inferiorità verso
Vienna, che è pur sempre la
capitale del “fu” impero
asburgico, mentre Torino
ha altre caratteristiche. Poi
però giri pagina. E tornano
le parole degli ideatori di
questo piano: «La città fab-
brica non c’è più. Sogniamo
la cultura e poi abbandonia-
mo o proviamo a vendere la
Cavallerizza. Assurdo. Il Co-
mune si riprenda tutto: c’è
un mondo culturale che è
pronto ad impegnarsi». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

CRISTINA INSALACO


E


velina Christillin è
stata presidente del
Teatro Stabile quan-
do la Cavallerizza
era ancora uno dei cuori cul-
turali più importanti della
città, con un calendario di
spettacoli come l’omaggio a
Guido Ceronetti che veniva-
no ospitati nelle sale di via
Verdi. Il suo mandato è dura-
to dal 2007 al 2015, e quan-
do si è insediata, il Teatro
Stabile aveva casa al Cari-

gnano, al Gobetti, alle Fon-
derie Limone, al Teatro Vit-
toria, e nel maneggio, nella
manica lunga e nella mani-
ca corta della Cavallerizza.
«A quel tempo la Cavalle-
rizza ospitava i nostri spetta-
coli della stagione, ed era
molto utilizzata per le prove


  • racconta Evelina Christil-
    lin - Poi è iniziato un progres-
    sivo decadimento».
    Nel 2012 scade la conven-
    zione con il Comune e lo Sta-
    bile comincia a ragionare se
    sia il caso di rinnovarla. Nel
    2013 il Teatro lascia gli spa-
    zi del Maneggio e della Ma-


nica Lunga e Corta per alme-
no tre motivi: «Il Comune,
che anni prima finanziava
lo Stabile con 9 milioni di eu-
ro complessivi, aveva abbas-
sato il budget a circa la metà


  • spiega Christillin - Noi nel-
    lo stesso momento aveva-
    mo richiesto una perizia per
    i lavori di messa in sicurezza
    e riqualificazione. Ci era sta-
    to detto che la cifra iniziale
    da investire era di 150 mila
    euro. Il Comune aveva ri-
    chiesto un’altra perizia per
    gli stessi motivi ela cifra era
    salita a 600 mila euro per
    mettere a norma l’edificio a
    rischio cedimenti. Oltre che
    e rifare, tra le altre cose, an-
    che gli impianti. A tutto que-
    sto si aggiungeva il rischio
    di acquisto della struttura,
    che nel frattempo era stata
    messa in vendita». Così si è
    optato per rinunciare a ma-
    lincuore agli spazi di via Ver-


di, ricollocando gli spettaco-
li di una stagione già orga-
nizzata.
Nel 2014 c’è poi stata la
prima occupazione, «che
non sarebbe di certo avvenu-
ta - aggiunge - se noi non ce
ne fossimo andati». «Tra il
2014 e il 2015 ho partecipa-
to a diversi tavoli di lavoro
sul futuro della Cavalleriz-
za, ma alla fine non è mai sta-
ta trovata una soluzione».
Lei per il futuro di questa
struttura ha molte speran-
ze. Ma quella principale è
che «torni a essere un cuore
pulsante della città». E ag-
giunge: «Mi auguro che pos-
sa diventare una cittadella
della cultura, intesa come
luogo del teatro, delle arti vi-
sive e performative, della
musica. Aperta soprattutto
ai giovani artisti e alle com-
pagnie esordienti». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Dopo l’incendio
sulla Cavallerizza
Reale faro acceso
del ministro
Dario Franceschini

CAVALLERIZZA” IRREALE”


IL COMITATO


DEGLI OCCUPANTI


MARIA LUISA COPPA


PRESIDENTE ASCOM


GIUSEPPE CONTE


PRESIDENTE


DEL CONSIGLIO


ELISABETTA FORNI


DOCENTE DI SOCIOLOGIA


E ARCHITETTURA


“Il caso Cavallerizza


non tocca solo la città”


L’aiuto del governo


per il gioiello sfregiato


Pagliere sgomberate, da decidere il futuro dell’area

I vigili del fuoco cercano l’innesco del rogo

Il sogno: la Cavallerizza come il Museumsquartier di Vienna

RETROSCENA


Il MuseumsQuartier è il modello per istituzioni e architetti che credono nei beni comuni

“Può diventare un polo

all’altezza di Vienna

Ma bisogna fare in fretta”

IL PATRIMONIO CULTURALE A RISCHIO IL PATRIMONIO CULTURALE A RISCHIO


Quel che resta del tetto del magazzino delle Pagliere distrutto
lunedì mattina dal rogo

Le porte del polo
impropriamente
murate, si va avanti
Pronti per il festival
del 25 ottobre

Bisogna ribellarsi
all'incuria. Non
possiamo perderci
dei pezzi del nostro
patrimonio culturale

Chi ora occupa impropriamente quei locali
non ha né strumenti, né capacità di pensare
ad un futuro vero, da bene comune
di quel posto. E il Comune ha scelto
una posizione attendista: ha sbagliato

Evelina Christillin

*


*


Un lettore scrive:


«In un articolo sul nuovo nego-
zio di abbigliamento che apri-
rà a Torino in piazza San Car-
lo, viene citato lo storico nego-
zio dei Fratelli Paissa. Gli stes-
si fratelli venivano citati in un
articolo in merito al negozio
Biraghi che ne prenderà il po-
sto.
«I fratelli Paissa non esistono
né sono mai esistiti.
«Esisteva invece P.A.I.S.S.A.,
Prodotti Alimentari Italiani e
Stranieri Società Anonima.
Se capitate al bar dell’hotel
Delle Alpi di Prali c’è un gra-
zioso quadro che incornicia
una fattura di P.A.I.S.S.A. risa-
lente se non ricordo male ad
un’epoca tra le due guerre.


«Torino ha perso diversi pezzi
storici, ha perso la vetrina ric-
ca di leccornie e di immense
scatole di cioccolatini con la
carta di tutti i colori, che in
particolare si potevano ammi-
rare durante le passeggiate
nel periodo natalizio.
«Facciamo in modo che Tori-
no non ne perda anche il ricor-
do...».
«Cordiali saluti!».
RENATO ALBANO

Un lettore scrive:
«Ennesimo tragico incidente
sulla ex statale 460 dove ha
trovato la morte Denise, ra-
gazza della stessa età di mia fi-
glia. Sono profondamente ad-
dolorato per i genitori di que-
sta ragazza. E' assolutamente
scandaloso che a San Mauri-
zio siano stati installati ben
cinque postazioni per autove-
lox senza che vi siano ragioni

di sicurezza evidenti e sulla ex
460 non sia mai stato fatto nul-
la, nonostante i morti si conti-
no ormai a decine. Mi chiedo
con quale criterio si decida la
pericolosità di una strada e la
sua messa in sicurezza».
GIANCARLO RIVA

Una lettrice scrive:
«Piscina Parri quando l’ineffi-
cenza va oltre l immaginabile.

Chiusa per molti mesi, riaper-
ta e richiusa per un problema
tecnico. Ora funziona solo dal
lunedì al venerdì dalle 9 alle
14 e solo per il nuoto libero. Sa-
bato giornata per molti libera
da impegni è chiusa. Dei corsi,
già iniziati in tutte le piscine,
non ne sanno nulla. Pare non
ci sia la volontà di farla funzio-
nare in modo adeguato all’am-
pia richiesta degli sportivi.
MARTA

Un lettore scrive:
«È possibile che un collega-
mento di qualche centinaia di
metri tra corso Venezia e la su-
perstrada di Caselle sia fermo
da più di dieci anni? Tutta la
zona andrebbe rivista compre-
so l'impossibilità di raggiunge-
re facilmente la stazione Re-
baudengo di tutta l'eventuale
utenza di Barriera di Milano.
Ora che ci sono i lavori su Cso
Grosseto completate quel trat-
to, collegate via Sempione, al-
largate sul passante la rotondi-
na di via Breglio e la viabilità
di via Fossata anche alla luce
di una possibile nuova auto-
stazione di bus company. Ma
fate presto! ».
GERMINARIO FRANCESCO

Specchio dei tempi

«I fratelli Paissa non sono mai esistiti» - «Nessuno pensa alla statale della morte»
«La brutta storia della piscina Parri» - «Un collegamento che aspetta da anni»

UN LASCITO A SPECCHIO DEI TEMPI, IL RICORDO NEL TEMPO - http://www.specchiodeitempi.org/eredita - [email protected] - info: 011.6568376

40 LASTAMPAMERCOLEDÌ23 OTTOBRE 2019


CRONACA DI TORINO


T1 PR

Free download pdf