Corriere della Sera La Lettura - 15.09.2019

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54 LALETTURACORRIEREDELLASERA DOMENICA15SETTEMBRE2019


MaschereTeatro


diFRANCOCORDELLI

I


nuna giornata riccadi eventi,co-
me le altredella XIV edizione di
Short Theatre,centrale era100%
Popdellacoreografa, nata nello
Zimbabwe, Nora Chipaumire: più
unconcerto che una performance dedi-
cataaGraceJones. Ne ho già riferito
(«Corriere della Sera», 12 settembre)co-
me di spettacolo per me alieno.
Se per Nora Chipaumire tutti gli spet-
tatori erano in piedi, in altra stanza del
Wegil, il palazzettoromano progettato
da LuigiMoretti negli anni Trentaeri-
messo a nuovo dallaRegione Lazio que-
st’anno, non più dicento-centoventi
persone erano,con poche eccezioni, se-
dute perterra, su cuscini. In quei cuscini
c’era qualcosa dell’Oriente che Manuela
Cherubiniveniva evocando attraverso le
parole di Nawal Al-Sa’dawi: una scrittri-
ceegiziana diottantottoanni: medico,
psichiatra, militantefemminista, rivolu-
zionaria (mesi nellecarceri di Sadat nel
1981).
Nonostante di Nawal Al-Sa’dawi abbia
lettodue libri,Memoriediunadonna
medicoeFirdaus,ancheBurningPlay
(il titolo dello spettacolo)come100%
Popè rimasto per me alieno. Secondo le
parole di presentazioneBurningPlay
parte da «unacommedia che non si può
rappresentare.Perchéèstata distrutta
colfuoco», cioè sottopostaacensura.
Non ne esiste che laversione inglese. Di
fatto lo spettacolo di Manuela Cherubini
e delle sue due partner, la traduttrice e
attrice Simonetta Solder e la performer
e coreografa Gaia Saitta, è iltentativo di
ricostruzione di «una mappa incomple-
ta fatta di tracce e frammenti».
Dietro un piccolo tavolo e davanti a un
grande schermo sul qualevengono pro-
iettati gli interventi grafici di Alessia
Panfili, Cherubini-Solder-Saitta si limi-
tano a leggere pagine della scrittrice egi-
ziana. Solo cinquantacinque minuti, ma
ben presto stucchevoli —come ampia-
menteprevedibili per noi lettori euro-
pei, risultanoMemoriediunadonna
medicoeFirdaus. Sono storie di donne
ribelli, tanto la dottoressa quanto la pro-

stituta Firdaus,colei che per amore della
verità affronterà la morte. Firdaus non
ha «paura dellaverità che uccide, la pau-
ra dellaverità,feroce, semplice eterribi-
le come la morte».
In quantoalle interpreti, ne ricono-
sciamo la nobiltà degli intenti, ma se lo
spettacolo dovevaessereunaconferen-
za-spettacolo, meglio che dietro al tavo-
lo cifossero uno Sgarbi, un Cacciari, un
Giuseppe Conte(vuoi il poeta ligure
vuoi il premier pugliese).

Abbiamocambiato spazio. Siamo alla
Pelanda, qui non ci sono stanze, ci sono
spaziteatrali,con scalinate e quanto oc-
corre. Ma non abbiamocambiatosolo
spazio, anche genere.Speranzacontro
Speranzadi Alessandra Di Lernia e pro-
dottodall’Accademia degli Artefatti
sembra un prodottonon proprio anti-
quato, ma all’antica. È ciò che si chiama-
va teatro di prosa, è scrittura, è dialogo,
ci sono attori in scena cherecitano. E
non solo:c’è anche untesto inedito,c’è
una scrittrice al suo quintotesto.
Alessandra Di Lernia, natacome ara-
bista, sièconvertita alteatrodiprosa
perché ritiene che un’azione intellettua-
le possa essere un’azione politica e poli-
tico è il suotesto, in senso lato, in ogni
senso.
In scenac’è una sedia inclinata, siamo
nella stanza di un ospedale. Sulla sedia
una donna tiene lunga distesa, e visibile,
una gambacon una piaga.Un’amica vie-
ne in visita. Il dialogo tra l’una e l’altra al-

l’inizio è dettato dalle circostanze, parla-
no dellafebbre, di quanto essa siavaria-
bile durante la giornata.Poi iltono si al-
za. Ma la lingua, in cuiconsistela
peculiarità e laforza dellacommedia, la
lingua è quotidiana, è quella che parlia-
mo tutti, ogni giorno, avoltecon atten-
zione, avolte acasaccio, avolte bene, a
volte brutalmente. Iltono, dunque, si al-
za. Entrano in scena tre uomini incami-
cebianco: sono Darwin, Hegel e Lacan.
Lacan dice la fraseconclusiva: la clinica
è morta, tutto è sociologia. Ma i tre uo-
mini appartengono al passato,cadono a
terra, sono morti.SperanzacontroSpe-
ranzaè lotta del presentecon un passato
che nonc’è più. Ma questo non è l’unico
conflitto. Eccone subitounaltro. La
donnavelata di nero,ovvero una cultura
diversa, che al nostropassatoeuropeo
sembra appartenere, disputacon le due
amiche, quella malata e quella sana. Fin-
ché anche lei,come messa tra parentesi,
se neva.Èl’ora dei mediciveri, quelli
che eseguiranno un’altra operazione. La
donna che noncammina, che percam-
minare deve essere aiutata, esce di sce-
na. Nonresta che l’amica, la donna che
non riesce a sottrarsi al dolore degli al-
tri. Metterebbe sé stessa al posto di chi è
scomparso, in sala operatoria entrereb-
be lei,volentieri. Il suo monologo finale
èuna preghiera. «È che io soffro. Pro-
prio un problema personale.Un’idiosin-
crasia.Ameildolorealtrui fa male. O
forse ècome se lo attirassi. Ho un iper-
troficoricettoredel doloredegli altri».
Alessandra Di Lernia è la donna malata.
Costanza Cosi è,toccante,vera, l’amica
che prega.

Lafortuna di un artista è imprevedibi-
le e una quantità divolte occasionale. I
premi chevengonoalui attribuiti so-
no... non so quel che sono,amesem-
brano puracasualità econcorso di circo-
stanzepiùomeno dubbie. Né si può
giudicare un artista da una sua sola ope-
ra.

Questa premessa per dire del mio stu-
pore di fronte all’Augustodi Alessandro
Sciarroni, in scena all’Argentina, an-
ch’esso nel programma di Short Thea-
tre, ma anche nella rassegna Grandi pia-
nuresponsorizzata dalTeatrodiRoma
(poco più di uncentinaio gli spettatori al
Wegil e allaPelanda, quasi unacomuni-
tà, quattrocentoeoltreall’Argentina).
Stupore, perché?Augustoviene presen-
tatocome l’operacentrale della rasse-
gna.
Sciarroni ha appena ricevuto il Leone
d’Oroalla Biennale Danza diVe nezia. E
tuttaviaAugusto(il titolo si riferisceal
clown straniato, impacciato) è uno spet-
tacolo chevorrei senza infingimenti e
cautele definireintellettualistico, pre-
tenzioso, un’offesa al buon gusto e all’in-
telligenza. Non solo, è anche tremenda-
mentenoioso. In scena noveballerini
guardano in quinta, allineati.Uno di essi
si alza ecomincia acorrere lentamente
tracciando una traiettoria circolare.Uno
dietrol’altroloseguono gli altriotto.
Procedono in modo uniforme. Sirompe
la fila. Dopo quindici minuticomincia la
musica diYesSoeur!

Inoveballerini-performer (cosìven-
gono designati, poiché Sciarroni non è
un mero coreografo, è unperformingar-
tist) oracorrono, sempre girando intor-
no allo spazio scenico. Dopoventicin-
que minuti si prendono le mani,forma-
no unacatena. Fin dall’inizio si sono
sentite, prima flebili, poi accentuate, le
lororisa: sorridevano, ridevano, ridac-
chiavano.Poiscoppiano in una risata
collettiva. Sifermano. Continua a ridere
solo una danzatrice, lì alcentro. Si tiene
la pancia. Gli altri, che si erano placati,
subiscono ilcontagio. Ricominciano a
ridere. Si mettono le mani sul petto dalle
risate. Alzano le braccia. Le allargano in
croce. Si piegano in ginocchio (sonoca-
duti aterra per quanto avevano da ride-
re). A furia di ridere, si schiaffeggiano le
gambe. Buttano le gambe in aria (una
sola). Si piegano in due, spingendo il
bustoinavanti (per le risate).Poisono
immobili,tutti quanti.Tacciono. Guar-
dano nel vuoto.Ascoltano,forse sono
sorpresi.Unodiloroèinginocchio, a
terra, si prende latesta tra le mani.Sta
piangendo.
L’Augusto alla fin fine piange. Ma poi-
ché la vita non ha senso, si può sempre
ridere.Unballerino, che ora non balla, si
avvicina alcompagno che piange. Si in-
ginocchia davanti a lui e poco a poco gli
riporta il sorriso sulle labbra. E poiché,
come abbiamo detto, il riso provoca
contagio, tutti ricominciano a ridere e si
uniscono in linearetta e avanzanoverso
il pubblico — per gli applausi subito do-
po quell’attimo di buio.
©RIPRODUZIONERISERVATA

Nonc’ènientedaridere


«Augusto»è un’offesa


FestivalFrancoCordellihavistoalcunispettacolidellarassegnaromanaShortTheatre.Risultato?Sconfortante.Alcune


prestazionialiene,altrenobilinegliintentimaimproponibili,altreancora(comequelladelLeoned’OroSciarroni)noiose


Fra le tanteconseguenze dell’inizio della
Seconda guerra mondiale, nel 1939, ci fu
anche la chiusura di uno straordinario flusso
artistico che per vent’anniaveva portato i
maggiori jazzisti Usa inEuropa. Alcuni, vedi

Coleman Hawkins e Benny Carter, ci rimasero
anni: soprattutto i neri, che amavano un
continente dovecome uomini e artisti non
subivano le umiliazioni della madrepatria.
Finché ifascismi non parvero prevalere.

{


Noteblu
diClaudioSessa

Finedell’etàdeljazz

Larassegna
Il festival di arti
performative Short Theatre
si è svolto aRoma dal 6 al
14 settembre. La rassegna,
realizzata dall’associazione
culturale AREA06,con la
codirezione diFabrizio Arcuri
e diFrancescaCorona, ha
debuttato nel 2006. In
programma spettacoli,
performance, installazioni,
incontri,concerti e dj set,con
protagonisti della scena
nazionale e internazionale.
Short Theatre indaga i
linguaggicon cui si
esprimono le arti
performative, immaginando
nuove affinitàgenerazionali,
geografiche e culturali
Leimmagini
Nellafotogrande di questa
pagina: un momento della
coreografiaAugustodi
Alessandro Sciarroni. Nella
pagina a fianco,dall’alto:
uno scatto da100%Popdi
Nora Chipaumire; unafoto
daBurningPlaydi Manuela
Cherubini e un’altra da
SperanzacontroSperanzadi
Alessandra Di Lernia (foto di
ClaudiaPajewski)


i


Parole,parole,parole
«“BurningPlay”èuna
conferenza.Maallora
megliochiamareSgarbi,o
Cacciari,oGiuseppeConte:
siailpoetasiailpremier»

SSS

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