54 Panorama | 18 settembre 2019
DESTINI PERSONALI
dimostrare che molte delle scelte che
facciamo avvengono alcune centinaia
di millisecondi prima che ne siamo
consapevoli. Questo filosoficamente
potrebbe significare che non esiste il
libero arbitrio. Invece non è così. La
nostra mente è il nostro cervello. Esiste
solo un io biologico. Siamo noi gli unici
responsabili del bene e del male.
Nel libro non dà mai una definizione
di male.
È una categoria dai confini incerti.
Cercare di darne una definizione è
impossibile e non è utile alla ricerca
scientifica. Nella mente di un serial
killer ci sono le stesse cose che si
trovano nella mente di tutti, solo
elaborate in maniera diversa. Questo
processo ha una matrice biologica.
Dobbiamo capire qual è questo tipo
di elaborazione, che non è frutto
di un’eredità genetica ma che è
responsabile dei nostri comportamenti.
A questo non si è ancora arrivati?
No, però abbiamo intravisto che
esiste.
Ma un giorno sconfiggeremo la
malvagità?
Sono un pessimista realista. Dobbiamo
riconoscere che esiste il male, che
si è evoluto con il genere umano e
continuerà a evolversi. Dobbiamo
avere il coraggio di identificarlo, di
affrontarlo. Non dobbiamo illuderci
che tra cent’anni avremo una società
perfetta. Non sarà così.
Violenza, crudeltà... perché ne siamo
morbosamente attratti?
Questo interesse in fondo è un segno
positivo. Migliaia di anni fa conoscere
il pericolo significava sopravvivere.
Oggi abbiamo altri strumenti.
Possiamo guardare il male, metterlo in
discussione e forse anche evitarlo.
Esistono i cosiddetti «dormienti»,
come li definì il sociologo
dell’Olocausto John Steiner,
individui inclini a una violenza
latente che può innescarsi in
determinate condizioni?
C’è gente più predisposta alla malvagità
e ci sono i segni per capirlo. Spesso
sono individui che hanno subìto abusi
e violenze quando erano piccoli o
vivono in un alienante isolamento in
grandi città. Queste persone possono
nel tempo diventare pericolose. Però
anche loro non sono nate così.
Alla fine non ha senso, dunque,
parlare di «geni del male»...
No. L’idea della mela marcia ci porta
a pensare che qualcosa di innato
nell’individuo sia responsabile dei suoi
comportamenti cattivi. Non è così.
Come si confrontano religione e
genetica su questo tema?
Per tracciare il profilo genetico
di Lucifero è utile partire da una
domanda fondamentale: cosa ci
rende umani? In ambito religioso
l’uomo si è sempre dibattuto nella
lotta tra questi due estremi. A
cominciare da Sant’Agostino, il tema
del male è stato centrale. Ma in realtà
la descrizione delle sue fondamenta
nelle religioni non è poi così distante
da quella data in termini epigenetici.
Nonostante le molte divergenze, c’è
spazio per un dialogo costruttivo.
Allora «l’uomo non è in verità uno,
ma duplice», come scriveva Robert
Louis Stevenson in Lo strano caso
del Dr. Jekyll e Mr.Hyde?
Siamo il risultato di una grossa
interazione biologica. Alla fine
nessun cervello è immune dal male. ■
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Una scena tratta dalla serie
americana Mindhunter, su Netflix,
che esplora la mente dei serial
killer e le derive della psiche.
Massimo Sebastiani, definito
«il gigante buono», che lo scorso
25 agosto ha strangolato in un
pollaio l’amica Elisa Pomarelli.
Ansa - Netflix/Courtesy Everett Collection / Everett Collection