Il Sole 24 Ore - 12.09.2019

(Joyce) #1

Il Sole 24 Ore Giovedì 12 Settembre 2019 19


Mondo

Israele, il voto che l’America


di Trump aspetta con ansia


INFLUENZE RECIPROCHE


Il ritorno alle urne martedì


vede Netanyahu in difficoltà


Casa Bianca più defilata


Il ruolo di Adelson, magnate


dei casinò di Las Vegas,


a sostegno del premier


Roberto Bongiorni


Impossibile ignorarlo. L’enorme ma-


nifesto elettorale, che ricopre la fac-


ciata di un palazzo di  piani a Tel


Aviv, racconta efficacemente lo stret-


to legame tra il premier israeliano,


Benjamin Netanyahu, ed il presidente


americano Donald Trump. Sorriden-


ti, i due leader si stringono la mano.


Ai ferri corti con Barack Obama, Bi-


bi il falco, premier ininterrottamente


dal , ha trovato in Donald un


grande sostenitore della sua linea po-


litica. E Trump non si è mai curato di


nasconderlo. Solo cinque mesi fa, sa-


lutò così la vittoria elettorale di Ne-


tanyahu: «Un grande alleato e un


grande amico. Mi congratulo con lui».


Al di là delle parole, il sostegno di


Trump si era concretizzato in tre


grandi regali che hanno agevolato la


campagna elettorale del leader del


partito conservatore Likud. Prima, nel


dicembre del , ha annunciato il


riconoscimento di Gerusalemme co-


me capitale di Israele. Poi, nel maggio


del , è stata la volta della clamoro-


sa uscita degli Usa dall’accordo sul


nucleare iraniano, e la conseguente


ripresa delle sanzioni contro Teheran.


Infine, a sole a due settimane dal voto,


ricevendo Bibi alla Casa Bianca,


Trump ha firmato il riconoscimento


della sovranità israeliana sulle Alture


del Golan, il territorio strappato da


Israele alla Siria nella guerra dei sei


giorni (), ed annesso ufficialmen-


te da Gerusalemme nel . Tre deci-


sioni che hanno profondamente irri-


tato gran parte della Comunità inter-


nazionale, in prima linea Ue e Onu.


Nessun presidente americano è mai


stato tanto generoso con un premier


israeliano. Raggiante, Netanyahu, in


giugno ha cambiato il nome a un pic-


colo insediamento. Non più Bruchim,


come si chiamava, bensì Ramat


Trump, le Alture di Trump.


Dopo soltanto cinque mesi, gli


israeliani torneranno nuovamente al-
le urne. In aprile Netanyahu ha vinto

le elezioni, ma non è riuscito a forma-


re una coalizione di maggioranza alla
Knesset (almeno  seggi su ). Sta-

volta la sfida tra il Likud e il partito


centrista “Blu- Bianco”, guidato dal-
l’ex capo di stato maggiore Benny

Gantz è ancor più serrata (i sondaggi
danno in lieve vantaggio Gantz).

Eppure , finora il silenzio di Trump


è stato quasi assordante. Nessun re-
galo elettorale a Bibi, nessuna parola

di incoraggiamento. Nessuno com-


mento neanche all’estremo tentativo
fatto martedì da Netanyahu per gua-

dagnare consensi: l’annuncio di voler


annettere la valle del Giordano (di cui
/ sono Territori palestinesi della Ci-

sgiordania), e gli insediamenti a Isra-


ele. Netanyahu ha precisato di averlo
concordato con la Casa Bianca.

Sembra che Trump, a cui piace so-


stenere i cavalli vincenti, abbia subo-
dorato che qualcosa potrebbe non an-

dare come previsto. E cominci a pren-


dere le distanze dall’amico Bibi. Il
quale, se non vincesse le elezioni po-

trebbe presto essere incriminato per


tre casi di corruzione. Su un altro stra-
tegico argomento - il dossier nucleare

iraniano - Trump pare allontanarsi


dall’oltranzismo di Bibi. Quasi avesse
compreso che un accordo con l’Iran è

di gran lunga preferibile ad una gran-


de guerra mediorientale. La disponi-
bilità, di voler incontrare il presidente

iraniano Hassan Rouhani, forse già


tra pochi giorni all’Assemblea gene-
rale dell’Onu, è vissuta come un tradi-

mento dall’entourage di Netanyahu.
Al quale non ha fatto presumibilmen-

te piacere un’altra mossa di Trump; il


licenziamento del suo Consigliere alla
sicurezza nazionale, John Bolton,

l’uomo anti-Iran.


Ben inteso. Trump non può fare a
meno di Netanyahu. Per una serie di

ragioni. La nuova politica americana


in Medio Oriente, affidata da Trump
a suo genero, Jared Kushner,  anni,

ebreo conservatore molto vicino a


Netanyuahu, appare in linea con
quella condivisa da Bibi: isolare l’Iran

e creare un blocco di monarchie sun-


nite, guidato dai sauditi, da contrap-
porre a Teheran. Scegliere i sauditi co-

me partner strategici (in sicurezza ma


anche in lucrosi affari con gli Usa),


non sembra aver infastidito più di


tanto Netanyahu. Trump ha bisogno
di Bibi anche per ragioni squisita-

mente interne. Molti dei suoi finan-


ziatori vedono di buon occhio un’altra
conferma di Netanyahu. Primo fra

tutti l’ebreo americano Sheldon Adel-


son. Il magnate dei casinò di Las Ve-
gas, terzo uomo più ricco degli Stati

Uniti, è uno stretto amico del premier


israeliano nonché un sostenitore del-
la sua linea politica. Senza Netanyahu

il misterioso piano di pace che lo stes-


so Trump ama definire «l’accordo del
secolo» rischia di naufragare. Se così

accadesse, sarebbe uno schiaffo alla


credibilità di Trump. Capace di riflet-
tersi negativamente sulla sua immi-

nente campagna elettorale.


L’esito delle elezioni americane ha
sempre avuto una grande influenza

sulla politica israeliana. Basti pensare


che uno dei candidati alle presiden-
ziali del  per il Partito Democrati-

co, Bernie Sanders, ha aperto alla pos-


sibilità di tagliare gli aiuti militari
americani a Israele, , miliardi di

dollari all’anno, se dovesse vincere. Le


elezioni della piccola Israele potreb-
bero avere un impatto anche su quelle

del suo grande e potente alleato.


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REUTERS

Verso il voto. Il manifesto elettorale che si riflette sul finestrino di un autobus recita: «Netanyahu, su un altro livello»


Nel ° anniversario degli


attacchi alle Torri Gemelle
Ayman al-Zawahiri, leader di al-

Qaida, ha esortato i musulmani


ad attaccare obiettivi americani,
europei, israeliani e russi

L’11 settembre


Rispunta il capo


di al-Qaida:


«Attaccare


l’America»


Il premier canadese Justin


Trudeau ha aperto ieri
formalmente la campagna

elettorale per le elezioni


politiche del  ottobre
sciogliendo il Parlamento

Canada


Trudeau lancia


la campagna


per le elezioni


del 21 ottobre


Justin Trudeau
Leader liberale
e premier dal 2015

L’ANNESSIONE PROMESSA DA NETANYAHU


Cisgiordania, la condanna araba


Il giorno dopo la clamorosa
promessa elettorale fatta dal

premier israeliano Benjamin


Netanyahu - se vincerò annetterò a
Israele la valle del Giordano e gli

insediamenti israeliani in
Cisgiordania - sono arrivate le

condanne del mondo arabo e le


preoccupazioni di quello
occidentale.

«L’annuncio costituisce uno


sviluppo pericoloso ed è una nuova
aggressione di Israele», recita un

comunicato diffuso dalla Lega


Araba al termine di una riunione
straordinaria. «La promessa

elettorale di Netanyahu, che sta


dando messaggi illegali e
aggressivi prima del voto, è quella

di uno Stato razzista che pratica


l’apartheid», ha detto martedì il
ministro turco degli Esteri Mevlut

Cavusoglu. Dura, questa volta, la


posizione di Riad, che ha
«condannato e respinto in modo

categorico» le dichiarazioni di


Netanyahu. La Giordania, che 


anni fa firmò un trattato di pace con


Israele, ha sottolineato come l’idea
metta in pericolo il piano di pace in

Medio Oriente. Critiche ancora più


dure sono arrivate daIran e Siria.
«La Francia invita tutte le parti

ad astenersi da ogni misura che


possa pregiudicare la soluzione a
due Stati» ha precisato il ministero

francese degli Esteri. L’iniziativa di


Netanyahu «compromette le
prospettive di una pace duratura» ,

ha reso noto la Ue. Dura la


posizione dell’Onu: «Ogni
decisione israeliana di imporre

leggi, giurisdizione e


amministrazione nella
Cisgiordania occupata non ha

effetti legali internazionali». In un


clima di crescente tensione martedi
notte l’aviazione israeliana ha

effettuato raid contro la Striscia di


Gaza da cui erano stati lanciati poco
prima due razzi contro Israele.

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LA GIORNATA


Nel rimpasto con cui il premier Abe ha cambiato più della
metà dei ministri, spicca l’ingresso nell’esecutivo come

ministro dell’Ambiente di Shinjiro Koizumi, figlio dell’ex


carismatico premier Junichiro. A  anni, Shinjiro è il terzo
pià giovane ministro del dopoguerra: considerato da molti

un futuro candidato per la premiership, ha di re-
cente aumentato la sua già vasta popolarità me-

diatica annunciando in diretta le sue nozze con la


personalità televisiva franco-giapponese Christel
Takagawa. Come titolare delle politiche ambien-

tali in un esecutivo a favore del nucleare, Shinjiro


si troverà in una posizione difficile con il padre,
diventato uno strenuo oppositore dell’energia

atomica dopo Fukushima. Per lui è pront auna


grana: il suo precedessore Yoshiaki Harada que-
sta settimana ha suscitato proteste nel mondo per

aver avanzato l’idea di uno scarico in mare di par-


te dell’acqua stoccata alla centrale danneggiata e
non del tutto decontaminata dalla radioattività.

Tra gli altri nuovi ministri, abbondano politici


molto vicini a Abe e considerati con sentimenti «di destra».
Confermato Taro Aso alle Finanze, Taro Kono è stato spo-

stato dagli Esteri alla Difesa. Passa dall’Economia


agli Esteri Toshimitsu Motegi, mentre al Ministero dell’In-
dustria e Commercio si insedia Isshu Sugawara.

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L’Ungheria di Viktor Orban sta lavorando per riallacciare
le relazioni diplomatiche con la Siria e potrebbe arrivare

a riaprire la sua ambasciata a Damasco. Ancora una volta


Budapest sta dunque seguendo una linea divergente ri-
spetto ai principali Paesi della Ue che hanno deciso di

mantenere le distanze dal regime autoritario di


Bashar al-Assad e hanno negato i finanziamenti
per la ricostruzione del Paese mediorientale fi-

no a quando la Siria non avvierà una fase di tran-


sizione concordata verso la democrazia. Secon-
do fonti diplomatiche - riportate dal Financial

Times - da Bruxelles sarebbero già state inviate


richieste di chiarimenti al governo magiaro. La
Repubblica Ceca è l’unico Paese della Ue che ha

mantenuto il proprio ambasciatore in Siria an-


che durante la guerra civile. La Romania ha un
ambasciatore per la Siria con sede nella capitale

libanese Beirut; la Bulgaria ha una rappresen-


tanza economica che fa da ambasciata. Al di fuo-
ri della Ue, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti hanno

già riaperto le ambasciate in Siria. Orban, leader della de-


stra populista al potere in Ungheria, sta cercando di accre-
ditarsi, in patria e in Europa, come il difensore del Cristia-

nesimo nel mondo, ha più volte sottolineato il contributo


dato nella tragedia umanitaria siriana e ha incontrato i
rappresentanti delle diverse comunità cristiane in Siria.

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UNGHERIA


Orban pronto a riaprire


l’ambasciata in Siria


ASTRO NASCENTE


Rimpasto a Tokyo,


entra il figlio di Koizumi


Strategia
divergente.

Viktor Orban


contro la Ue
anche sulla Siria

Figlio d’arte. 38


anni, figlio dell’ex


premier Junichiro,
è considerato un

futuro premier

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