Il Sole 24 Ore Giovedì 12 Settembre 2019 3
Primo Piano
GEOPOLITICA
La sfida di Pechino,
dalle vie della Seta
alla finanza globale
La mossa s’inserisce
nelle scelte strategiche
di espansione della Cina
Vittorio Carlini
Hong Kong e Londra. Un’eventuale
liason che, seppure la Borsa asiatica
già dal possieda il London Metal
Exchange, apre prospettive finora im-
pensate. Scanari che, con le lenti della
geopolitica, possono trovare una loro
più chiara interpretazione.
Tra gli obiettivi «della mossa del li-
stino di Hong Kong - spiega Alessan-
dro Aresu, direttore scientifico della
Scuola di Politiche - c’è certamente
quello di mantenere, da parte dell’ex
colonia britannica, lo status di poten-
za finanziaria». «La Cina -fa da eco
Alessia Amighini, codirettore del pro-
gramma Asia dell’Ispi - va effettuando
la diversificazione dei suoi hub finan-
ziari», potenziando Shenzen e Shan-
gai. Un contesto, seppure di lungo pe-
riodo, dove la centralità del listino di
Hong Kong è destinata a diminuire. A
fronte di un simile scenario ben può
capirsi la mossa di quest’ultimo. Il
quale peraltro, «proprio per fronteg-
giare il rischio di essere spinto sullo
sfondo del palcoscenico, potrebbe es-
sersi addirittura mosso non in totale
sintonia con il Governo centrale».
Ma non è solamente una questione
di Hong Kong. È rilevante lo stesso
ruolo della City londinese. «La situa-
zione va mutando» ricorda Amighini.
Vale a dire? «Londra, con riferimento
ai capitali in arrivo dal Far East, è sem-
pre stata la testa di ponte per investire
in Europa». Nell’eventualità sempre
più concreta che la Gran Bretagna lasci
l’Ue, questo particolare appeal della
capitale inglese viene meno. «Quindi
il potere attrattivo di un’asse britanni-
co/cinese - afferma Aresu - aumenta».
Di là dalle caratteristiche contin-
genti delle due piazze finanziarie è
tuttavia importante sottolineare che
la Cina sta tentando di aumentare la
sua influenza sul mondo Occidentale.
Le vie della Seta (terrestri, marine
e digitali) «mirano - riprende Amighi-
ni - ad aumentare il peso di Pechino
nel mondo, sia sul piano economico
che su quello politico-militare». Ben-
ché venga ufficialmente presentata
come un progetto infrastrutturale, le
vie della Seta «hanno un legame con
l’Esercito Popolare di Liberazione e il
suo braccio navale». In tal senso, la co-
struzione nell’aprile della prima
base navale d’oltremare a Doraleh,
un’estensione del porto di Gibuti,
«fornisce alla Cina accesso a vie marit-
time distanti dal territorio cinese che
hanno permesso alla sua marina di
stabilire una presenza nel Mar Rosso,
avvicinandosi così anche al Mar Medi-
terraneo». È chiaro che la mossa del
listino di Hong Kong bene può inserir-
si in questo contesto d’estensione del-
la propria sfera d’influenza: riuscire a
controllare chi gestisce l’operatività
dei mercati finanziari è una condizio-
ne che attribuisce un notevole potere.
Già, il potere. Rispetto ad esso ri-
sulta essenziale anche il fronte tecno-
logico. «Le società di gestione dei listi-
ni europei - afferma Anna Kunkl, par-
ner di Be Consulting - sono all’avan-
guardia sul fronte dell’innovazione e
dell’efficienza riguardo alla micro
struttura dei mercati. Le Borse del Far
East, come quella di Hong Kong, han-
no tutto l’interesse a realizzare opera-
zioni che le consentano di mettersi al-
la pari rispetto ai nostri standard tec-
nologici». Ciò detto, l’operazione an-
drà in porto? Nessuno ha la sfera di
cristallo. «Washington, però - sottoli-
nea Aresu -, certamente non guarda
con favore una simile opzione. Gli
Usa, ad esempio, hanno fortemente
criticato già nel l’ingresso di Lon-
dra nell’Asian Infrastructure invest-
ment bank voluta da Pechino. A mag-
giore ragione è molto probabile che
tenteranno di contrastare l’operazio-
ne comunicata ieri». Insomma: altra
carne sul “fuoco” della nuova guerra
fredda tra Stati Uniti e Cina.
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Opa da 33 miliardi: la Borsa
di Hong Kong vuole Londra
Il risiko dei listini. Con le buone o le cattive: la piazza asiatica cerca il sì del board dell’Lseg,
ma si riserva di procedere con un takeover, modalità condizionate al ritiro dell’acquisto di Refinitiv
Antonella Olivieri
Una mossa strategica con timing op-
portunistico. È probabilmente questo
il senso dell’offerta preannunciata
dalla Borsa di Hong Kong sul gruppo
London Stock Exchange, di cui da una
dozzina d’anni fa parte anche Borsa
italiana: . pence in contanti e
, azioni dell’Hong Kong Stock
Exchange (che a sua volta, dal ,
è una società quotata) di nuova emis-
sione per un corrispettivo (alle quota-
zioni e al rapporto di cambio del
settembre) di . pence per ogni
azione Lseg, offerta che valorizza la
regina delle Borse europee , mi-
liardi di sterline (, miliardi di eu-
ro), per un enterprise value (equity
più debito) di , miliardi di sterline
(l’equivalente di , miliardi di euro).
Un’offerta che al momento non sem-
bra aver scaldato la corteggiata, abi-
tuata, da quando è quotata, a ricevere
proposte di matrimonio mediamente
ogni due anni e mezzo. Tant’è che,
dopo una fiammata iniziale dell’ordi-
ne del %, le quotazioni del titolo
hanno poi ridimensionato il rialzo
della seduta di ieri al ,% con un ulti-
mo prezzo di . pence, ancora di-
stante dalla proposta cinese. Propo-
sta, che la Borsa di Hong Kong pro-
spetta di portare avanti con qualsiasi
modalità (amichevole o meno), pio-
vuta nella City in un momento in cui
il destino della Brexit e le modalità di
uscita del Regno Unito dall’Europa
sono ancora un’incognita tanto pe-
sante da aver lacerato anche le istitu-
zioni britanniche. Con il connesso
strascico d’incertezza che per i mer-
cati è il peggiore dei mali.
Da parte sua, la Borsa di Londra si
è limitata per ora a riferire della «pos-
sibile offerta» di Hong Kong per «ac-
quistare l’intero capitale azionario
dell’Lseg», definendola «non solleci-
tata, preliminare e altamente condi-
zionata». Insomma, non proprio un
benvenuto. Il board dell’Lseg, di cui
fanno parte anche ad e presidente di
Borsa italiana, Raffaele Jerusalmi e
Andrea Sironi, «considererà la propo-
sta e farà ulteriori annunci a tempo
debito», precisa comunque l’asciutta
nota che ribadisce, a scanso di equivo-
ci, il proprio impegno sull’acquisizio-
ne in corso di Refinitiv - l’ex divisione
financial e risk di Thomson Reuters -
che si ripromette di portare per no-
vembre all’attenzione dei suoi azioni-
sti, per ottenerne l’approvazione.
Un punto delicato quest’ultimo,
perchè con Refinitiv - che darebbe se-
guito a una strategia di rafforzamento
del gruppo nei dati con un’acquisizio-
ne da miliardi di dollari - l’Lseg po-
trebbe rivelarsi, secondo gli osserva-
tori scettici che il deal abbia chance di
andare avanti, in un boccone troppo
grosso da digerire per Hong Kong. Nel
suo comunicato ufficiale, Hong Kong
spiega che il suo intento è quello di ot-
tenere una raccomandazione favore-
vole del board dell’Lseg alla transa-
zione proposta, ma che comunque si
riserva di portarla avanti per via di un
«takeover». La scelta di come proce-
dere a riguardo, avverte il comunica-
to, sarà soggetta infatti alla condizio-
ne che sia presa una «risoluzione»
sull’operazione Refinitiv da parte de-
gli azionisti dell’Lseg, o che comun-
que l’acquisizione sia ritirata o non
completata entro il termine di fine di-
cembre o ogni data successiva che la
Borsa di Hong Kong possa fissare.
Il prezzo prospettato dalla Borsa
asiatica rappresenta un premio del
,% rispetto alle quotazioni prece-
denti l’annuncio e del ,% rispetto
alla media delle quotazioni da fine lu-
glio in avanti, con un premio del ,%
rispetto al prezzo di chiusura delle
azioni Lseg (. pence) il luglio
scorso, giorno precedente l’annuncio
del progetto di acquizione di Refinitiv
da parte della società-mercato londi-
nese che, oltre alla Borsa di Milano
(con le sue società infrastrutturali), ri-
comprende nel gruppo l’Lch, la prima
società di clearing per i derivati otc, e
gli indici di Borsa Ftse. Hong Kong
punta a sottolineare i vantaggi e le si-
nergie che deriverebbero dall’unione
dei due principali poli dell’exchange
industry in Europa e Asia, rafforzan-
done la leadership globale, e promet-
tendo l’adozione delle piattaforme di
trading e clearing della Borsa di Lon-
dra. Basterà a vincerne le ritrosie?
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LA BANCA ANGLO-CINESE
Hsbc ha giurato fedeltà alla Regina
L’istituto ha annunciato
che, nonostante Brexit,
non ridurrà la presenza
Simone Filippetti
LONDRA
Sotto la cupola in marmo bianco di St.
Paul, la cattedrale di Londra costruita a
imitazione di San Pietro a Roma, la Ci-
na vuole far sventolare la sua bandiera.
Hong Kong, un tempo possedimento
Britannico d’oltremare e oggi territorio
cinese, è partita all’assalto del London
Stock Exchange: gli uffici del cuore ne-
vralgico della finanza in Europa sono
proprio sotto la chiesa più importante
dell’Inghilterra. Ma nella city, in osse-
quio al loro tradizionale aplomb, nes-
suno si scompone o scandalizza.
D’altronde di tutti gli stranieri che
hanno messo il Regno Unito nel miri-
no, Hong Kong, la ex colonia che va al-
l’assalto della casamadre, è quello che
spaventa di meno: a Londra c’è già da
tempo un altro pezzo di Hong Kong. A
Canary Wharf, la nuova City sui docks,
quartier generale di tutte le banche,
uno dei grattacieli più alto, a Canada
Square, è quello che ospita HSBC:
mila dipendenti distribuiti su pia-
ni, una città nella città. La banca è un
pilastro dell’economia inglese: sede in-
glese a Birmingham, la città della rivo-
luzione industriale, e per il paese è una
seconda banca centrale. Nel suo cave-
au custodisce una grossa fetta di ri-
sparmi degli inglesi ( miliardi di ster-
line). È l’unica banca del Regno Unito,
tra le prime cinque, ad avere più depo-
siti che prestiti (con un ratio depositi-
prestiti oggi al %). Il terremoto di
agosto, quando in piene ferie estive la
banca, famosa per il suo tradizionali-
smo, ha cacciato l’amministratore de-
legato John Flint, dopo soli mesi (un
record per un istituto dove si sono al-
ternati una manciata di ceo in tutta la
sua storia) ha messo in secondo piano
l’impegno strategico che la banca si è
presa come futura ancora per il sistema
bancario britannico. Tutti minacciano
di scappare da Londra o di alleggerire
i presìdi, e anche se finora la sola istitu-
zione che ha davvero abbandonato la
città è stata l’Eba, l’authority delle ban-
che Ue, il conto dei trasferimenti am-
monta a mila persone. Al contrario
Hsbc ha già detto che, Brexit o meno,
non taglierà nemmeno un dipendente
e non sposterà nulla: con filiali la
banca dal doppio passaporto anglo-ci-
nese è un punto fermo.
Da tempo la Cina ha messo radici a
Londra: la Bank of China, la banca na-
zionale del paese, ha aperto la sua sede
nella City di fronte alla Bank of En-
gland, e la cosa non è casuale. I capitali
di Pechino, sempre alla ricerca di acqui-
sizioni in giro per il mondo, trovano la
porta aperta in Inghilterra. Il rischio co-
lonizzazione però va a braccetto con la
natura di mercato aperto. Apertura che
è iniziata ben prima del ciclone Brexit.
L’affondo di Hong Kong sulla Borsa di
Londra, che trova sponda nella pro-
messa di fedeltà di HSBC al paese, sono
le prove generali di quell’Impero ., o
nuovo Commonwealth, che la Regina
immagina come futuro per il paese do-
po l’addio all’Unione Europea. Il segna-
le è chiaro: la Cina è pronta fare da
stampella alla Gran Bretagna.
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L’operazione.
Ai tempi l’offerta
d’acquisto fu da
1,8 miliardi di euro
(22 volte il valore
di mercato
del Lme): questo
convinse
le autorità
britanniche
e la maggioranza
dei soci della
Borsa metalli
IL PRECEDENTE NELLA CITY
Il primo blitz cinese
sul mercato dei metalli
Nel la prima operazione
Oltremanica: l’acquisto
del London Metal Exhange
Sissi Bellomo
La Borsa di Hong Kong ha già messo
le mani su un gioiello della City, con-
quistando nel il London Metal
Exchange (Lme), storica piazza per lo
scambio di metalli, fondata oltre
anni fa. Anche sette anni fa al timone
della Hong Kong Exchanges & Clea-
ring (HkEx) c’era Charles Li, che – con
l’obiettivo esplicito di costruire un
gruppo di respiro internazionale, nel-
le commodities e non solo – era riu-
scito a superare la competizione dei
big occidentali: la sua offerta d’acqui-
sto da , miliardi di euro (all’epoca
pari a volte il valore di mercato del
Lme) aveva convinto le autorità bri-
tanniche e la maggioranza dei soci
della borsa metalli, cancellando ogni
timore di influenze indebite da parte
di potenze straniere. Gli altri preten-
denti – Euronext, Cme Group e Ice –
erano stati costretti a ritirarsi.
Certo, Hong Kong non è la Cina. E
oggi è ancora più difficile pensare che
l’ex città stato, con le strade invase da
manifestanti anti-cinesi, voglia fare
da cavallo di Troia sui mercati finan-
ziari per conto di Pechino.
All’epoca del takeover del Lme
l’ombra della Cina faceva paura: il Pa-
ese asiatico non nascondeva (né lo na-
sconde ora) di voler guadagnare una
maggiore influenza sulla formazione
dei prezzi delle materie prime e in
particolare dei metalli, di cui consuma
oltre metà dell’offerta mondiale. Allo
stesso tempo però fu proprio la pro-
spettiva di un accesso preferenziale al
mercato cinese a rivelarsi determi-
nante per il successo dell’operazio-
ne: si pensava che il matrimonio con
HkEx avrebbe potuto aprire le porte
della City a investitori cinesi, consen-
tendo allo stesso tempo al marchio
Lme di espandersi in Asia. Il primo
passo sarebbe dovuto essere l’apertu-
ra di magazzini di Borsa anche nella
Repubblica popolare: strutture deci-
sive per incoraggiare la partecipazio-
ne agli scambi, perché i maggiori fu-
tures quotati al Lme prevedono la
consegna fisica dei metalli.
Non tutto è andato secondo i piani.
Ad oggi il London Metal Exchange
non conta nemmeno un magazzino in
Cina (anche se spera di conquistarne
uno a breve, con la mediazione della
provincia del Guangdong). Il numero
dei contratti quotati si è moltiplicato,
includendo anche derivati su oro e ar-
gento, nonché una serie di mini-futu-
res denominati in yuan. Al Lme c’è
una presenza sempre più ingombran-
te di speculatori cinesi, che spostano
grandi masse di denaro. Ma non c’è
stato un boom di scambi, anzi i volumi
sono crollati tra il e il per ri-
sollevarsi solo di recente, grazie a
sconti sulle fee che hanno però pena-
lizzato gli utili. I concorrenti america-
ni hanno rosicchiato quote di merca-
to, ma soprattutto c’è stata una spet-
tacolare ascesa delle borse merci cine-
si – quelle cinesi per davvero – a
cominciare dalla Shanghai Futures
Exchange, che ha soffiato al Lme il ti-
tolo di maggiore borsa metalli del
mondo, anche se la scarsa presenza di
operatori internazionali non le ha an-
cora permesso di farle ombra.
á@SissiBellomo
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Principali azionisti (sopra il 2%) di Hsbc e della Borsa di Hong Kong
Fonte: Bloomberg
HSBC BORSA DI HONG KONG
0 5 10 15
BlackRock 12,
Ping an Insurance 7,
JP Morgan 4,
Vanguard 3,
Legal & Gen.Group 2,
Norges Bank 2,
Hong Kong 5,
JP Morgan 4,
Citigroup 3,
Vanguard 3,
Ubs 2,
Capital Group 2,
BlackRock 2,
0 2 4 6
La mappa dei soci
Nel mirino. La
sede londinese
del London Stock
Exchange, al
centro degli
appetiti cinesi
AFP
MILANO TRA GOLDEN POWER E COMMISSARIAMENTO
Borsa spa nell’angolo, ma lo Stato ha il jolly
Piazza Affari resta a guardare:
dopo l’incognita della Brexit anche
quella di un’Opa sulla capogruppo
che potrebbe diventare ostile. La
Borsa di Hong Kong ha fatto capire
che punta alla conquista della
Borsa di Londra, con le buone o le
cattive, avendo ben presente -
come risulta dalle slide della
presentazione agli investitori - che
tra i punti di forza della regina della
City ci sono anche le strutture di
Borsa italiana, che
dall’acquisizione del , hanno
contribuito agli utili del gruppo
London Stock Exchange per oltre il
% del totale (calcoli dell’ufficio
studi di Mediobanca aggiornati al
) pur rappresentando meno di
un quarto dei ricavi. Borsa italiana
non può fare altrimenti: nel board
del gruppo londinese siedono solo
il presidente Andrea Sironi e l’ad
Stefano Jerusalmi. Per Borsa
italiana - che controlla anche il
mercato dei titoli di Stato Mts,
Cassa di compensazione e
Montetitoli - non è stata prevista
alcuna clausola contrattuale di
“sganciamento”, cosa che ha
permesso invece a Euronext - la
federazione di Borse europee
centrata su Parigi - di recuperare
l’indipendenza dal New York Stock
Exchange, al momento
dell’acquisizione da parte della
piattaforma Ice che ha fatto
scattare il “diritto di recesso” per
cambio di proprietà.
Da dicembre la normativa
sul golden power include anche i
mercati. Da Londra si può avere una
visibilità perfetta sulle transazioni
finanziarie italiane, cosa che finora
non ha preoccupato. Hard Brexit e
giri di valzer intercontinentali
potrebbero legittimare maggiori
cautele, sebbene manchino ancora i
regolamenti attuativi e ci siano
dubbi sul fatto che l’eventuale
acquisizione dell’Lseg vada
notificata a Roma. Anche per
questo c’è chi sostiene - come ha
fatto ancora pochi giorni fa da
Cernobbio l’ex ad di Mts, Gianluca
Garbi - che la tutela dell’interesse
nazionale a riguardo vada
perseguita con la norma del Testo
unico della finanza che permette il
commissariamento del Tesoro
attivabile per Borsa su richiesta
Consob e per Mts di Banca d’Italia.
Antonella Olivieri
L’OFFERTA
IN PENCE
L’offerta per
la Borsa di Londra
è pari a 2.
pence in contanti
e 2,495 azioni, per
un corrispettivo
totale di 8.
pence per ogni
azione del listino
londinese
29,
MILIARDI
DI STERLINE
L’offerta sulla
Borsa di Londra
lanciata da Hong
Kong valorizza la
regina delle Borse
europee 29,
miliardi di
sterline, che
equivalgono a
33,1 miliardi euro
35,
MILIARDI
DI EURO
A tanto ammonta
la capitalizzazione
della società-
mercato che
gestisce la Borsa
di Hong Kong
(che è quotata).
Vale più di quella
di Londra:
26,6 miliardi.
8mila
GLI ADDETTI
DI HSBC
Nella sola sede
principale, il
palazzo alto 42
piani nel cuore di
Canary Wharf: è
uno dei grattcieli
più alti della
nuova city
londinese
L’ex colonia vuole restare
il primo tra i listini
del Paese del Dragone
Gli analisti: Washington
contrasterà l’operazione