antropomorfe e in parte di Australopithecus) per
diventare il dito che dà la spinta per correre. An-
che la struttura del piede si trasforma, diventando
più robusta ed elastica. Il peso della testa, rispetto
al corpo, si modifica e si bilancia, mentre il canale
semicircolare posteriore, che fa parte dell’appa-
rato dell’equilibrio nell’orecchio, si allarga diven-
tando più sensibile alle scosse che subisce la testa
nella corsa.
OBIETTIVO: IL CIBO
Ma correre genera calore. Come dissiparlo? An-
che a questo ha pensato l’evoluzione: i primi uomi-
ni (come Homo ergaster) persero la loro pelliccia e
svilupparono una copiosa copertura di ghiandole
sudoripare. Nel corso dell’evoluzione il numero di
ghiandole è passato da 5 a 10 milioni, rendendo la
dispersione di calore durante la corsa molto più
facile. Armati di queste modifiche sostanziali, gli
uomini furono in grado di correre, forse più lenta-
mente degli altri animali, specie le prede, ma per
chilometri e chilometri, senza soste. Un marato-
neta bipede, quindi, che insegue a lungo il cibo.
Lo scenario è questo: un’antilope, veloce ma poco
resistente, fugge ma deve ogni tanto fermarsi. Alle
sue spalle arrivano gli uomini, che hanno seguito
con pazienza le sue tracce e possono facilmente
aver ragione dell’animale spossato.
E allora perché la corsa, pur così indispensabile
alla nostra sopravvivenza, non è rimasta nel no-
stro comportamento di tutti i giorni? Eccoci tor-
nati al “paradosso dell’esercizio” di Lieberman. I
cambiamenti evolutivi, spiega il biologo, non ci
hanno spinto all’esercizio fine a se stesso, ma alla
corsa di lunga durata col solo scopo di procurarci
il cibo e poi fermarsi. Milioni di anni fa, le energie
provenienti dal cibo erano limitate. Ogni caccia
presumeva grandi sforzi e, come molte altre spe-
cie, i primi Homo erano sempre in bilico tra l’e-
nergia procurata con la carne e quella spesa per
raggiungere e uccidere la preda. Una volta caccia-
ta un’antilope o una giraffa, anche i nostri ante-
nati (come gli attuali cacciatori raccoglitori) non
passavano il tempo a correre solo “per fare eserci-
zio”. Si riposavano per risparmiare energia per la
successiva battuta di caccia. Passando il tempo in
attività sociali, importanti come la cattura.
Come tutti gli animali, anche gli uomini furono
dunque selezionati per evitare sforzi inutili, e la
maggior parte dei sistemi anatomici e fisiologici
si sono evoluti per adeguare la nostra capacità di
sforzo alle necessità dell’ambiente. Una volta che
la “porzione di carne”, sotto forma di un grosso er-
bivoro, era caduta sotto le nostre lance o i bastoni,
la corsa non era più necessaria. Meglio riposarsi.
Il problema degli uomini moderni, invece, è la
quasi completa separazione tra le esigenze del
corpo, plasmato dall’evoluzione, e la disponibilità
di cibo, che ai giorni nostri è quasi illimitata. Non
abbiamo più la necessità di inseguire antilopi o
gazzelle: ecco perché la posizione odierna dell’oc-
cidentale maratoneta è, per gran parte del tempo,
quella sul divano. Senza pensare alle conseguenze
della sua pigrizia.
La necessità di carne ha
completamente rivoluzionato
la nostra anatomia
ANTICA PREDA
Dipinti neolitici
nella grotta
Inanke, sulle
colline Matobo in
Zimbabwe. La
giraffa è una delle
più belle
raffigurazioni
animali neolitiche
nello Stato
africano.
Getty Images
dossier
36 | Focus
Il corpo umano