Focus - 09.2019

(Darren Dugan) #1
diversi dall’uomo moderno. Avevano gambe re-
lativamente corte, braccia ancora lunghe, torace
stretto (vedi illustrazione nella pagina). Fu neces-
sario un altro passo per arrivare alla struttura del
genere cui apparteniamo, cioè Homo, e alla nostra
specie, sapiens. Che, come dice Lieberman, più
che alla camminata è adattato alla corsa.
La spinta che cambiò definitivamente i corpi
dei nostri antenati fu la necessità di carne. Len-
tamente le proteine animali divennero sempre
più centrali e indispensabili nella dieta, e di con-
seguenza crebbero gli sforzi per procurarsele. Per
riuscire a mangiare una bella bistecca di antilope
i nostri lontani antenati dovettero affidarsi agli
altri predatori, sfruttando il comportamento op-
portunistico di molte altre specie animali: piccoli
gruppi umani, relativamente deboli ma intelli-
genti, cercavano di arrivare prima degli altri spaz-
zini agli avanzi delle prede di iene o leoni. Dopo
qualche centinaio di migliaia di anni, nacquero
infine i veri e propri cacciatori.
Il problema, però, era che la maggior parte de-
gli animali degni di essere catturati erano grossi
erbivori. Antilopi, kudu e gnu erano e sono otti-
mi sprinter, ma pessimi mezzofondisti. Dopo un
po’ si devono fermare, per stanchezza o eccessivo
calore prodotto dalla corsa. È relativamente più
facile raggiungerli se si corre a lungo, anche se
lentamente. Per questo la strategia adottata dai
primi rappresentanti del genere Homo fu quella
della pazienza, della corsa lenta, più di resistenza
che di scatto.

UN CORPO DA ATLETA
Tutte le modifiche al corpo successive alla “sco-
perta” della carne come ricca fonte di cibo vanno
in questa direzione: le gambe si allungano, le brac-
cia si riducono in lunghezza, le spalle si allargano
e i muscoli (specie i glutei) si irrobustiscono. Nella
parte inferiore delle gambe, il tendine d’Achille di-
venta lungo ed elastico, a differenza di quello delle
scimmie antropomorfe. Infatti negli scimpanzé e
nei gorilla è lungo circa un centimetro, mentre
negli uomini supera i 10 centimetri, caratteristi-
ca che consente di conservare e rilasciare quasi il
35 per cento dell’energia meccanica generata dal
corpo durante la corsa. L’alluce perde totalmente
la sua funzione prensile (tipica delle scimmie

Le condizioni cui


il corpo è sottoposto


durante la corsa sono


del tutto diverse


da quelle del passato


La colonna
vertebrale assume la
posizione “a S”.
completamente
verticale sotto il
cranio.


Il bacino è più
largo di quello delle
scimmie
antropomorfe e
consente l’attacco a
muscoli più robusti e
adatti alla corsa.


Il torace è più
allungato e stretto.
La vita è più stretta
e alta.

Spalle larghe e
braccia corte. Nelle
lunghe gambe la
superficie delle
articolazioni è più
larga e l’arco
plantare accentuato.
Le dita dei piedi
sono più corte e
l’alluce è fisso.

Muscoli come il
gluteo massimo e il
sacrospinale hanno
un’area di attacco
alle ossa più ampia,
per stabilizzare il
corpo nella corsa. Il
tendine d’Achille è
più lungo e robusto
e assorbe gli shock
della corsa.

SCIMMUS Homo sapiens SCIMMUS

era nata la camminata bipede. Ogni conquista evo-
lutiva infatti comporta sempre dei compromessi:
alla fine della loro lunga storia, durata milioni di
anni, negli australopitechi diminuì infatti la pos-
sibilità di arrampicarsi rapidamente sugli alberi,
di sprintare per sfuggire ai predatori o scappare
quando le cose si mettono male. Se gli australo-
pitechi divennero buoni camminatori, erano ben

Illustarzioni Stefano Carrara

Focus | 35

Il corpo umanolorem dolor

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