2 Mercoledì 21 Agosto 2019 Il Sole 24 Ore
Primo Piano
Conte: «Lascio,
colpa di Salvini
Ma all’Italia
servono riforme
per giovani e Pil»
Al Senato. Duello finale con il leader della Lega:
«Ha agito per interesse personale, si assuma
le sue responsabilità». Poi sale al Colle per dimettersi
Manuela Perrone
ROMA
Nelle comunicazioni al Senato prima di
salire al Colle per rassegnare le dimis-
sioni Giuseppe Conte disegna la scena
di un omicidio perfetto. La vittima è il
Governo gialloverde, che «qui si arre-
sta». Il responsabile ha un nome e un
cognome: Matteo Salvini. Dopo mesi
di «richiami privati» il premier “avvo-
cato del popolo” assume quasi il ruolo
di pubblico ministero ed elenca in
un’arringa durissima i tanti strappi del
suo vice leghista, che spiazza tutti se-
dendosi alla sua destra tra i banchi del
Governo occupati dai ministri MS. I
colleghi del Carroccio si schierano in
piedi alle sue spalle.
Conte bolla come «oggettivamente
grave» e «fortemente irresponsabile» la
decisione di aprire la crisi, comunicata
l’ agosto de visu e con una nota della Le-
ga e poi messa nera su bianco in una mo-
zione di sfiducia depositata a Palazzo
Madama il agosto e ritirata soltanto
ieri durante il dibattito. Basta «espedien-
ti, tatticismi e giravolte verbali», dice il
premier nella replica prendendo atto del
ritiro: «Se il leader della Lega manca del
coraggio di assumersi la responsabilità
dei suoi comportamenti me lo prendo io
davanti al Paese che ci guarda».
La scelta di rompere, attacca Conte,
interrompe un’azione di governo «che
procedeva operosamente», «viola il so-
lenne impegno che il leader della Lega
aveva assunto sottoscrivendo il con-
tratto di governo con il MS» e, compiu-
ta com’è stata in pieno agosto, «espone
a seri rischi il nostro Paese», compreso
lo spettro «altamente probabile» di ri-
trovarsi in esercizio provvisorio con un
nuovo Esecutivo che si ritroverebbe
«nella difficoltà di contrastare l’incre-
mento dell’Iva e con un sistema econo-
mico esposto a speculazioni finanziarie
e agli sbalzi dello spread».
L’aria in Aula è pesante. Il premier
non fa sconti e si rivolge direttamente a
Salvini, tra gli applausi di Luigi Di Maio
e dei Cinque Stelle e le proteste dei le-
ghisti. Gli contesta «scarsa sensibilità
istituzionale e grave carenza di cultura
costituzionale». Lo accusa persino di
«opportunismo politico» per aver volu-
to precipitare il Paese «in una spirale di
incertezza politica e di instabilità finan-
ziaria» soltanto dopo aver incassato la
fiducia sul decreto sicurezza bis. Con-
fessa preoccupazione per l’ambizione
di «pieni poteri» e per l’evocazione delle
piazze. Biasima come «incoscienza re-
ligiosa» l’accostamento di «simboli re-
ligiosi agli slogan politici», mentre Sal-
vini bacia a più riprese un rosario. Pic-
chia duro sul Russiagate: «Se tu avessi
accettato di andare al Senato per riferire
sulla vicenda russa, che oggettivamente
merita di essere chiarita anche per i ri-
flessi sul piano internazionale, avresti
evitato al tuo presidente del Consiglio di
presentarsi al tuo posto, rifiutandoti,
per giunta, di condividere con lui le in-
formazioni di cui sei in possesso». Gli
rinfaccia di aver «macchiato mesi»,
offendendo anche «la costante dedizio-
ne dei vostri stessi ministri». Smonta la
retorica del “Governo dei no” citando le
misure per accelerare gli investimenti,
quota e reddito di cittadinanza, i
rimborsi ai risparmiatori truffati, le
norme anticorruzione, lo sblocco di
«opere ferme da anni».
Ma il presidente del Consiglio va ol-
tre. Con metodo baconiano, alla pars de-
struens affianca una lunga pars con-
struens, che suona come una piattafor-
ma programmatica per il futuro, ricca di
punti cari anche al Pd. Parte dai giovani,
cui bisogna offrire «giuste opportunità
di vita e di lavoro». Insiste sulla necessi-
tà di proseguire sulla strada dell’inclu-
sione sociale. Accanto a un’autonomia
rispettosa dei principi di solidarietà so-
ciale, sottolinea il bisogno di un piano di
rilancio del Sud. Propone un’Italia lea-
der nei modelli economici eco-sosteni-
bili centrati su energie rinnovabili ed
economia circolare. Rilancia la politica
espansiva per la crescita, rispettando
«l’equilibrio di finanza pubblica». Infi-
ne rimarca la collocazione internazio-
nale del Paese, con relazioni migliorate
con Cina, India e Russia, ma «fedele ai
due pilastri del rapporto transatlantico
e del rapporto con l’Unione europea».
I toni sono elevati, da uomo delle
istituzioni che vuole lasciare a testa alta.
In serata il presidente Mattarella invita
il Governo a restare in carica per gli affa-
ri correnti. Da oggi alle si apre il valzer
delle consultazioni. Con i suoi Conte
non chiude alcuna porta per il futuro. A
una condizione: mai più con Salvini.
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Lega. Il Carroccio
andrà alle
consultazioni,
giovedì, non
insieme al
Centrodedestra -
quindi con Forza e
Fratelli d’Italia -
come accadde
dopo le politiche
del 4 marzo 2018
ma da sola
Al Quirinale. Dopo
la replica al Senato il
premier Conte è
salito al Colle per
rassegnare le
dimissioni nelle
mani di Sergio
Mattarella
ANSA
LE ACCUSE
Carenza di cultura istituzionale
Nel mirino del premier finiscono «i
comportamenti adottati in questi
ultimi giorni dal ministro
dell’Interno» che «rivelano scarsa
responsabilità istituzionale e grave
carenza di cultura costituzionale»
No alle vie autoritarie
Citando i pieni poteri rivendicati da
Salvini e l’invocazione delle piazze a
suo sostegno, Conte parla di
«concezione preoccupante». E
aggiunge: «Non abbiamo bisogno di
persone e uomini con pieni poteri, ma
che abbiano cultura istituzionale»
Mancata chiarezza su fondi russi
Conte non perdona a Salvini di non
avere accettato di venire al Senato
per riferire sulla vicenda dei
presunti fondi russi alla Lega «che
merita di essere chiarita anche per i
riflessi sul piano internazionale»
No all’uso di simboli religiosi
Infine la stoccata sull’esibizione del
crocifisso durante alcune
manifestazioni elettorali
LA LEGA SOTTO ATTACCO
Salvini: «Crisi colpa
dei no. E dell’inciucio
già fatto Pd-M5S»
Ognuno ha il suo stile, oggi più che da
avvocato del popolo ha parlato da pub-
blica accusa». E per stigmatizzare la cri-
tica al premier, Salvini al momento del-
la replica del premier lascia l’Aula.
Qualcuno, tra i leghisti, lascia inten-
dere che l’ipotesi di tornare all’alleanza
con i pentastellati una percentuale, sia
pure minima, di possibilità ce l’ha. Ma-
gari con un altro premier e perfino con
un passo di lato dello stesso Salvini. Ma
il numero uno del Carroccio non ci cre-
de e si prepara alle consultazioni al Col-
le dove la Lega si presenterà da sola e
non come un anno fa con Silvio Berlu-
sconi e Giorgia Meloni.«Ho piena fidu-
cia in Mattarella», rilancia in serata.
L’obiettivo ora è ostacolare la nascita
del governo giallorosso, per accelerare
la corsa verso le urne. Anche l’interven-
to pronunciato al Senato (a parte l’ap-
pello finale) va letto in questa chiave.
Salvini ha puntato tutto sugli slogan
pronunciati nelle ultime settimane. A
partire dallostruzionismo verso il ri-
torno al voto:«In quest’Aula ci sono
donne e uomini liberi e altri un po' me-
no liberi. Chi ha paura del giudizio del
popolo non è libero». Poi rivolgendosi
a Conte: «Pericoloso, autoritario, pre-
occupante, irresponsabile, opportuni-
sta, inefficace, incosciente - ha detto
con riferimento alle critiche mossegli
dal premier - bastava il Saviano, il Tra-
vaglio, il Renzi di turno per raccogliere
questa sequela di insulti. Non il presi-
dente del Consiglio». Il suo è un discor-
so elettorale, rivolto all’esterno:«Ades-
so mi spiego il perché di tanti No negli
ultimi due mesi», attacca rilanciando il
«tentativo di inciucio tra Grillo e Renzi
che partiva evidentemente da lontano
e noi lo abbiamo portato in Parlamento
per spiegarlo chiaramente». Nel Car-
roccio fanno tutti quadrato: «Nella Le-
ga non c'è dibattito, non c’è democra-
zia, decide tutto un Capo», ironizza
Giancarlo Giorgetti che ritiene ancora
aperta la partita per le urne:«Errori di
Salvini? Chi l'ha detto...Ci rivediamo la
prossima settimana».
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Il rilancio: «Taglio dei
deputati e via alla manovra»
Ritirata la sfiducia
Scuro in volto.
Dopo le
dimissioni del
premier e
l’apertura
ufficiale della crisi
Luigi Di Maio
soppesa con
cautela tutte le
mosse. Il timore è
che un eventuale
nuovo Governo lo
releghi in
posizioni
marginali
LE TRATTATIVE CON IL PD
M5s diviso sul governo
Tutti a difesa di Conte,
ora Di Maio è a rischio
vendica il lavoro sulla prossima ma-
novra con il titolare dei conti pubblici,
Giovanni Tria: «La via è tracciata, sia-
mo a un ottimo punto». A taccuini
chiusi, un pentastellato da sempre in-
sofferente alla coabitazione con Salvi-
ni dice a mezza bocca: «Non sottova-
lutate le quotazioni di un nuovo ac-
cordo con la Lega: io lo do al %».
Dall’entourage di Di Maio trapela un
aumento del pressing di ministri e
sottosegretari leghisti per provare a
ricucire intorno allo schema di Salvi-
ni: taglio dei parlamentari e legge di
bilancio per sventare l’aumento del-
l’Iva. Sirene tentatrici per chi corre il
rischio di una defenestrazione.
I fautori di un Esecutivo con il Pd,
però, sono tanti. «Ambiente, diritti ci-
vili, economia: ci si può ragionare in-
sieme, e si può costringerli a fare cose
che non hanno potuto fare perché
bloccati da Alfano», sottolinea Mat-
teo Mantero. Il presidente dell’Anti-
mafia, Nicola Morra, interviene dura-
mente in Aula contro Salvini. Il nome
di Conte circola con insistenza come
futuro premier. «Ma non bisogna fare
i conti senza l’oste: siamo sicuri che
accetterebbe?», avverte un deputato
dimaiano. Mettendo in chiaro che «in
ogni caso è naturale che Di Maio, in
quanto capo politico, farà parte di
un’eventuale nuova compagine come
ministro». Altri nel MS non ne sono
così convinti. Sono quelli che chiedo-
no un redde rationem e che sul banco
degli imputati mettono anche lui e i
suoi. Il deputato Luigi Gallo, tra i più
vicini a Roberto Fico, si augura una
«discussione, però non traumatica».
Che cosa non divide e preoccupa
tutti indistintamente è invece il nuovo
iperattivismo di Matteo Renzi, che
non pone veti né su Conte né su Di
Maio. «Ma quale sarebbe il prezzo per
noi?», è la domanda che aleggia tra i
Cinque Stelle. Timorosi di finire
schiacciati nelle lotte intestine nel Pd
e dubbiosi sul potere di Zingaretti.
—M.Per.
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Il timore del leader: perdere
peso nel nuovo esecutivo
a vantaggio degli ortodossi
Il film
del governo
gialloverde
in 445 giorni
A settembre fece scalpore
l’esultanza di Di Maio, al termine
del Consiglio dei ministri in cui
M5s e Lega trovarono l’accordo
sul Def (fissando l’obiettivo di
deficit/Pil al 2,4%).
Affacciato al balcone di Palazzo
Chigi (foto), con gli altri ministri
del Movimento 5 Stelle, il
vicepremier festeggiò con
bandiere e striscioni
IL DEF CON IL PIL AL 2,4%
Di Maio al balcone
di Palazzo Chigi
L’avventura inizia il 18 maggio
del 2018 quando Lega e Cinque
Stelle annunciano il varo
definitivo del contratto per il
governo che contiene i punti
programmatici da realizzare. Il
6 giugno, il governo M5s-Lega
(in foto i due leader Di Maio e
Salvini) guidato dal giurista
Giuseppe Conte ottiene la
fiducia della Camera
LA NASCITA
Il varo del contratto
fra Lega e Cinquestelle
A fine anno lunga e tormentata la
discussione della legge di
bilancio che si incrocia con la
difficile trattativa con Bruxelles
per definire gli obiettivi della
manovra. Il premier Conte (in
foto con il presidente uscente
della Commissione Ue Juncker)
riesce a ritagliarsi un ruolo da
protagonista e a evitare la
procedura di infrazione
L’ACCORDO CON JUNCKER
Conte evita la procedura
di infrazione Ue
Barbara Fiammeri
Partiamo dalla fine. Dall’ultimo appello
lanciato da Matteo Salvini a conclusione
del suo intervento. «Se c’è voglia di co-
struire, di terminare un percorso virtuo-
so, noi ci siamo. Se volete completare le
riforme tagliamo i parlamentari e an-
diamo a votare. Se volete fare una ma-
novra coraggiosa che tagli le tasse, noi ci
siamo, ma se avete già un accordo con il
Pd e volete governare con Renzi, Boschi
e Lotti, ditelo. Auguri e buon lavoro con
il partito di Bibbiano». Dopo aver detto
che «tornando indietro rifarei tutto
quello che ho fatto». È la controffensiva
di Salvini che preannuncia di voler re-
stare al Viminale «fino all’ultimo».
Il tentativo di scaricare sugli ex alle-
ati pentastellati e su Conte la fine del
Governo. «Ho staccato io la spina al
Governo? La spina si stacca in Parla-
mento, se il presidente Conte si autoli-
cenzia e da domani iniziano le trattati-
ve con il Pd vuol dire che la strada era
già tracciata», dirà ai giornalisti men-
tre esce dal Senato. Tant’è che fa ritira-
re la mozione di sfiducia presentata
dalla Lega. Una mossa esclusivamente
tattica visto che avendo il premier già
anticipato di consegnare le dimissioni
al Capo dello Stato non sarebbe stata
comunque discussa.
Salvini è costretto a giocare di ri-
messa.Il blitz agostano che nelle sue
aspettative avrebbe dovuto portare al
voto per il momento non è riuscito. Di
qui l’apertura a rinnovare l’alleanza con
Ms. Una disponibilità anche questa
tattica, rinnovata nonostante il durissi-
mo intervento pronunciato da Conte
che ha puntato l’indice sul suo ministro
dell'Interno. «Quello che mi è dispia-
ciuto è di aver lavorato per un anno a
fianco di una persona e di scoprire oggi
che mi ritiene un pericolo pubblico.
Luigi Di Maio assiste alle comunica-
zioni di Giuseppe Conte scuro in vol-
to. Lo applaude, lo sostiene, lo dipin-
ge in un post su Facebook come una
«perla rara che l’Italia non può per-
dere». Ma dopo le dimissioni del
premier e l’apertura ufficiale della
crisi il leader del Movimento Stelle
soppesa con cautela tutte le mosse.
Il timoreè evidente: che un eventua-
le nuovo Governo lo releghi in posi-
zioni marginali. Privilegiando Conte
(anche come candidato premier in
caso di voto) e facendo schizzare le
quotazioni degli “ortodossi”, i parla-
mentari vicini a Roberto Fico, e di
quelli che hanno in Alessandro Di
Battista il loro punto di riferimento.
I diarchi del MS, Beppe Grillo e
Davide Casaleggio, hanno tracciato la
rotta con chiarezza: via libera alla trat-
tativa con il Pd. I gruppi parlamentari,
che si riuniranno in una nuova as-
semblea congiunta forse già oggi,
hanno digerito l’apertura con tanti di-
stinguo. I più ostili a dialogare con i
dem sono il sottosegretario Stefano
Buffagni e il senatore Gianluigi Para-
gone, convinti che sia un errore chiu-
dere del tutto il forno con la Lega. Il
capogruppo alla Camera, Francesco
D’Uva, che già in serata riunisce i de-
putati senza Di Maio, si dice sicuro che
una riedizione dell’alleanza giallover-
de sia impossibile. Cita la prima legge
della termodinamica, in versione ga-
stronomica: «Una frittata non può
tornare allo stato di uovo».
Ma le indiscrezioni e le previsioni si
rincorrono come maionese impazzi-
ta. I più preoccupati dell’esito di un
confronto con il Pd sono i ministri e i
sottosegretari, i primi a rischiare di
vedersi estromessi da nuove compa-
gini. La viceministra all’Economia
Laura Castelli non si espone, ma ri-