24 LALETTURACORRIEREDELLASERA DOMENICA25AGOSTO2 019
LibriNarrativastraniera
Unastoriadiviaggiedidistanzedasuperare,
un’aziendachehacreatoun’industria
strategicapericommerci.IlgruppoLigabue
compiecent’anni.Consideratodachisi
muoveperlavoro—permareoperaria—
unasortadicompagnodiviaggio,Ligabue
festeggeràiltraguardoconunamostranel
cuorediVenezia,allaScuolaGrandedella
Misericordia,dal22settembreal3
novembre.
Permareoperaria
{
Downtown
diStefanoRighi
WilliamLeastHeat-Moonènatoil27
agosto1939.Èautorediuncapolavoro
Ottant’anni
di Strade
sempre blu
diFEDERICALAVARINI
«D
ovevocercareuna
strada senza nume-
ro,chiamatacolno-
me di una città inesi-
stenteedirettaaun
posto chiamato Nameless della cuirealtà
nessuno eracerto». È uno dei tanti sor-
prendenti, poetici passaggi diStrade
blu.Unviaggiodentrol’America, il libro
d’esordio di William Trogdon, in arte
William Least Heat-Moon.
Il 27 agostoloscrittoreamericano
compie 80 anni. Se gli si chiede, oggi,
quanto importanti siano state le persone
dell’America«rurale» da lui incontrate
durante il suo viaggio solitario di tre me-
si da ColumbiaaColumbia (Missouri),
afferma pacatamente: «Una risposta ri-
chiederebbe molto piùtempo di quanto
io possa ancora essere in grado di dedi-
carvi».
Il viaggio inizia nel 1978, quando Heat-
Moon è un insegnante di Inglese in una
piccola università del Missouri e il 17feb-
braio — «un giorno di speranze distrut-
te»—nell’arcodi un paio d’orevede la
sua vita sgretolarsi. Prima, la notizia di
HoportatoBeirut
quassùin Islanda
dalnostrocorrispondenteaGerusalemmeDAVIDEFRATTINI
A
Reykjavík chiunque può sentirsi Gesù e
«camminare sulle acque ghiacciate del lago»;
unacelebrità «perché tutti lo sono e nessuno
lo è»; al sicuro, «visto che anche la polizia gi-
ra disarmata». Quando Mazen Maarouf è arri-
vatoin Islanda nel 2011, in fuga dalle minacceper le sue
critiche alregime siriano di Bashar Assad, era novembre
e faceva già freddo. A sopraffarlo non è stato il gelocosì
estraneo per lui che atterrava da Beirut: «Lacalma, la pa-
ce, i passanti rilassati. La serenità ti apre ad altre possibi-
lità, altri modi di vivere. In Medio Orienteletensioni
continuano a esasperarsi. Sono nato da rifugiato pale-
stinese in Libano ed eroconvinto di morire da rifugiato
palestinese in Libano. Gli islandesi hanno lavorato e lot-
tato percostruire questo tipo di società dovetutti godo-
no il più alto livello possibile di diritti umani, senza di-
scriminazioni». Nessuna disparità anche nel pubblicare
un libro. «Un idraulico di 75 anni èvenuto acasa mia a
sistemareillavandino. Mi sono presentatocome uno
scrittore e lui mi ha messo in mano unacopia del suo
libro. Qui è normale che un divo incontri una persona
“non famosa” e gli dica: “Ho letto un articolo su dite”.
Nonc’è bisogno di essere un artista o un politico per es-
sere riconosciuti: importante èconsiderato chi pulisce,
prepara il cibo, lavora per lacomunità. Chi permette alla
nazione di andare avanti in uncerto modo».
Nel primo racconto,Barzellettepermiliziani, che dà
il titolo a una raccolta in uscita per Sellerio, il protagoni-
sta èconvinto che sia un occhio divetro a garantire di
essere «riconosciuti» e quindi lasciati in pace daicapi-
bastone delle milizie. Sopravvivere alconflitto è un per-
corso a ostacoli,vadacasa alla lavanderia: il padre crede
che la strategia migliore siarendersi quasi invisibili, il
figlio immagina che quello sguardo vitreotenga lontani
i guai armati. «Mio padre e mia madre non hanno mai
designato qualcunocome “il nemico”, soprattutto grup-
pi, un intero popolo o unoStato. Nominavano Ariel Sha-
ron, il generale israeliano che aveva invaso il Libano, era
inevitabile, tutti ne parlavano.Per ilrestocercavano di
restarne fuori,forse anche per paura».
L’occhiodivetroèfissosuduemodidiversidicon-
cepireladignità.
«I nostri genitori ci spingevano ad andarebene a
scuola, acercaredi essere più intelligenti degli altri. Era
il lorotentativodiinsegnarci la dignità. Ovviamentei
bambini attorno a me non lavedevano allo stesso modo:
ero discriminato e bullizzato. Preso in giro per il mio ac-
cento (“non parlicome un libanese”) e per le mie origini
(“non sei un libanese”). Non ci sono semplici cittadini
in quella città, per sentirsi protetti tutti appartengono a
qualche squadra: sciita, sunnita, cristiano-maronita, le
organizzazioni palestinesi».
Nellibroil«nemico»nonvieneidentificato,soloin
unraccontoilcarrarmatoèdefinito«israeliano».
«Hocercatodirenderel’ambientazione anonima: i
luoghi, i nomi e lecaratteristiche delle persone, il perio-
do storico.Volevoevidenziareche in una guerra tutti
soffriamo allo stesso modo. Come sono uguali le cicatri-
ci psicologiche, quando finisce: la societàresta bloccata,
la paura si è infiltrata nelle famiglie, tra i padri, le madri,
i figli. Civogliono anni per superare il trauma e non è
detto che ci si riesca».
IllibrohaunasuavitaaBeirut,mentreleiabitasei-
milachilometripiùanord.
«I palestinesi vivono in Libanocome rifugiati dal ’48 e
ancora non sono garantiti loro i diritti civili di base. Non
mi sono mai sentito un cittadino in Libano, non mi sono
mai sentito un essere umano. Il mio libro è stato tradot-
to in numerose lingue e quando nelle interviste dichiaro
di essere “palestinese islandese” ricevo messaggi dal Li-
bano in cui mi dicono: “Hai vissuto qui, sei un palestine-
se libanese”. Ho vissutolì, sono pieno di ricordi, amo
Beirut che non è mai stata la mia città. I libanesi hanno
sempre ripetuto: pervoi ètemporaneo, dovete tornare
inPalestina. C’è unacontraddizione però:come potete
pretendere da noi che lottiamo per lacausa se ci disu-
manizzate, se non ci fate sentireforti e orgogliosi».
SamirElYoussef,scrittorepureluicresciutoaBei-
rut,hadetto:«Leggoglialtriautoripalestinesienon
trovomaiungay,untossicoounoanchesolofelice.
Eppureneconoscotantinelmiocampoprofughi».
«Lafelicità èrelativa, ritengo più importanti le espe-
rienze significative. Neicampi i palestinesicontinuano a
riprodursi, afesteggiare i matrimoni, ad andare avanti
cogliendo gli attimi di gioia altrimenti sarebberogià
morti: la tristezza mangia dentro, la disperazionecon-
suma. Non penso che le mie storie sianofelici,volevo
essere onesto, ricreare uncerto umore della memoria».
L’umorepiùdiffusosembraesserelavergogna.
«La guerra riguarda sempreimaschiequesta lotta
patriarcale tra icapi che si sentono potenti. Tutticerca-
no di intimorirti e sminuirti. In questa situazione diten-
sionecostante nessuno vuole essere il più debole, però è
consapevole di non essere il piùforte:così se la prende-
ràconqualcuno un pocopiù fragile. Ancheibambini
obbediscono alleregole di questo gioco: da piccolo ero
minuscolo, quelli della mia età erano tutti più grossi,
con più privilegi e pieni di pregiudizicontro i palestine-
si. Lavergogna è sempre statacon me».
Iltonodeiraccontiègrottesco,nonvengonoaf-
frontatequestionipoliticheinmododiretto.
«Tutt’ora non sono in grado di dire checosa sia suc-
cessoveramente in Libano, lecause dei 15 anni di guerra
civile sono troppocomplicate per infilarle nelle mie sto-
rie. Queste avventure bizzarre riflettono quanto gli indi-
vidui escano danneggiati da unconflitto,comeiloro
mondi risultino distorti: finiscono a vivere in unarealtà
diversa, ognuno ha le sue fantasie e ci si aggrappa».
Leihacominciatoausareilcomputerdopoaver
persountaccuinocon27poesieappenafinite.
«Quando scriviamo al pc, rinunciamo alla possibilità
divedere l’evoluzione deltesto: batti sui tasti,cancelli e
quello che scompare non lo ritrovi più il giorno dopo.
Sulfoglio dicarta ero in grado di scoprire il meccanismo
della mia scrittura, le parti depennatecon una rigare-
stano lì mentrecontinui a lavorare, possono sempre es-
sererecuperate, magari sono meglio di quelle rimaste.
Adesso che l’hocapito mi sono messo a salvare in un al-
tro documento le frasicancellate, anche se non è la stes-
sacosa, non è tanto organico ecorporeo quanto rilegge-
retutto il processo su una stessa pagina».
@dafrattini
©RIPRODUZIONERISERVATA
Nord/1MazenMaaroufèpalestinese,havissutodasenzapatriainLibano,nel2011hatrovatorifugiosull’isolaperaver
criticatoAssadeoraarrivaaSarzana.«Hovissutosemprelavergogna».Unaraccoltadiraccontinarrailsuomondo
i
MAZENMAAROUF
Barzellettepermiliziani
Traduzione dall’arabo
di BarbaraTeresi
SELLERIO
Pagine 153,e 16
In libreria dal 29 agosto
L’autore
Mazen Maarouf (Beirut,
1978: a destra in uno scatto
dal suo profilo Instagram),
scrittore, poeta, giornalista e
traduttore, è nato in Libano
da unafamiglia di profughi
palestinesi: oggi vive tra la
sua città natale eReykjavík,
dove è stato accolto nel
2011 dallarete Icorn
(International Cities of
Refuge).Barzellette per
milizianiè il suo esordio
nella narrativa: il volume è
statocandidato al Man
Booker International 2019 e
ha vinto l’Al Multaqa Prize, il
maggior premio arabo
dedicato ai racconti. Il libro è
stato pubblicato in Gran
Bretagna da «Granta»
L’appuntamentoaSarzana
Lo scrittore sarà in Italia per
un solo appuntamento a
Sarzana (La Spezia) per il
Festival della Mente sabato
31 agosto, quando
dialogheràcon Matteo Nucci
sul temaBarzellette sul
futuro(ore 12, al Canale
Lunense,e4). IlFestival, il
primo inEuropa dedicato
alla creatività, è diretto da
Benedetta Marietti
L’opera
Qui accanto un’opera di
Daniele Girardi,Progetto
Sketch I Road Book
(2010, materiali vari su
Moleskine, 26x21
centimetri, collezione
privata). Daniele Girardi
(Verona, 1977) è un
artista visivo che nelle
sue residenze artistiche
ha attraversato in
solitaria la Death Valley,
i Paesi scandinavi e la
Val Grande in Piemonte.
Nel progettoI Road, nato
dai viaggi in America,
Girardi ha creato gli
Sketch I Road Books—
«schizzi del mio viaggio
sulla strada»: taccuini in
cui il viaggio è
rappresentato da
combustioni abbinate a
disegni e materiali vari