18 Lunedì 19 Agosto 2019 Il Sole 24 Ore
Norme & Tributi Giustizia e sentenze
Sul valore dell’assegno ai figli
pesano tutte le entrate degli ex
SEPARAZIONI E DIVORZI
I giudici devono effettuare
una valutazione comparata
di redditi e patrimoni
Va analizzata anche la scelta
di un genitore di lasciare
il lavoro volontariamente
Giorgio Vaccaro
Le relazioni possono finire, ma i figli
restano. E i genitori devono provve-
dere al loro mantenimento in misu-
ra proporzionale al proprio reddito
e in modo da consentire ai figli di
conservare il tenore di vita che ave-
vano quando la famiglia era ancora
unita. Lo prevede l’articolo -ter,
comma , del Codice civile.
Nell’applicare questa norma, il
giudice del tribunale, chiamato a
quantificare il contributo dovuto dal
genitore non convivente per il man-
tenimento del figlio minore convi-
vente con l’altro genitore, deve ga-
rantire il principio di proporzionali-
tà tra i redditi dei genitori e l’asse-
gno. Per farlo deve effettuare una
valutazione comparata delle entrate
di entrambi i genitori e verificare le
esigenze attuali del figlio. Questo
accertamento deve essere fatto ana-
lizzando le risorse patrimoniali e
reddituali di ciascun genitore.
Di più, la Cassazione, con l’ordi-
nanza del luglio scorso,
ha specificato come il Tribunale
deve anche tenere in considerazio-
ne le ipotesi di «volontaria cessa-
zione dell’attività lavorativa» di
uno dei genitori, come elemento di
prova della capacità reddituale. È
infatti singolare la situazione (pe-
raltro frequente) di chi lamenta
contrazioni del reddito da lavoro
proprio durante il processo per la
determinazione della misura del-
l’assegno di mantenimento.
Inoltre, per la Cassazione (ordi-
nanza del aprile ), pos-
sono concorrere a determinare l’im-
porto i redditi extra di un genitore,
anche se il titolare nega di percepirli.
Infatti, a valutare la situazione eco-
nomica è il giudice del merito (che,
nel caso esaminato, aveva motivato
in modo congruo la decisione) e solo
se si verificano fatti nuovi è possibi-
le chiedere la revisione dell’assegno.
Né incide sull’obbligo di prov-
vedere al mantenimento del figlio
il fatto che quest’ultimo abbia deci-
so di non frequentare il genitore
(Cassazione, ordinanza del
gennaio ).
L’analisi dei redditi dei genitori
costituisce dunque l’elemento chia-
ve per assicurare al figlio il contri-
buto necessario a godere del tipo di
vita che avrebbe avuto se la relazio-
ne dei suoi non fosse terminata.
Ma fino a quando? È pacifico che
l’obbligo di mantenere il figlio può
proseguire anche oltre il raggiungi-
mento della maggiore età se il figlio
non è autosufficiente e in propor-
zione alle risorse economiche del
genitore tenuto a versare l’assegno.
Nel precisare la durata dell’obbligo,
la Cassazione, con l’ordinanza
del luglio scorso, ha stabili-
to che i genitori hanno l’obbligo di
assicurare ai figli «la possibilità di
completare il percorso formativo
prescelto e di acquisire la capacità
lavorativa necessaria a rendersi au-
tosufficiente». Inoltre, «la prova del
raggiungimento di un sufficiente
grado di capacità lavorativa è rica-
vabile anche in via presuntiva dalla
formazione acquisita e dall’esisten-
za di un mercato del lavoro in cui
essa sia spendibile».
La Cassazione ha bocciato le ar-
gomentazioni della pronuncia d’ap-
pello, che aveva affermato che l’ob-
bligo di mantenimento dei figli
maggiorenni proseguirebbe «sino
al raggiungimento e al manteni-
mento della loro indipendenza eco-
nomica». Né, per la Cassazione, de-
ve essere il genitore a provare «l’ef-
fettiva e stabile autosufficienza» del
figlio o la sua «responsabilità per la
mancata acquisizione di una occu-
pazione che lo renda indipenden-
te». Infatti l’onere della prova - ri-
corda la Suprema corte - non può
che «gravare sul figlio maggiorenne
che pur avendo completato il pro-
prio percorso formativo non riesca
a ottenere, per fattori estranei alla
sua responsabilità, una sufficiente
remunerazione delle propria capa-
cità lavorativa».
Tuttavia, prosegue la Cassazione,
anche quando il figlio dimostra la
non autosufficienza e la sua man-
canza di responsabilità, «vanno va-
lutati una serie di fattori quali la di-
stanza temporale dal completa-
mento della formazione, l’età rag-
giunta» e tutti gli ulteriori «fattori e
circostanze che incidano comunque
sul tenore di vita del figlio maggio-
renne e che di fatto lo rendano non
più dipendente dal contributo pro-
veniente dai genitori».
In buona sostanza, si può affer-
mare come «l’ingresso effettivo nel
mondo del lavoro con la percezio-
ne di una retribuzione, sia pure
modesta, ma che preluda a una
successiva spendita della capacità
lavorativa a rendimenti crescenti,
segna la fine dell’obbligo di contri-
buzione da parte del genitore e la
successiva eventuale perdita del-
l’occupazione o il negativo anda-
mento di questa non comportano
la reviviscenza dell’obbligo del ge-
nitore al mantenimento».
Un’analisi coerente con il princi-
pio affermata dalla Cassazione (con
l’ordinanza del marzo )
per cui il diritto del coniuge separa-
to di ottenere un assegno per il figlio
maggiorenne convivente va eslcuso
quando il figlio ha iniziato un’attivi-
tà lavorativa.
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1
L’articolo 337-ter, comma 4,
del Codice civile attribuisce al
giudice il potere di fissare le
misure economiche per
garantire al minore, da un lato,
la realizzazione del principio di
proporzionalità e, dall’altro, la
conservazione del tenore di
vita che aveva durante la
convivenza con entrambi i
genitori. Così, se le situazioni
economiche dei genitori sono
particolarmente sperequate, il
giudice, per garantire al figlio
lo stesso tenore di vita con il
padre e con la madre, può
porre a carico di un genitore,
anche se collocatario,
l’obbligo di versare all’altro
l’assegno perequativo da
destinare alle esigenze
essenziali del figlio.
Tribunale di Milano, sentenza
del 15 luglio 2015
LE INDICAZIONI DELLA GIURISPRUDENZA
PAGA IL COLLOCATARIO
2
Il venir meno dello stabile
apporto della famiglia di
origine alle dinamiche
economiche del genitore
collocatario consente al
tribunale di incrementare
l’assegno perequativo per i
figli in fase di divorzio. È infatti
un evento sopravvenuto e
rilevante ai fini della modifica
delle condizioni economiche
della separazione perché non
previsto al momento della
separazione. Né viola il
principio di corrispondenza
tra domanda e statuizione del
giudice la determinazione di
un importo maggiore di quello
richiesto perché un questo
ambito il giudice non è
soggetto al principio della
domanda nel giudizio.
Cassazione, ordinanza 3206
del 4 febbraio 2019
SENZA I NONNI
3
L’obbligo di provvedere al
mantenimento del figlio
minore, o maggiorenne ma
non autosufficiente
economicamente, prescinde
da ogni valutazione in merito
alla mancata frequentazione
del figlio con il padre. Nel
caso esaminato, in particolare,
viene respinto il ricorso con il
quale il padre chiede di
modificare la pronuncia che
pur riducendo l’importo,
rispetto all’originario onere, ha
però confermato l’assegno
alla figlia. Il fatto che questa
abbia deciso di non
frequentare il padre non
incide sull’obbligo del genitore
di versarle un assegno o di
farsi carico delle cure
a suo favore.
Cassazione, ordinanza 2735
del 30 gennaio 2019
LA FREQUENTAZIONE
4
I redditi extra «derivanti da
attività concertistiche del
ricorrente» possono
concorrere a determinare
l’importo dovuto da questi ai
figli « nonostante il
ricorrente abbia negato di
percepire tali introiti ». Per
la Cassazione, infatti, la
situazione economica delle
parti era già stata presa in
considerazione dal giudice
d’appello che aveva
motivato in modo congruo il
rifiuto alla riduzione
dell’assegno di
mantenimento visto che
non erano emerse
circostanze nuove rispetto a
quelle prese in
considerazione dal giudice
di primo grado.
Cassazione, ordinanza 11170
del 23 aprile 2019
REDDITI NEGATI
5
La dichiarazione della
cessazione dell’obbligo di
mantenimento dei figli
maggiorenni non ancora
autosufficienti deve essere
suffragata da un
accertamento di fatto che
consideri l’acquisizione di
una condizione di
indipendenza economica,
l’età, l’effettivo
conseguimento di un livello
di competenza
professionale e tecnica,
l’impegno rivolto verso la
ricerca di una occupazione
lavorativa e, in particolare, la
complessiva condotta
personale tenuta dal
raggiungimento della
maggiore età da parte
del figlio.
Cassazione, ordinanza 19135
del 17 luglio 2019
FIGLI MAGGIORENNI
6
Cassata la pronuncia che, pur
dichiarando di prendere in
considerazione l’esiguo
reddito della madre, ponga a
suo carico «contributi non
proporzionati in punto di
mantenimento diretto
durante i periodi di
permanenza presso di sé del
figlio, di spese di viaggio aereo
(...) e di spese straordinarie». Il
giudice, nel quantificare il
contributo del genitore non
collocatario per il figlio minore,
deve osservare il principio di
proporzionalità che richiede
una valutazione comparata
dei redditi dei genitori, delle
esigenze del figlio e del tenore
di vita. Va esaminata anche la
«volontaria cessazione» del
lavoro di un genitore.
Cassazione, ordinanza 19455
del 18 luglio 2019
REDDITI DA VALUTARE
QUOTIDIANO
DEL DIRITTO
MEDIAZIONE
Sul decreto ingiuntivo
parola alle Sezioni unite
È una questione di particolare
importanza che giustifica la
rimessione alle Sezioni unite
quella relativa alle conseguenze
derivanti dal mancato
esperimento della mediazione
quale condizione di procedibilità
della domanda giudiziale in sede
di opposizione a decreto
ingiuntivo. Invero, le due diverse
posizioni emerse in
giurisprudenza sono assistite da
valide ragioni tecniche e
appaiono essere proiezione di
diversi principi costituzionali.
Inoltre, la questione
interpretativa tocca un tema che
interessa un ampio contenzioso
anche per il diffuso ricorso al
procedimento monitorio che
richiede la rilevanza
nomofilattica della pronuncia
delle Sezioni unite.
Sono le conclusioni cui giunge
l’ordinanza interlocutoria
del luglio scorso della
Cassazione, che ha rimesso la
questione al Primo presidente
perché valuti la sottoposizione
del ricorso all’esame delle Sezioni
unite.
— Marco Marinaro
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