Corriere della Sera La Lettura - 18.08.2019

(Tuis.) #1

DOMENICA18AGOSTO2 019 CORRIEREDELLASERA LALETTURA 13


Ilmuseo
Il MuseoPopoli eCulture,
nella sede delCentro Pime
di Milano dal 1910, sposta il
suo allestimento (e
l’ingresso) da via Mosé
Bianchi 94 a via MonteRosa
81 (vicino al quartiere
CityLife; biglietto intero e 5,
info: pimemilano.com):
l’inaugurazione è prevista
sabato 14 settembre. Nella
nuova sede anche uno
spazio culturale cheospiterà
un negozio etico,la
caffetteria, una libreria, il
teatro e la biblioteca (che
raccoglie circa43 mila
volumi, tra cuitesti
missionari cristiani e
provenienti daiPaesi in cui il
Pime è presente; all’interno
anche cinquecentine e
volumi cinesi e giapponesi).
Il direttore del museo e del
Pime di Milano è padre
Mario Ghezzi mentrePaola
Rampoldi è la curatrice
Leimmagini
In alto a sinistra: Buddhain
parinirvana (XIX-XX secolo,
Myanmar), statua del
Buddha rappresentato
durante il risveglio spirituale
al momento della morte;
accanto:collare inferro (XX
secolo, Camerun), indossato
dairedell’etnia Bamun
durantefeste ecerimonie (le
teste rappresentano ire
fondatori). Sotto: Novusatlas
sinensis , atlante dell’Impero
cinese delgesuita trentino
Martino Martini, stampato
ad Amsterdam nel 1655 (la
duplicazione dei soggetti
rimandaforse al proverbio
«lecose buone si
presentano sempre a
coppie»). Qui a fianco:
MadonnaeGesùbambino
(1941) di Huang Ruilong,
dipinto della scuola di
pittura cinese cristiana
dell’UniversitàFuren di
Pechino (© MuseoPopoli
e Culture – Pime)

i


Nonsolofrancobolli:telegrafi,telefoni,timbri,
cartolineevagliasonobenconservatial
Museopostaleetelegraficodella
MitteleuropaaTrieste.Immaginidistoria:la
divisadelportalettere,labicicletta,ilborsone

evidenzianouncambiamentodiunservizio
rimastoperòessenziale:quellodi
comunicare.Eselaraccomandataoggiè
diventataunaPecnelmuseoèconservato
invecel’arredodiunvecchioufficiopostale.

Telegrafosenzafine

{


Pazzidacollezione
diMaurizioBonassina

difficilicome Cambogia, Bangladesh o Cina, dovei sa-
cerdoti hanno lavorato anche in incognito), «oggi il no-
stro è soprattutto un lavoro di assistenza alla Chiesa lo-
cale, diformazione del clero, oltre a perpetuare il primo
annuncio, attraverso operecaritativeediassistenza».
Molti padri sono presenti anche in Italia, dovesvolgono
attività diformazione per i giovani, progetti per l’inter-
cultura (come il museo) o l’assistenza ai padri anziani.
I primi oggetti che arrivano a Milano, alla fine dell’Ot-
tocento, provengono dalla prima missione di cinque pa-
dri inPapua NuovaGuinea (monili, armi, pennacchi...),
a cui seguirono quelle in Sudamerica e Cina. In questa
prima fase il museo assomiglia alle Wunderkammer , le
«camere delle meraviglie», diffuse dal XVI secolo,con
oggetti esotici e curiosi. Del primo nucleo dellacollezio-
ne oggirestano unrecipiente in legno e unaconchiglia.
Il resto è andato perdutocon i bombardamenti del 1943,
quando lacollezione si trovavanellaTorredellaRoc-
chetta del CastelloSforzesco, trasferita lì dal Museo di
Scienze naturali che l’aveva in prestito per motivi di stu-
dio. «Sicercava— racconta padre Massimo Casaro, di-
rettore del museo fino al 2012 — di avvicinare le persone
alle culture lontane: a queitempi era di moda il gusto
dell’esotico, dell’inusuale,eipadricolserol’occasione
per parlare delle missioni. Negli anni abbiamo dovuto
contrastare l’ideacomune che, essendo oggettireperiti
da missionari, il museo avesse unvalore inferiore».
Lacollezione attuale, checonta circa200 oggetti, risa-
le alla prima metà del Novecento econta anche alcune

Algeria ITALIA

70


15


Brasile

Bangladesh

25


Camerun

Costa
d’Avorio
19

Filippine

16


Papua
Nuova
Guinea

13


13


Giappone

19


27


8


Tunisia

India

22


Guinea-
Bissau
Messico 7 17

Stati Uniti
13

150


8


Cambogia
Cina

Myanmar
(Birmania)

3


Thailandia

2


2


padri sono
in assegnazione

LadiffusionedeipadrimissionaridelPime


donazioni di privati (iPaesi più rappresentati: Cina,
Myanmar, cioè laexBirmania, India,Papua NuovaGui-
nea, Brasile). È suddivisa in sezionitematiche: filosofia
orientale (sculture e oggetti di culto); induismo (scultu-
ree poemi epici indiani); taoismo (altari domestici); ar-
te cinese; riti (maschere, manufatti); vita quotidiana; or-
namenti (gioielli,tessuti, monili, piumaggi) e la nuova
sezione degli strumenti musicali (come i klu , «i tamburi
delle rane» birmani, usati per il richiamo della pioggia:
suonati da pochi eletti, sonoconsiderati sacri).

Il museotestimonia anche storie di non accettazione.
Nel settore dedicato al cristianesimo in Asia, ad attesta-
rel’intersecarsi tra culture, un quadro del 1941, Madon-
na e Gesù bambino di Huang Ruilong, che unisce l’ico-
nografia cristiana a personaggi e paesaggi cinesi. L’arti-
sta, attivo all’Universitàcattolica diPechino, fu l’allievo
di ChenYuandu (1902-1967; poi battezzato Luca) che, at-
traverso i padri, entrò incontattocon l’arte rinascimen-
tale italiana; i suoi allievi dipinsero le scene delVa ngelo
inversione cinese. Due oggetti raccontano inveceuna
storia di segno opposto evengono dal Giappone del Sei-
cento e dalle persecuzioni dei cristiani: una tavoletta in
legnoconun’immagine cristiana utilizzata per essere
calpestata pubblicamentecome atto di abiura; un’altra,
con tratti in apparenza buddhisti,cela ilvolto di Gesù e
una croce, e serviva per professare lafede di nascosto.
Provengono dalla Cina imperiale anchetessuti, abiti
come il jifu ,quello del letterato(tra le figurerilevanti
della scala gerarchica) e le «scarpe di loto», usate fino
agli inizi del XX secolo dalle donne nobili cuivenivano
fasciati i piedi per poicostringerli incalzature lunghe 11
centimetri.Usanza perpetuata nei secoli, sia per fattori
estetici sia per unaforma dicontrollo sociale sulle don-
ne, cui era impedita una normale deambulazione.
Perundoloroso ritodiiniziazione maschile del-
l’Amazzonia, la danza della tucandeira ,sono utilizzati
dalla tribù Sataré-Maué guanti di viminiecavigliere,
esposti al museo; i guanti riempiti da grandiformiche,
dal pungiglionevelenoso, sono indossati da ragazzini di
10-11 anni: chi supera la prova diventa adulto; un rito che
dimostra non solo laresistenza, ma protegge dalla ma-
laria grazie all’acidoformico degli insetti. Le donne del-
la tribùKayan, Thailandia del nord, indossano, tra i 5 e i
20 anni, uncollare che può pesare anche 16 chili, legato
atreleggende: protegge le arterie dagli attacchi degli
animali; distingue le donne di quel popolo, ritenute
particolarmentebelle; scoraggiairapimenti da parte
degli uomini; anche questicollari saranno visibili.
Il percorso museale vuole stimolare un dialogo sulla
diversità, ancora oggi: «Cercheremo dicoinvolgere an-
che pubblici diversi —conclude Rampoldi —come chi
sta imparando una seconda lingua,così che il museo
possa essere un luogo di educazione informale».
©RIPRODUZIONERISERVATA
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