la Repubblica - 02.08.2019

(C. Jardin) #1

Conti pubblici


La stagnazione riduce le risorse


Ora la manovra è più difficile


e il debito meno sostenibile


Sud


di Roberto Petrini

ROMA — Meno risorse per far fron-
te alle spese, debito di nuovo in
zona critica, urgenza di ridare fia-
to all’economia, spingendo i con-
sumi ma anche sostenendo le
esportazioni che cominciano a
segnare il passo. È questo il qua-
dro che si prospetta per l’autun-
no in vista della manovra 2020
dopo la certificazione di un’Italia
in stagnazione.
Il primo effetto negativo è che
la sostenibilità del debito pubbli-
co entra di nuovo in zona critica.
La forbice tra l’onere medio dei
tassi d’interesse che paghiamo
sul debito e la crescita del Pil no-
minale si va allargando. La cresci-
ta zero nel secondo trimestre, e
probabilmente per l’intero 2019,
sommata all’inflazione, che a lu-
glio è scesa a 0,5, prospetta un in-

cremento minimo del Pil nomina-
le, mentre il livello dei tassi, no-
nostante i recenti interventi del-
la Fed e gli annunci distensivi del-
la Bce, resta alto e oneroso.
Secondo la Banca d’Italia, che
ha dedicato alcune pagine alla
questione nella “Relazione” di
quest’anno, solo l’Italia tra i Paesi
europei ha un peso medio del de-
bito (2,8%) più alto del Pil nomina-
le (1,3%): la forbice è dunque di 1,
punti. E oggi è in risalita dopo es-
sere scesa all’1 per cento nel 2017.
Situazione rischiosa: «È chiaro
che gli ultimi dati acuiscono la
questione della sostenibilità del
debito», osserva l’economista
Giampaolo Galli. Tanto più che
secondo Bankitalia l’avanzo pri-
mario necessario a stabilizzare il
debito nel biennio 2019-2020 già
oggi dovrebbe essere del 2 per
cento, cioè più alto di mezzo pun-
to di quello previsto dal Def.

Dopo l’estate, quando il 6 set-
tembre Moody’s e il 25 ottobre
Standard&Poor’s torneranno a
giudicare l’Italia, queste variabili
conteranno. Così come si chiede-
rà conto dei 18 miliardi di priva-
tizzazioni mobiliari e immobilia-
ri, previste dal Def , ma che anco-
ra mancano all’appello. Abbiamo
evitato per poco la procedura

d’infrazione: ma non si può di-
menticare che nel 2019 il rappor-
to debito-Pil è al livello record del
132,6 per cento.
La caduta del Pil, che trascine-
rà anche i dati del prossimo an-
no, già oggetto di continue revi-
sioni al ribasso, farà anche man-
care gettito e dunque renderà
più difficile la corsa al reperimen-
to delle risorse della manovra il
cui menù si estende di giorno in
giorno. Oltre ai 27,6 miliardi (Iva
più spese indifferibili), ci sono gli
annunci che vanno dalla flat tax
(15 miliardi), cuneo fiscale (4 mi-
liardi), abolizione Tasi (1 miliar-
do), abolizione bollo auto (6 mi-
liardi), famiglia (1 miliardo). No-
nostante l’effetto positivo dell’as-
sestamento di bilancio sul 2020 e
la discesa dei tassi d’interesse, il
sentiero non è solo stretto, sem-
bra sventrato da una ruspa.
Così la caduta del Pil impone ai

tecnici del governo di valutare
nuove opzioni. Oltre al ristagno
dei consumi (nel terzo trimestre
del 2017 segnavano +1,5 e nel 1°
del 2019 sono a +0,2 per cento) il
fatto nuovo è che l’export comin-
cia a mancare all’appello (+6,
nel terzo trimestre del 2017 con-
tro il +3,5 nel 1° trimestre di que-
st’anno).
Di conseguenza si profila un
braccio di ferro tra chi vuole ren-
dere più competitive le aziende
(con operazioni tipo il cuneo gril-
lino, sconto per ora destinato so-
lo alle imprese e “fiaccato” dal sa-
lario minimo) e spinte con effetti
discutibili ai consumi come la
flat tax leghista. L’emergenza, do-
po gli ultimi dati sull’occupazio-
ne, si conferma la produttività.
Tema assente dall’agenda ma del
quale si dovrebbe discutere con
imprese e sindacati
©RIPRODUZIONE RISERVATA

I consumi interni


segnano il passo


ma anche il traino


delle esportazioni


sta iniziando


a rallentare


di Dario Del Porto

Altro che immigrazione, è la fuga
dalle regioni del Sud «la vera emer-
genza meridionale». Più di due mi-
lioni di persone hanno lasciato il
Mezzogiorno tra il 2002 e il 2017 per
trasferirsi al Nord oppure all’estero.
Moltissimi sono giovani, tanti lau-
reati. Qualcuno è tornato, ma il sal-
do al netto dei rientri è negativo per
852 mila unità, vale a dire quanto
una città delle dimensioni di Napoli.
Le anticipazioni del rapporto Svi-
mez sgombrano dunque il campo
dalla martellante propaganda leghi-
sta. «Sono più i meridionali che emi-
grano dal Sud per andare a lavorare
al Centro Nord e all’estero, che gli
stranieri immigrati regolari che scel-
gono di vivere nelle regioni meridio-
nali», scrivono gli analisti dell’asso-
ciazione che parlano, senza mezzi
termini, di «dramma».
Non si tratta di un’opinione, ma
di quanto emerge dai dati. Nel 2017,
ad esempio, 73 mila cittadini prove-
nienti dall’estero sono stati iscritti
nel Mezzogiorno, mentre i cittadini

cancellati dal Sud sono stati 132 mi-
la, la metà dei quali ha meno di
trent’anni e di questi uno su tre ha
un diploma di laurea in tasca.
I numeri «dimostrano che l’emer-
genza emigrazione del Sud determi-
na una perdita di popolazione, so-
prattutto giovanile e qualificata, so-
lo parzialmente compensata dai
flussi di immigrati, modesti nel nu-
mero e caratterizzati da basse com-
petenze», sottolineano gli esperti
della Svimez. E avvertono: «Questa
dinamica determina, soprattutto
per il Mezzogiorno, una prospettiva
demografica assai preoccupante di
spopolamento, che riguarda in parti-
colare i piccoli centri sotto i 5 mila
abitanti».
Tutto ciò in una cornice che dopo
un triennio 2015-2017 caratterizzato
da una «pur debole ripresa», vede
riallargarsi pericolosamente la forbi-
ce tra le regioni meridionali e quelle
del Centro Nord. «Al Mezzogiorno
mancano quasi 3 milioni di posti di
lavoro per colmare il gap occupazio-
nale» con il resto del Paese. Al Sud
sono fortemente «limitati» i diritti
di cittadinanza, mancano i servizi,
pur in un contesto di «forte disomo-
geneità» fra le regioni, con Abruzzo,
Puglia e Basilicata che, nel 2018, han-
no fatto registrare il più alto tasso di
sviluppo, mentre il Pil della Campa-
nia è fermo a zero dopo un triennio
di effervescenza. Lo spettro della re-
cessione è dietro l’angolo, perché
l’associazione prevede, per il 2019,

una diminuzione del Pil al Sud dello
0,3 per cento, mentre il Centro Nord
sale dello 0,3. Ma lo scenario com-
plessivo disegna anche un «doppio
divario»: se, nel 2018, il Sud cresce
meno del Centro Nord, nello stesso
periodo l’Italia rallenta vistosamen-
te rispetto all’Unione Europea. «Sia-
mo l’unico paese, a parte la Grecia,
che non ha ancora recuperato i livel-
li pre-crisi». Il presidente della Svi-
mez, Adriano Giannola, parla di «ul-
tima spiaggia non solo per il Sud,
ma per l’intero Paese». E il progetto
di autonomia differenziata, eviden-
zia l’economista, «tende a consolida-
re la situazione di indebito privile-
gio nella distribuzione delle risorse,
che si manifesta in diritti di cittadi-
nanza estremamente divaricati fra
Nord e Sud, in modo non costituzio-
nalmente corretto. E quindi illega-
le».
Il leader della Cgil Maurizio Landi-
ni invoca «un piano straordinario di
investimenti per il Sud». Per il segre-
tario del Pd, Nicola Zingaretti, «ci so-
no cose di cui Salvini e Di Maio non
vogliono parlare ma oggi lo Svimez
ci ricorda che ci sono oltre due milio-
ni i giovani che stanno abbandonan-
do l’Italia perché qua non c’è svilup-
po e il Mezzogiorno è in recessione.
Per questo bisogna cambiare: la Co-
stituente delle idee è utile a costrui-
re un nuovo programma». Troppi ra-
gazzi del Sud vanno via, e un pezzo
del Paese si sta spopolando.

Tassi di crescita del Pil
Annuali e cumulati in termini reali 2008-

MezzogiornoCentro NordItalia Unione EuropeaGermaniaSpagnaFrancia Grecia

-10,4% -2,4% -4,3% 10,8% 14,5% 5,5% 9,9% -23,9%

Primo piano I nostri migranti


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Svimez: il Mezzogiorno


è già in recessione.


In 15 anni scomparsa


la popolazione di una


città come Napoli


Fuga dal


pagina. 6 Venerdì, 2 agosto 2019

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