La Stampa - 05.08.2019

(Barré) #1
.

LEONARDO MARTINELLI
PARIGI

T


estardo e coraggioso
(forse anche un po’ in-
cosciente), Franky Za-
pata ce l’ha fatta. Ieri,
alle 6 e 16 della matti-
na, si è piazzato su
quella sorta di surf volante che
è il suo Flyboard Air, di cui è an-
che inventore. Dalla spiaggia
di Sangatte, nel Nord della
Francia, si è innalzato verso il
cielo: 22 minuti più tardi atter-
rava su St Margaret’s Bay, a Do-
ver, dall’altra parte della Mani-
ca, sulla costa inglese.
Dato che il marchingegno
ha un’autonomia di appena
dieci minuti, l’uomo volante
ha dovuto fermare la sua corsa
per qualche istante su un bat-
tello, in mezzo al mare, per il ri-
fornimento: proprio quella
pausa, lo scorso 25 luglio, il
giorno del primo tentativo, gli
era costata cara. Era finito
nell’acqua. Stavolta, invece, è
subito risalito. «Sento che ho
sfiorato i miei limiti», ha com-
mentato al suo arrivo.
Vedendolo sfrecciare in aria
a 160-170 km orari, la velocità
che ha tenuto per quasi tutto il
tragitto, si capisce il perché di
quelle parole. L’impresa è una
prodezza tecnologica (il Fly-
board Air è il frutto di una lun-
ga ricerca della società di Zapa-
ta, sovvenzionata anche dal
ministero della Difesa france-
se con 1,3 milioni di euro) ma
pure fisica. Per far funzionare
il mezzo, infatti, si aziona la
piattaforma, munita di cinque
miniturboreattori, con un tele-
comando, ma poi bisogna con-

trollarla con i movimenti del
corpo.

Le applicazioni future
Presa un po’ alla leggera, a lun-
go quasi un fenomeno da ba-
raccone, l’invenzione di
Franky è ancora criticata, boc-
ciata dal punto di vista ecologi-
co (va a kerosene e consuma
tantissimo), ma interessa sem-
pre più per le sue possibili ap-
plicazioni, sia militari che civi-
li. «Può servire a evacuare un
ferito in zone di guerra - sottoli-
nea Emmanuel Chiva, diretto-
re dell’Agenzia pubblica di in-
novazione per la difesa - e an-
che per trasportare munizio-
ni. E potrebbe diventare la piat-
taforma d’assalto di un com-
mando».
Ieri Zapata ha approfittato

del successo dell’avventura
per annunciare che la sua
azienda sta già preparando
una nuova versione del Fly-
board Air. Attualmente non
può salire oltre i 150 metri d’al-
tezza, ma per la prossima ver-
sione l’inventore punta a 2mi-
la o forse 3mila metri, «per cor-
rere sopra le nuvole». Non so-
lo: con la sua équipe sta proget-
tando una vera auto volante. Il
prototipo potrebbe essere
pronto a fine anno. Questo atti-

ra molto alcune società che
stanno lavorando nella stessa
direzione, come il colosso ae-
ronautico Airbus e Ratp, la so-
cietà del trasporto pubblico di
Parigi, che progettano assie-
me taxi volanti, da poter speri-
mentare già nel 2024.

La vicenda umana
Quella di Franky è pure un’in-
credibile vicenda umana. Qua-
rant’anni, alto appena un me-
tro e 68, fisico atletico, agilissi-
mo, abbandonò la scuola a 16
anni perché dislessico, disorto-
grafico e daltonico. Ma ha sem-
pre avuto il pallino della mec-
canica.
Originario della zona di Mar-
siglia, si prese la sua rivincita
nello sport. È stato campione
di moto d’acqua, riuscendo a

strappare il suo primo titolo
mondiale nel 2007. Questo
background gli serve anche in
volo sul Flyboard Air, perché,
come ha sottolineato, «è il cer-
vello umano che partecipa per
l’80% all’equilibrio da mante-
nere sulla piattaforma». La
sua esperienza conta.
Una volta abbandonato l’a-
gonismo, ha fondato con la
moglie Krystel, appassionata
quanto lui, una società, che a
Le Rove, non lontano da Marsi-
glia, fabbrica moto d’acqua e
sperimenta in quel settore. Ha
concepito innanzitutto il Fly-
board, che, a propulsione idri-
ca, riesce a sollevarsi nell’aria
sopra le onde. Accompagnato
da tre ingegneri nelle sue ricer-
che, Zapata è passato poi a la-
vorare sulla possibilità di vola-

re, per lui «un sogno che mi
porto dietro da bambino».
Siamo fra la tecnica, l’auda-
cia, la prestazione fisica e il so-
gno. Sì, anche una buona dose
di fantasia serve per imprese
pioneristiche del genere. Po-
chi giorni fa il ministero della
Difesa francese ha annunciato
la creazione di una «red team»
composta da 4-5 romanzieri di
fantascienza (le loro generali-
tà resteranno segrete), perché
collaborino con gli ingegneri
che concepiscono le tecnolo-
gie militari del futuro. Devono
andare al di là dell’immagina-
bile e, come si legge in un docu-
mento interno del dicastero,
«sfidare l’esercizio prospettico
istituzionale». Far diventare
realtà la fantascienza. —
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Il suo monopattino
volante un giorno
potrebbe essere utile
ai colleghi in servizio
sulla Luna

FRANCO MALERBA


L’


avventura di
Franky Zapata
è un’altra vitto-
ria, breve e spet-
tacolare, sulla
gravità. L’uo-
mo ha sempre sognato di vo-
lare, fin dai tempi più lonta-
ni, osservando e invidiando
gli uccelli. Finalmente, in
tempi recenti, c’è riuscito
proprio come gli uccelli,
profittando della portanza
di un’ala in veloce movi-
mento, «appoggiandosi»,
con abile tecnica, all’aria.
In mongolfiera, ad esem-
pio, l’aria gioca un ruolo fon-
damentale; è la differenza di
temperatura e di densità
dell’aria dentro e fuori del
pallone che ci porta in alto,
che ci fa vincere la gravità. So-
lo gli astronauti non profitta-
no dell’atmosfera, del mezzo
prezioso in cui viviamo, per
vincere la gravità; sono co-
stretti a far ricorso a leggi del-
la fisica più universali, che
funzionano anche fuori
dell’atmosfera. Leggi che fan-
no appello nientemeno che
all’esperienza dell’arretra-
mento del cannone quando
spara: in gergo militare si par-
la di «rinculo», in termini
scientifici della «conservazio-
ne della quantità di moto».

Le analogie con lo spazio
Orbene, il signor Zapata ha
usato proprio la tecnica de-
gli astronauti per vincere la
gravità. Anche il suo fly-
board usa motori a razzo (a
rinculo) per sostenere la pic-
cola piattaforma volante.
Parte con una gran massa di
combustibile che divora al-
leggerendosi, via via, duran-
te il volo quasi come un raz-
zo multistadio; questi dati
me lo fanno sentire abba-
stanza «collega». Senza co-
noscere il sistema del fly-
board in profondità, credo
che il controllo di assetto di
un meccanismo così instabi-
le sia un elemento critico del
veicolo, un elemento di sfi-
da e di rischio che lo rende
ancor più parte della fami-
glia degli esploratori, di colo-
ro che cercano di aprire nuo-
ve vie; ma l’elemento più
spettacolare della sua per-
formance resta la vittoria
sulla gravità.
Già la gravità, questa stra-
na forza, che magari forza
non è ma piuttosto curvatura
dello spaziotempo, che ci fa
sempre inesorabilmente «pe-
sare» al suolo del nostro pia-
neta e che è molto difficile do-
minare. Non possiamo in al-

cun modo «spegnerla» o
schermarcene, come invece
riusciamo a fare con le forze
elettromagnetiche; della gra-
vità è proprio impossibile li-
berarci, dobbiamo sempre
venire a patti con essa, a me-
no che non lasciamo la Terra.
Se ripenso all’esperienza
d’astronauta, mi torna in
mente l’immensa fatica dei
razzi per staccarci da Terra,
ma, una volta nello spazio e
azzerata la gravità con la
vorticosa rotazione orbita-
le, forse avrei ringraziato
un poco di gravità, così uti-
le per organizzare i nostri si-
stemi di riferimento quan-
do tutto galleggia, per de-
terminare ordine nell’am-
biente di vita e di lavoro.
Tornando a Zapata, viene
spontaneo domandarci se
questo flyboard potrà diven-
tate rapidamente un veicolo
di facile accesso, come i dro-
ni nel mondo della fotografia
aerea o i monopattini elettri-
ci nel traffico cittadino, tan-
to da richiedere nuove rego-
le del traffico aereo. Franca-
mente ho qualche dubbio; ci
saranno certamente degli
appassionati che vorranno
sperimentarlo e giocarci,
meglio sul mare, per non in-
fastidire chi sta a terra con i
getti dei motori, ma un fly-
board popolare per battere
il traffico cittadino mi sem-
bra poco probabile. Per con-
tro, vedrei molto bene que-
sto monopattino volante al
servizio degli astronauti sul-
la Luna, perché là non ci so-
no autostrade, almeno per
ora, e perché la gravità luna-
re è assai più debole che sulla
Terra. Oggi suona fantascien-
za, ma domai chissà? —
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NICOLA PINNA
ROMA

L


e code, gli ingorghi e
magari gli incidenti
sopra e sotto le nuvo-
le sono uno scenario
ancora difficile da
immaginare. Ma c’è
una scadenza più vicina che gli
studiosi hanno già ben chiara:

«Credo che entro i prossimi
dieci anni sarà tutto pronto
per il volo personale», dice Da-
niele Pucci, ricercatore dell’I-
stituto italiano di tecnologia.
Nei laboratori dell’Iit si pia-
nifica da un anno e mezzo il de-
collo umano e per mettere a
punto la tecnologia necessaria
si sfruttano i 33 chili dell’uma-
noide iCub, un robot alto poco
più di un metro, in grado di
camminare e di salire le scale,

di riconoscere gli oggetti e le
persone e di imparare conti-
nuamente nuove nozioni.
Cosa c’entra iCub con l’esperi-
mento sul volo umano?
«Il nostro umanoide sta svilup-
pando un’intelligenza cogniti-
va, ma anche una capacità mo-
toria. In quest’ultimo ambito
stiamo lavorando sulla roboti-
ca umanoide aerea. In sostan-
za stiamo tentando di consenti-
re al robot di volare».

A che punto siamo arrivati?
«Abbiamo approntato la tecno-
logia necessaria e dobbiamo
verificare che le previsioni fat-
te abbiano una concreta appli-
cazione. A quel punto si dovrà
passare alla sperimentazione,
con un congruo numero di de-
colli e di voli. Credo che entro

la fine del 2020 iCub sarà in
grado di decollare».
A quel punto si aprirà la stra-
da al volo umano?
«Se con l’umanoide le cose an-
dranno come previsto, allora
si passerà alla fase successiva,
quella che riguarda l’uomo.
Per il momento, il nostro obiet-
tivo è quello di sfruttare le ca-
pacità aerea del robot in caso
di gravi calamità, come alluvio-
ni o terremoti. Se a Fukushima
ci fosse stato un robot volante
sarebbe stato possibile chiude-
re le valvole della centrale nu-
cleare e limitare il disastro».
Il vostro lavoro con l’umanoi-
de è il primo al mondo. Cos’è
che finora ha ostacolato il so-
gno umano di volare?
«L’errore è stato quello di cer-
care di usare tecnologie com-
plesse per un’operazione che

richiede semplicità. La Nasa
ha provato a creare aerei mol-
to piccoli per l’uomo, ma l’espe-
rimento è fallito. Il nostro lavo-
ro, infatti, è stato quello di ri-
durre al minimo l’impatto del-
la tecnologia per consentire al
robot di stare in equilibrio».
C’è un’altra soluzione, a par-
te quella scelta da Zapata?
«Sì, l’idea potrebbe essere quel-
la di un esoscheletro che tenga
immobile l’uomo che prova a
volare, perché il problema è
sempre quello della reazione
alla spinta del propulsore».
Altri problemi da risolvere?
«Creare carburanti ecocompa-
tibili, se immaginiamo che tan-
ta gente riuscirà a volare non
sarà possibile utilizzare il che-
rosene o il diesel. Finiremo per
moltiplicare lo smog».—
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3


Ex campione di moto
d’acqua, 40 anni, ha
progettato il Flyboard
con tre ingegneri

2


1


4


È morto a 94 anni il regista americano Don Allan Pennebaker, autore di celebri do-
cumentari dedicati a Bob Dylan e a David Bowie, ma anche alla campagna presi-
denziale di Bill Clinton nel 1992. Vincitore di un Oscar onorario nel 2013, Penne-
baker si è spento il primo agosto nella sua casa di Long Island. Leader di una gene-
razione di cineasti degli Anni 60 pronti a innovare i sistemi di ripresa e ad adotta-
re uno stile intimo, da «cinéma vérité», Pennebaker contribuì a inventare il docu-

mentario politico moderno con «Primary», dedicato alla vittoria di John F. Kenne-
dy nel 1960 alle primarie democratiche in Wisconsin. A consacrarlo sarebbe sta-
to però «Don't Look Back», il documentario con cui il regista seguì nel 1965 un
giovanissimo Dylan in tour in Inghilterra, girando in presa diretta con una cinepre-
sa portatile. Un rockumentary ante litteram, oggi un cult movie, ricco di sequenze
passate alla storia come quella in cui Dylan suona «It's All Over Now, Baby Blue»
nella camera d'albergo. Sempre in tema musicale, Pennebaker firmò nel 1973
«Ziggy Stardust and the Spiders from Mars» con David Bowie.

AFP


3


L’elemento più
spettacolare della
sua performance
è sicuramente la
vittoria sulla gravità

DANIELE PUCCI Ricercatore dell’Istituto italiano di tecnologia


“Entro 10 anni ci sposteremo in aria


Ma prima serve un eco-carburante”


INTERVISTA


Il commento di Franco Malerba


Come noi astronauti


è un esploratore


che apre nuove vie


RACCONTO


Sulla Manica nel 1785
Il 7 gennaio Jean Pierre Blan-
chard e John Jeffreis, con un
pallone aerostatico, hanno sor-
volato il canale: da Dover, in In-
ghilterra, a Calais, in Francia

1


La traversata oceanica
Il 21 maggio 1927 l’aviatore
Charles Lindbergh portò a ter-
mine la prima traversata ocea-
nica in solitaria e senza scalo,
da New York a Parigi, in 33 ore

2


Il primo volo umano
Nel 1903, negli Usa, i fratelli
Wilbur e Orville Wright riusci-
rono a volare per pochi secon-
di con un apparecchio aziona-
to da un’elica

Viaggi epici



  1. Franky Zapata vicino all’arrivo, le
    scogliere di Dover; 2. Lacrime di
    gioia con la moglie; 3. La partenza
    da Sangatte, in Francia; 4. L’acco-
    glienza festosa a impresa riuscita


Prodotto da una società privata,
la Zapata Industries,
a Rove, nel Sud della Francia, ma con
un finanziamento pubblico di
1,3 milioni del ministero della Difesa

Folkestone

Dover

Boulogne
sur Mer

Andres

Calais

Margate

Canterbury

La Manica

INGHILTERRALTERRA

FRANCIAFRANCIA

Come funziona

Flyboard Air

SANGATTE

ST. MARGARET


  • LA STAMPA


Può salire fino a
150 metri
di altezza

Può andare
fino a
190 km/h
di velocità

Autonomia
di una decina
di minuti
Va a kerosene

Dispone di un algoritmo che riadatta
in permanenza l'inclinazione
dei turboreattori
e la velocità delle turbine laterali

finoa

omia
decina
ti
ososeneen

attori
delle turbine laterali

5
miniturboreattori

FRANKY ZAPATA È SFRECCIATO A 160 KM ALL’ORA DALLE COSTE DELLA FRANCIA A QUELLE INGLESI


L’impresa dell’uomo volante

Traversata della Manica sulle ali di un robot


”Ora sogno di correre sopra le nuvole”


AFP


AFP


EPA


TM


TEMPI


MODERNI


CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

Addio al regista Pennebaker, raccontò Dylan e Bowie


Il ricercatore Daniele Pucci


20 LASTAMPALUNEDÌ 5 AGOSTO 2019


TM

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