Le Scienze - 08.2019

(Ann) #1

80 Le Scienze 6 12 agosto 2019


Da

Neural Summation in The Hawkmoth Visual System Extends The Limits of Vision in Dim Light

, di

Stöckl A.l. e altri, in «Current Biology», Vol. 26, n. 6, 21 marzo 2016 (

immagini di fiori

)

Osservata dal nostro pianeta, la spessa striscia di stelle della galas-
sia forma una linea piuttosto simmetrica. Dalla prospettiva degli
scarabei, che si stiano muovendo in avanti oppure indietro, la li-
nea non dovrebbe cambiare aspetto. Tuttavia, gli insetti non re-
stano disorientati.
Foster sospettava che gli scarabei rilevassero le piccole differen-
ze di ntensità luminosa tra due estremità della Via Lattea. Quando
ha analizzato foto della galassia scattate dall’habitat degli stercorari
in Sudafrica, ha scoperto che effettivamente l’intensità della luce,
tra l’estremità settentrionale e quella meridionale della Via Lattea,
aveva una differenza almeno del 13 per cento, e a volte molto più
grande, a seconda di come si elaboravano le immagini.
Per verificare questo effetto nella pratica sugli scarabei, Foster
ha realizzato un modello semplificato della Via Lattea con LED
disposti in fila indiana lungo un arco al di sopra di un’arena. Po-
teva variare l’intensità della luce su ciascun lato. Gli scarabei an-
davano dritti se tra un’estremità e l’altra della fila c’era una dif-
ferenza di luminosità del 13 per cento, ma tentennavano se era
inferiore. Questo risultato ha indicato che gli scarabei riescano a
distinguere le due estremità della Via Lattea.

Potenziamento dei segnali
Oggi sappiamo che, oltre a scarabei e api, parecchi altri anima-
li vedono bene in ambienti bui: blatte, pesci lanterna, seppie, ra-
ne e primati notturni come gli aoti. E i neuroscienziati si stanno
chiedendo come facciano. Occhi più grandi, per esempio, raccol-
gono più luce, ma non abbastanza da giustificare la visione not-
turna molto sensibile che gli scienziati hanno rilevato. Deve av-
venire un’altra elaborazione visiva dopo che i bastoncelli hanno
assorbito la luce in arrivo. In particolare, gli animali devono es-
sere in grado di superare o eliminare il «rumore» visivo prodot-
to dall’attività dei fotorecettori, che non rivela niente di utile sul
mondo visibile.
Il rumore nel sistema visivo proviene da svariate fonti. Una, il
cosiddetto rumore shot dei fotoni, si verifica quando solo pochi fo-
toni raggiungono i fotorecettori. Dato che questi pacchetti di luce
tendono ad arrivare sporadicamente, generano un’immagine va-
riabile e poco affidabile. È come se di notte accendeste tre o quat-
tro torce per illuminare la volta della Cappella Sistina: non potre-
ste certo apprezzare il capolavoro di Michelangelo nel suo insieme.
Una seconda fonte è costituita dalle interazioni molecolari nei
fotorecettori. Un fotorecettore percepisce la luce quando un foto-
ne in arrivo colpisce una molecola detta rodopsina. Ma ogni tanto,
al massimo una volta al minuto, una molecola di rodopsina è atti-
vata per caso, o si verifica un malfunzionamento in un’altra parte
del percorso. Questo rumore si può percepire perfino nel buio più
totale, a occhi chiusi. Una terza fonte, il rumore del trasduttore,
deriva dalle variazioni di tempo e intensità nella reazione del siste-
ma visivo a un singolo fotone.
Di giorno il rumore non è un problema, perché l’enorme quan-
tità di fotoni che raggiungono gli occhi rende insignificanti que-
ste leggere variazioni. Al buio, invece, gli animali hanno bisogno
di una strategia per potenziare il segnale fino a un livello che su-
peri ancora in modo netto il rumore. E ci riescono accumulando
i segnali che ricevono da singoli fotorecettori nello spazio e nel
tempo.
L’accumulo spaziale funziona così: immaginate di essere a un
concerto in cui 1000 persone fanno ondeggiare il cellulare illu-
minato. Non riuscite a vedere bene la luce di ciascun telefono. Se
ogni gruppo di 50 spettatori raggruppasse la luce dei rispettivi te-

LA STRATEGIA DELL’ACCUMULO

Migliorare l’immagine

con luce scarsa

Durante il giorno c’è moltissima luce per una visione acuta. Di not-
te, invece, i pochi fotoni disponibili riescono di rado a stimolare i foto-
recettori e lo fanno debolmente. Il risultato è un’immagine sgranata
e scura. Le farfalle notturne chiamate sfingi risolvono il problema ac-
cumulando questi fotoni scarsi sia nello spazio che nel tempo.

Tempo

Reazione lenta

Giorno Notte

Cellula unipolare
della lamina

Unità
visiva
Segnale condiviso
Condivisione della
cellula unipolare
della lamina

Effetto dell’accumulo
spaziale con luce scarsa

Effetto dell’accumulo
temporale con luce scarsa

Reazione rapida

Segnali di luce

Segnale non condiviso

Accumulo spaziale
Al buio i segnali scarsi delle immagini si dirigono dai fotorecettori alle
aree cerebrali che elaborano le informazioni visive. Ma in alcuni insetti,
in una regione intermedia, le cellule unipolari della lamina condividono
i segnali provenienti da punti dell’occhio adiacenti. Così si crea un’unità
visiva più luminosa, ma si perde definizione, dato che si abbinano
segnali da posizioni diverse.

Accumulo temporale
I fotorecettori possono rallentare la velocità con cui di notte trasmettono
i segnali al cervello. Ad alte velocità, ciascun segnale da solo è debole
per stimolare una reazione degna di nota nelle aree cerebrali deputate
alla visione. Ma rallentando le proprie reazioni le cellule permettono ai
segnali di accumularsi, generando uno stimolo più forte. Inoltre così si
migliora la luminosità, ma anche in questo caso perdendo in acutezza.
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