Dopo aver arricchito la nostra cultura generale si passava ai canali musicali che restavano fissi per
tutta la mattinata, donandoci una parvenza di serenità e spensieratezza.
Nel frattempo iniziammo a conoscerci meglio in cella, ed ognuno mi raccontò la sua storia ed i
motivi per cui erano carcerati, ed io feci altrettanto con loro.
I reati che avevano commesso erano soprattutto spaccio di droga, estorsioni, rapine, aggressioni,
associazione camorristica, quindi piuttosto seri, ma, ciò nonostante, non cambiai idea sul buon
giudizio che espressi su di loro e che era limitato al comportamento che avevano avuto in cella.
D’altronde stavano usufruendo della spiritualità regnante nel carcere, anche se non ne erano
consapevoli come me che, invece, seppi cogliere segni e significati a loro sconosciuti.
Appena seppero che ero un medico del 118 mi dissero tutti, con grande sorpresa: “Maronna mia
dottò, e che ci fate qua dentro, com’è possibile che una persona colta e istruita come voi deve stare
a marcire qua dentro con tanti delinquenti! Che vi è successo, che vi hanno fatto?”.
La domanda era proprio sensata in tutto e per tutto, cioè era vero che ero colto ed istruito, era vero
che lì dentro si rischiava di marcire, era vero che c’erano tanti delinquenti, ma era vero soprattutto
che qualcuno mi aveva “fatto” qualcosa di male! Avevano capito subito che uno come me non
avrebbe potuto commettere alcun tipo di reato e che invece, con ogni probabilità, sarebbe potuto
essere vittima di soprusi e di cattiverie altrui!
Così raccontai la mia vita a tutti, e la ascoltarono con grande attenzione e stupore.
Iniziai dall’attività di medico raccontando tanti episodi capitati nel corso degli interventi col 118, e
loro furono molto attenti e partecipi, al punto tale da inoltrarmi continuamente domande sul loro
stato di salute, sulle malattie, e su possibili eventuali nuove cure delle quali io potessi essere a
conoscenza.