Poi mi concentrai sulle mie sfortune giudiziarie e raccontai le ingiustizie patite per colpa della
massoneria che mi aveva fatto finire in galera.
Uno di loro, napoletano, si sentì talmente partecipe del mio dramma che improvvisamente si
incazzò col mondo intero, iniziando a marciare avanti ed indietro nella cella, in preda ad una grande
nevrosi, bestemmiando ed assumendo atteggiamenti cattivi e davvero spaventosi!
Il suo volto assunse un’espressione molto violenta, come di una trasfigurazione al contrario, una
metamorfosi terribile, infatti tutte le sue plateali smorfie trasmettevano odio e cattiveria allo stato
puro, esaltate dalla gestualità classica ed esagerata dei partenopei!
Tirò fuori tutta la sua rabbia criminale, ed ebbi davvero paura che innescasse comportamenti
spropositati anche negli altri detenuti! Fu una reazione scioccante ed inimmaginabile!
Si sentì talmente coinvolto dal mio racconto sulle ingiustizie subite che visse quel torto inflittomi
dalla massoneria come se lo avessero fatto a lui, e si inquietò talmente tanto che ad un certo punto,
mettendosi le mani nei capelli e tirandoseli violentemente all’indietro, disse una frase molto brutta
e volgare, che controvoglia, ed a malincuore, sono costretto a ripetere per dovere di cronaca, se così
posso definirlo, per descrivere la situazione reale,: “mamma mia dottò, se ero io al posto vostro non
immaginate che cosa gli avrei fatto a quei bastardi di merda, gli avrei strappato le budella dal
corpo con le mie mani e gli avrei mangiato il fegato, come ho fatto in passato ad altre munnezze
come a loro!”.
Io rimasi esterrefatto e cercai di calmarlo facendogli capire che nella vita esistono mali peggiori, per
cui io non ero così arrabbiato come lo era diventato lui!
Gli dissi che ero divenuto una sorta di filosofo della pazienza che è l’arte di sopravvivere alle
ingiustizie trasformandole in occasioni per migliorarsi.
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