Uno dei detenuti tirando fuori un Santo Rosario dalla tasca, con mia grande sorpresa e commozione,
gli disse: “caro mio, io sono Cristiano, vedi cosa uso per le mie preghiere, tu sarai sicuramente
musulmano ma non per questo non puoi essere un nostro fratello, anzi lo sei ancor di più perché
sembri diverso da noi e non lo sei! Qui nessuno ti vuole male, anzi tutti ti vogliamo bene perché
abbiamo capito che bravo ragazzo che sei, forse troppo! Non ti devi isolare, devi pranzare insieme
agli altri perché sei come loro, sei uno di noi. Capito? Mi giuri che d’ora in avanti lo farai? Questo
è il tuo posto, ed io passerò tutti i giorni per osservare che tu pranzi e ceni seduto assieme a loro.
Mi raccomando!”.
Fu una lezione di vita straordinaria per tutti, anche per me che non avevo mai invitato allo stesso
modo Akin pur vedendolo spesso isolato, infatti mi giustificai con gli altri detenuti dicendo la verità
cioè che io e Peppe non avevamo insistito con lui, nel farlo mangiare al tavolo con noi, per non
metterlo in ulteriore imbarazzo, per dargli tempo di familiarizzare, ma i detenuti risposero con
maggior vigore e fermezza: “qui dentro il tempo lo devi prendere per mano e deve accadere ciò che
voi gli imponete, non il contrario! Non ci si deve lasciare andare al tempo perché si muore. Qui
dentro persino il tempo è crudele se lasciate che vi faccia del male, ma se lo plasmate secondo la
vostra volontà, secondo la vostra forza, vi sarà amico. Nel carcere occorre forza e determinazione
per raggiungere traguardi importanti, persino quando si prega! Le sdolcinate qui non servono a
niente. E’ una battaglia quotidiana ed il pericolo numero uno è proprio il tempo a cui non ci si
deve lasciar andare. Ho perso troppi amici che non ce l’hanno fatta, e non permetterò che accada
ancora a qualcun altro. Buon appetito!”.
Io restai zittito dalla meraviglia delle sue parole, dal fatto che aveva il Santo Rosario, che lo avesse
esibito, e che avesse mostrato, nelle opere, maggiore Fede di me!