Ormai era passato troppo tempo dall’inizio delle concessioni degli arresti domiciliari per cui mi
misi l’anima in pace, decidendo di non pensarci più fino a quando non sarebbe arrivata la Pasqua.
Pensai infatti che probabilmente il Signore me li avrebbe concessi in quella occasione Santa.
Quella mattina la trascorsi come sempre, leggendo i giornali, chiacchierando con Peppe ed Akin, e
guardando la televisione che ogni giorno, per la verità, trasmetteva notizie terribili sulla escalation
dei morti per il virus, e ci teneva tutti col fiato sospeso.
Spesso ci domandavamo se il virus fosse già arrivato anche in carcere, infatti vedevamo tutto il
personale di ogni ordine e grado utilizzare le mascherine con molta attenzione e rigore.
L’aveva indossata anche Anna tutte le volte che era venuta a colloquio in carcere, per cui ero
tranquillo che si proteggesse a dovere.
In effetti Anna negli ultimi giorni era venuta più spesso del solito, anche perché io la sollecitai di
seguire con impegno la parte burocratica delle mie malattie, per mostrare chiaramente al Tribunale
di Sorveglianza la realtà della mia situazione sanitaria.
Anna fu davvero molto efficace nel cercare in cantina, dove le avevo detto, il fascicolo enorme su
tutte le mie malattie, e predisporre un dossier facendo copia dei ricoveri più importanti e dei
maggiori accertamenti diagnostici.
Qualche giorno prima mi portò, infatti, il lungo dossier che fu consegnato ufficialmente alla
medicheria, dal quale risultavano i primi ricoveri all’età di 17 anni, circa 40 anni fa, a Napoli al
secondo policlinico, ed anche i successivi a Padova, Pisa, Salerno, e tanti ricoveri d’urgenza.
Era tutto ben illustrato, con copie delle diagnosi, delle lettere di dimissioni, e delle varie terapie
prescritte.