Furono come stelline scintillanti quelle dolci lacrime.
Brillarono nei riflessi del sole che ci avvolgeva tutti a quell’ora, nel centro della cella.
Eravamo riuniti attorno al tavolo che fu il nostro convivio, l’altare della nostra santa amicizia, ed
iniziammo a raccontarci le mangiate enormi a cui ci abbandonammo tutti insieme qualche sera,
festeggiando la grande fratellanza che regnava in tutta la sezione carceraria, e l’accoglienza
trionfale che ci riservarono tutti gli altri detenuti.
I ricordi ci rendevano felici ma il tempo che passava rimarcava che a breve ci saremmo dovuti
salutare, per sempre.
Appena giunse l’ora d’aria uscii dalla cella per andare a salutare gli altri detenuti della sezione, ed
abbracciai calorosamente tutti, augurando a ciascuno salute e serenità.
Li ringraziai solennemente per la grande e commovente accoglienza, per la fratellanza, per
l’amicizia, per la dignità che riuscirono a far rinascere nel nostro animo e nei nostri cuori.
Salvatore nel salutarmi mi guardò fisso negli occhi e disse: “fratello, ti ricorderò per sempre, abbi
cura di te! Ti voglio bene!”.
Ci commuovemmo entrambi, eravamo accerchiati da tanti altri detenuti che vollero salutarmi e
vissero anche loro la stessa nostra emozione, infatti mi onorarono, subito dopo, di festeggiare anche
la mia liberazione con le famose grida “VIA. VIA!” che stavolta furono ancora più forti, ed anche
l’applauso che seguì fu talmente scrosciante che si avvertì in tutto il carcere, infatti qualcuno da
molto lontano si associò calorosamente!
Ed il mio corpo fu invaso da un enorme brivido di gioia!
Un brivido di gioia vera, unica, eterna.
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