Giunsi sulla strada principale ma era completamente deserta, regnava in pieno la quarantena, non vi
erano macchine, non c’erano autobus, e non avevo il cellulare con me per chiamare Anna.
Ad un certo punto uscì un signore da una casetta sul ciglio della strada e clamorosamente mi disse:
“o’ zi’, siete uscito adesso dal carcere, eh?! Avete bisogno del cellulare? Prendetelo, fate pure, a
me non costa niente, fatevi venire a prendere!”.
Io pensai esterrefatto: “questo signore mi chiama o’ zi’ come si usa fare in carcere con i più
anziani, ed inoltre mi riserva la stessa fratellanza!”.
Ormai mi sentivo parte del popolo carcerario, e ne ero fiero, infatti pensai “è uno dei nostri”!
Ed accettai entusiasta!
Telefonai ad Anna, le dissi che ero fuori per strada, e lei lanciò un urlo di gioia che ascoltò anche il
signore che mi prestò il cellulare, il quale sorrise e mi guardò emozionato.
Lei rispose: “com’è possibile? Io non ho avuto ancora alcuna comunicazione! Forse non ho
controllato bene!”.
Al che io scherzando le dissi: “ah va bene allora torno dentro, ciao!”
Lei rispose strillando di gioia ancor più forte “no no, scemo, vengo subito, non fare scherzi!”
Così ringraziai quel signore gentilissimo ed attesi sulla strada.
Mi sentivo ed ero realmente molto sciatto, barba lunghissima ed incolta, capelli altrettanto lunghi
che erano stati letteralmente storpiati il giorno prima da un barbiere che voleva a tutti i costi
rasarmeli “alla moda” come diceva lui, ma che fermai giusto in tempo minacciandolo di fracassarlo
nel muro se avesse ancora continuato a raderli completamente. Il risultato finale fu che riuscii ad
evitare altri danni ma intanto avevo ai due lati delle orecchie i capelli a zero, e tutto intorno ciocche
lunghe, tra l’altro sporche non avendo mai fatto uno shampoo e neanche una doccia visto che ero
stato male in ospedale!