Oggi tratto la mia malattia col rispetto di sempre: assumo farmaci dall’età di 17 anni e col passare
del tempo aumentano quantitativamente perché, nonostante il mio impegno, la malattia evolve e
devo controllarla nel migliore dei modi, curando nuovi sintomi e nuove complicazioni.
Se non avessi utilizzato i farmaci fin da ragazzo sarei sicuramente morto presto, forse anche prima
dei 30-40 anni, come le statistiche confermano in relazione alle poche ipertensioni giovanili studiate
dalla scienza.
Forse la consapevolezza di poter morire in età non avanzata ha condizionato certe scelte nella mia
vita, anche alcuni errori, ma non avevo fatto i conti col Buon Dio perché ritenevo, erroneamente,
che Egli non potesse nulla in tal senso, e che la malattia sarebbe stata un problema che avrei dovuto
gestire da solo.
Invece il Buon Dio, e la Madonnina, nei decenni mi hanno dimostrato sempre la loro presenza
salvifica, anche e soprattutto quando nei vari pronto soccorso il mio corpo tremava letteralmente
sotto i colpi della “fibrillazione atriale a frequenza ventricolare rapida” di cui soffrivo, col cuore che
impazzito correva a mille, poi si arrestava per pochi interminabili secondi per riprendere la sua
corsa tra mancanze di respiro, sussulti, altri battiti aritmici di diversa natura, paure estreme e
strazianti.
Ricordo che le prime volte che si presentò nella mia vita la fibrillazione ero ancora ragazzo, intorno
ai 28-30 anni, e furono esperienze davvero terribili.
La prima volta in particolare fui ricoverato in ospedale e la crisi durò quasi 48 ore di fila, durante le
quali vissi un vero calvario: ogni secondo trascorso sembrava l’ultimo perché quell’energia
estranea, che si impossessò del mio cuore con una tale ed inaudita violenza da farmi tremare tutto il
corpo e per tutto il tempo del ricovero, era a me totalmente sconosciuta e sembrava addirittura
demoniaca per le sofferenze e le paure che mi arrecava.