Lei mi guardò con sguardo di sfida, e con simpatia rispose: “e dove si compra questo entusiasmo?
Mi presti i soldi che te li restituirò molto presto?”. E ci mettemmo a ridere insieme!
Fu una risposta molto intelligente anche perché stemperò tutto lo stress che stavamo accumulando,
entrambi, nell’affrontare discorsi così impegnativi.
Passeggiando verso casa sua i nostri sguardi spesso si incrociavano, a volte scrutando ciascuno cosa
potesse pensare l’altro, a volte sorridendo per l’evidente complicità che si stava creando, a volte
semplicemente per il piacere di osservarci l’un l’altro.
Arrivammo sotto casa sua, scherzammo ancora un po’, e poi prendemmo appuntamento al mio
ufficio per il giorno dopo, per tentare di iniziare a lavorare insieme in qualche modo.
Tornato in ufficio pensai per tutto il giorno a quella creatura affascinante, che aveva lo sguardo
sofferente ma occhi pieni di speranza in un mondo migliore, pur non avendo il coraggio di
ammetterlo, quindi avevamo una cosa fondamentale in comune: anch’io speravo in un mondo
migliore, però a differenza sua lo ammettevo e facevo di tutto per raggiungerlo, almeno nel mio
piccolo, che tanto piccolo non era se rapportato ai drammi veri della vita e della povertà.
Toccava a me quindi rinfrancare quella bella e sorprendente creatura, il Buon Dio aveva dato a me
questo incarico, lo avvertivo già, anche perché i segni inconfondibili della sua Fede erano evidenti,
più dei miei.
Era nel pieno di un pathos esistenziale che risolveva rifugiandosi spesso in Chiesa in preghiera, e
quindi era meritevole più di me dal punto di vista spirituale.
Il giorno dopo, in ufficio, decidemmo che mi avrebbe potuto aiutare come segretaria, dandomi una
mano nel disbrigo di tutte le pratiche del settore, e nell’organizzazione di tutte le scartoffie
necessarie a portare avanti un’azienda ove regnava la burocrazia.