Concordammo questo assetto perché l’attività sarebbe stata l’unica da me esercitata ed avrebbe
potuto rappresentare, in futuro, un’eventuale professione anche per i miei figli, oltre a garantire loro
l’eredità delle quote societarie.
La conservazione della maggioranza delle quote, quindi, la posi come un concetto prioritario, ed
oltretutto Gianni era un ricco imprenditore e poteva contare su molti introiti derivanti da diverse
società partecipate o gestite in proprio.
Partimmo per Roma tutti, moglie e figli, anche perché il mio socio evidenziò, giustamente, che
sarebbe stato opportuno portarli con me per garantire maggiore serenità alla realizzazione del
progetto.
Inizialmente prendemmo in locazione un appartamentino all’Eur, in via dei Campioni, poi
preferimmo spostarci in via dell’Orsa Maggiore, sempre in zona.
Ero talmente felice della vita che conducevo e dell’attività che stava per nascere, che ogni volta che
pensavo al mio socio Gianni, artefice del sogno, mi commuovevo perché lo ritenevo una sorta di
Angelo inviatomi dal Signore!
Erano gli inizi del 2004 e vivere a Roma rappresentò una soddisfazione enorme sia perché amavo
smisuratamente la città, sia perché il progetto era talmente meritevole che ogni volta che lo
presentavamo, anche a politici importanti, ottenevamo sempre approvazioni incondizionate, a
prescindere dal colore politico dei soggetti. Il diritto alla salute, infatti, la cui esaltazione era il
nostro obiettivo sociale principale, veniva condiviso da tutti i partiti.
Ben presto giunsero nel nostro ufficio di piazza Montecitorio anche personalità di spicco del mondo
della politica, tra cui alcuni amici e conoscenti di Gianni e della sorella che era una validissima
commercialista, anch’essa con esperienze politiche pregresse.
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