Risultava così ancor più drammatico il danno che quei vili della massoneria avevano arrecato sia
alla mia vita, sia alla mia famiglia, sia a migliaia di pazienti impedendo loro di individuare la
prestazione salvavita e quindi condannandoli a morte!
Dio saprà come punirli per l’eternità! Non io, nessuna vendetta da parte mia, solo Dio saprà e potrà!
Mio padre quindi, come altri migliaia di pazienti giunti in ritardo, fu costretto ad affidarsi alla sola
chemioterapia, che continuò nei mesi seguenti, purtroppo senza grandi risultati.
L’ospedale di Salerno ad un certo punto mi sembrò non più idoneo, anche perché ebbi un diverbio
con alcuni oncologi in quanto li rimproverai di non averci comunicato l’esistenza del centro
Humanitas di Rozzano che, se contattato in tempo avrebbe certamente salvato la vita a mio padre.
Gli specialisti, però, confermando la mia ipotesi iniziale, risposero di non essere a conoscenza
dell’esistenza di tale prestazione presso il centro di Rozzano. Infatti mi pregarono di metterli in
contatto col reparto del centro Humanitas affinché potessero trasmettere loro dei pazienti idonei al
trattamento di termoablazione, cosa che feci immediatamente sperando che almeno loro si potessero
salvare.
In ogni caso decisi di individuare altri ospedali in Italia che fossero più attrezzati, e più specifici,
peri il trattamento tradizionale delle metastasi epatiche, e dopo un’attenta selezione scelsi il
Sant’Orsola di Bologna, città dove viveva anche la sorella di papà e quindi sembrò anche per questo
un’ottima scelta. Mio padre ne fu felice, e ci recammo in più occasioni nel reparto specialistico per
eseguire i dovuti accertamenti, inizialmente in day hospital.
Ogni volta che mio padre si doveva recare a Bologna lo accompagnava sempre qualcuno di noi
figli, a volte mia sorella, a volte mio fratello, a volte io stesso, e questa suddivisione degli impegni
era particolarmente gradita a tutti anche perché ciascuno aveva la possibilità di godersi papà tutto
per se, almeno per il breve periodo del viaggio.
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