Le Scienze - 04.2020

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Quando Dorothée Huchon,
biologa molecolare
dell’Università di Tel Aviv,
ha sequenziato il genoma
di Henneguya salminicola,
un parassita che vive nei
muscoli di alcune specie di
trote e salmoni, pensava di
aver commesso un errore:
non c’era traccia di DNA
dal mitocondrio, l’organello
cellulare che brucia ossigeno
per produrre energia.
Poi le indagini al microscopio
hanno confermato l’assenza
di materiale genetico al di
fuori del nucleo.
H. salminicola, scrivono
Huchon e colleghi sulla rivista
«Proceedings of the National
Academy of Sciences», è
l’unico animale pluricellulare
conosciuto a non respirare.
È probabile che il parassita
abbia perso mitocondri
funzionali (mantenerli
«costa» energia) come
adattamento alla vita in
ambienti anossici: c’è poco
ossigeno nei muscoli dei
pesci e dove vive l’altro suo
ospite, forse un verme della
famiglia dei Naididae.
Secondo gli autori dello
studio, la perdita di DNA
mitocondriale è un evento
recente nella storia evolutiva
di H. salminicola, che è
imparentato alla lontana con
coralli, meduse e anemoni,
resta però da capire come
facciano le sue cellule a
produrre energia. Forse la
«rubano» agli ospiti, oppure
si affidano ad altre reazioni
metaboliche. Tuttavia
sarà difficile scoprirlo: per
ora, nessuno è riuscito ad
allevare questo parassita in
laboratorio. (MaSa)

Il parassita
che vive senza
bisogno
di respirare

Nuovi antibiotici
dall’intelligenza artificiale

Sciami di robot
per le auto del futuro

La desertificazione procede a tappe brusche

Le terre aride sono molto vulnerabili al
cambiamento climatico e al degrado del
suolo. Nei prossimi decenni queste regioni,
che rappresentano circa il 45 per cento della
superficie terrestre, diverranno ancora più
secche, compromettendo servizi ecosistemici
essenziali alla sopravvivenza di oltre 2,5 miliardi
di persone. Per capirne la risposta agli scenari
climatici futuri, Miguel Berdugo dell’Università di
Alicante, in Spagna, e colleghi, hanno analizzato,
per oltre 50.000 località del globo, 20 variabili
che riassumono caratteristiche della loro struttura
ecologica come la capacità di regolare il clima
locale o la fornitura di cibo per il bestiame.
I risultati, pubblicati su «Science», dimostrano
che la desertificazione è scandita da tre soglie
ecologiche brusche oltre cui si verificano
mutamenti drastici. Ogni soglia è caratterizzata da
un forte calo della produttività delle piante, della
fertilità del suolo, della copertura vegetale e della
ricchezza di specie. Secondo i ricercatori, entro la
fine del secolo più del 20 per cento della superficie
terrestre supererà almeno una delle soglie. (DaMi)

L’hanno chiamata halicina, da HAL, il compu-
ter di 20 01: Odissea nello spazio. È il primo anti-
biotico scoperto da un algoritmo di intelligen-
za artificiale, e attivo ad ampio spettro anche su
batteri difficili da trattare come Mycobacterium
tuberculosis, o un ceppo di Acinetobacter bau-
mannii resistente agli antibiotici. Lo presenta su
«Cell» James Collins, specialista di biologia sin-
tetica al Massachusetts Institute of Technology.
L’intelligenza artificiale aveva già aiutato al-
cune fasi della ricerca di antibiotici. Ma è la pri-
ma volta che un algoritmo addestrato su 2300
molecole con proprietà antibatteriche note, im-
para a riconoscerne gli aspetti rilevanti per que-
ste proprietà, e senza istruzioni umane scansio-
na milioni di molecole per individuare quelle
potenzialmente antibatteriche. I test sui topi di
alcune molecole selezionate hanno mostrato che
una, l’halicina, è in effetti un potente antibioti-
co, diverso rispetto a quelli noti per struttura e
meccanismo, che dovrà ora essere sperimentato
nell’essere umano. Altre otto molecole sono inol-
tre promettenti e saranno studiate. La tecnica
che sfrutta l’intelligenza artificiale supera il bias
umano per cui di solito si cercano antibiotici si-
mili a quelli noti, e potrà servire anche per altre
classi di farmaci. (GiSa)

Affinché possano diffondersi in modo capillare,
le automobili a guida autonoma devono poter-
si muovere nel traffico in modo fluido e sicuro.
Una capacità garantita, secondo scienziati della
Northwestern University che lo hanno messo a
punto, dal primo «algoritmo decentralizzato» ca-
pace di prevenire incidenti e ingorghi. L’algorit-
mo, testato su uno sciame di 1024 robot virtuali
e in laboratorio su 100 robot reali, richiede al-
le macchine di muoversi per formare figure ge-
ometriche predeterminate e poi ne governa i
movimenti per completare gli obiettivi in tempi
brevissimi, inferiori al minuto.
Ne spiega il funzionamento Michael Rubin-
stein, il ricercatore che ha effettuato lo studio,
pubblicato sulla rivista «IEEE Transactions on
Robotics»: «Abbiamo optato per un controllo de-
centralizzato, cioè condiviso in cloud tra tutte le
macchine e non installato su ciascuna di esse o
su un singolo robot scelto come capobranco. Un
approccio che mette al riparo da eventuali difet-
tosità e che fa muovere tutti i robot come se fos-
sero un unico organismo». Nelle dimostrazione,
infatti, i piccoli automi usati hanno sempre por-
tato a termine il loro compito, anche quando al-
cuni di essi sono stati danneggiati intenzional-
mente dagli autori dello studio. (RiOl)

darksite/iStock
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