La Stampa - 25.03.2020

(sharon) #1
Il programma (virtuale) e gli hashtag del “Dantedì”

NATO IN FRANCIA DA GENITORI ITALIANI, DISEGNÒ IL SUO EROE CON I TESTI DI GOSCINNY


Addio a Uderzo, la matita di Asterix

Un genio venuto dalla periferia

Editori allo stremo: “Servono aiuti”

MARIO BAUDINO


T


utti mobilitati per ri-
cordare Dante. Oggi
scocca per la prima
volta il «Dantedì»,
nella data che viene
per lo più indicata co-
me il giorno in cui s’inizia il
viaggio fantastico della Com-
media, la discesa agli Inferi –
e chissà che in questi giorni
di angoscia collettiva non
possa suonare anche come
un bel gesto scaramantico.
Saranno per ovvie ragioni ce-
lebrazioni online, cartacee e
televisive; non si potranno
raggiungere i luoghi materia-
li che conservano dopo tanti
secoli il ricordo del poeta e
che in Italia, soprattutto nel
Nord, sono davvero numero-
sissimi. Uno per tutti il Polesi-

ne, dove il fantasma di un al-
bero mantiene viva una leg-
genda popolare a cui in zona
sono tutti molto affezionati:
si tratta di una quercia, anzi
di ciò che rimane di un’anti-
ca quercia sulla quale, secon-
do la tradizione, Dante si sa-
rebbe arrampicato, essendo-
si smarrito, per osservare i
dintorni a ritrovare dunque
la «diritta via».
Era gigantesca. Ne fa men-
zione un atto notarile del
1548 che già la descrive co-
me imponente e secolare: è
perciò teoricamente possibi-
le che esistesse già nel 1321,
quando l’Alighieri transitò
in zona, tornando da un’am-
basceria a Venezia per conto
di Novello da Polenta, signo-
re di Ravenna, e fu ospite in

quei dintorni nell’Hospitium
dei monaci di Pomposa. Nul-
la vieta che si sia perduto fra
boschi e paludi del Delta,
sull’argine del Po di Goro,
nei pressi dell’abitato di San
Basilio. La quercia, alta 26
metri, fu un oggetto di cul-
to fino a quando, nel 2013,
nonostante le cure per con-
servarla in vita dopo che
nel 1976 era stata grave-
mente danneggiata da un
temporale, collassò senza
rimedio. Ne è stato ricavato
un pollone (dunque, c’è un
suo clone che ha ricomincia-
to a crescere) e il legno è re-
ligiosamente conservato in
un magazzino.
È altamente improbabile
che il poeta si sia arrampica-
to come uno scoiattolo, ma
la leggenda incarna un vero-
simile racconto accessorio –
e spontaneo, popolare - a
quelli della Commedia. Dove-
va essere il cuore di una mo-

stra a Palazzo Roncale di Ro-
vigo, ovviamente rimanda-
ta. Il ricordo dell’albero, la
«Rovra di San Basilio», resta
come sospeso: l’immagine di
Dante intento a scrutare la
via nel cielo del Trecento ha
una sua forza innegabile – e
pazienza se di lì a poco, nel
settembre dello stesso anno,
il poeta morì di malaria, for-
se contratta proprio in quel-
le paludi. E ha un significa-
to che va oltre il singolo epi-
sodio fantastico, perché fa
parte di una grande fami-
glia decisamente più signifi-
cativa di quanto non paia:
quella dei luoghi danteschi
«immaginari» – o meglio at-
tributi a posteriori – nei
quali una tradizione popo-
lare, magari indotta da
ignoti eruditi locali, colloca
come autentici episodi favo-
losi che riguardano i perso-
naggi della Commedia, o la
biografia stessa del poeta.

Un illustre dantista come
Giulio Ferroni, che ha riper-
corso invece in un ampio li-
bro di esplorazione e di filolo-
gia (L’Italia di Dante. Viaggio
nel Paese della Commedia, da
poco uscito per La Nave di Te-
seo, pp. 1126, € 30) quelli
«reali», andando a veder co-
me sono oggi e raccontando-
cene la storia, ne ha trovati
parecchi di quest’altra cate-
goria fantasiosa: la Rocca di
Gradare, per esempio, il mo-
numento più visitato delle
Marche, che apparteneva ai
Malatesta. Un’antica tradi-
zione colloca qui l’uccisione
di Paolo e Francesca, c’è per-
sino la botola in cui si sareb-
be rifugiato il povero aman-
te per scampare alla sorte. O
ancora, il «ponte della Pia»,
nel Senese, teatro nelle not-
ti di luna piena dell’appari-
zione di un fantasma, quel-
lo di Pia de’ Tolomei. O quel-
lo di Veglia, a Nord di Vero-
na, un arco naturale di pie-
tra ora spezzato, al quale
Dante si sarebbe spirato per
il ponte di Malebolge. «Sa-
rebbe molto interessante se
qualche studioso li mappas-
se tutti», ci dice Ferroni. «A
me ne è capitato solo qualcu-
no, perché non era questo
l’obiettivo del mio lavoro».
I luoghi immaginari non
sono solo folklore. Proprio
le leggende fiorite intorno

a lui ci raccontano come il
poeta sia entrato stabilmen-
te nell’immaginario popola-
re. Un po’ come Garibaldi,
aggiunge lo studioso: «In
quasi tutte le località italia-
ne si è sempre pensato che
Dante potrebbe benissimo
essere passato di lì, e se non
lui i suoi personaggi». La
crescente popolarità dei
suoi lacerti di storia ha così
trasformato pochi versi in
distese narrazioni, leggen-
de, paesaggi, opere, trage-
die, novelle, amori, avven-
ture. Il ministro France-
schini, che ha promosso il
Dantedì (da un’idea di Pao-
lo Di Stefano, giornalista
del Corriere della Sera), in-
vita ora intellettuali e arti-
sti a leggere e postare fil-
mati, perché «Dante», leg-
giamo in una sua dichiara-
zione, «è la lingua italiana,
è l’idea stessa di Italia».
Sul fatto che il poeta sia la
lingua italiana non c’è alcun
dubbio (quanto all’essere l’i-
dea stessa d’Italia, cultural-
mente e politicamente, si po-
trebbe discutere, e si è discus-
so a lungo). Ma potremmo
azzardare di più: Dante con
la Commedia, e in genere
con tutta la sua opera, è di-
ventato nei secoli - e per ri-
prendere un po’ abusivamen-
te un’idea critica tipica della
letteratura americana - il
Grande Romanzo Italiano:
proprio lui che, come ci ricor-
da ancora Ferroni, «non ave-
va nulla di romanzesco». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

A causa del coronavirus, il pri-
mo «Dantedì» potrà essere sol-
tanto digitale. «Per questo leg-
gete Dante e postate i vostri con-
tenuti. Dante è la nostra lingua,
è l’idea stessa di Italia. E in que-
sti giorni abbiamo bisogno di te-
nerla viva. #ioleggoDante»:
con questo tweet il mi-
nistro dei Beni culturali
Dario Franceschini invi-
ta gli italiani a celebra-
re oggi la prima giorna-
ta in onore del poeta.
Grazie al ministero
dell’Istruzione decine
di migliaia di studenti
leggeranno Dante nel corso del-
le lezioni a distanza, e le celebra-
zioni virtuali proseguiranno du-
rante l’intera giornata sui social,
con pillole, letture in streaming
e performance, tutte iniziative
identificate dagli hashtag uffi-
ciali #Dantedì e #IoleggoDante.

Al Dantedì parteciperà attiva-
mente anche la Rai, che con le
sue Teche ha selezionato le
«lecturae Dantis» interpretate
dai maggiori artisti del nostro
tempo, programmate in pillole
di 30 secondi nelle tre reti gene-
raliste della televisione pubbli-
ca e su Rai Play. Oltre
a ciò, sono numero-
se nell’arco della
giornata le trasmis-
sioni dedicate al poe-
ta e al suo tempo, cu-
rate da Rai Cultura
con materiali d’ecce-
zione che verranno ri-
proposti agli spettatori. Infi-
ne, per tutta la giornata, mu-
sei, parchi archeologici, biblio-
teche, archivi e luoghi della
cultura propongono sui pro-
pri account social immagini,
video, opere d’arte, edizioni
rare della Divina commedia.

LEONARDO MARTINELLI


PARIGI


T


ra i due protagonisti
del suo fumetto,
Obelix era il preferi-
to di Albert Uderzo.
Perché lo aveva idea-
to lui e fortemente
voluto (mentre l’idea di un
anti-eroe piccolo e furbo co-
me Asterix era venuta al suo
coautore, compare e amico
fraterno, René Goscinny). E
poi Albert non era così impo-
nente come il lanciatore di
menhir, le sacre pietre, ma
certamente alto, generoso,
a tratti anche un po’ burbero
come il suo personaggio. Na-
to con la o finale (Alberto),
italianissimo, si è spento nel-
la sua dimora di Neuilly, pe-
riferia chic di Parigi, senza
mai dimenticare di aver vis-
suto a lungo in un’altra ban-
lieue, ancora oggi altamen-
te popolare, Bobigny, in uno
striminzito alloggio sociale.
Persona speciale in tutti i
sensi (era daltonico e nato
con dodici dita, ma fu poi
operato), Uderzo non è mor-
to di coronavirus, ma nel
sonno, un attacco al cuore, a
quasi 93 anni. Era riuscito a
sconfiggere una leucemia e
aveva passato anni a batta-
gliare con la figlia Sylvie (do-
po aver lavorato nella casa
editrice del padre, era stata
licenziata nel 2007 e aveva
fatto ricorso, ma alla fine,

nel 2014, si erano riconcilia-
ti). Non solo: dopo la morte
di Goscinny (improvvisa e
assurda, il 5 novembre
1977, mentre faceva un test
da sforzo per il cuore in un
ospedale), Uderzo decise di
andare avanti, anche se fino
ad allora René aveva scritto
le sceneggiature da lui inter-
pretate con la sua matita. Lo
prendevano per l’ombra del
genio, disegnatore-operaio,
ma gli album di Asterix conti-
nuarono a riscuotere un suc-

cesso incredibile (finora ne
sono stati venduti più di 375
milioni in tutto il mondo con-
tro i 230 dell’eterno rivale
Tintin). Cosi è stato anche
dopo che, nel 2011, il mae-
stro passò il testimone a un
nuovo duo (Jean-Yves Ferri
come sceneggiatore e Didier
Conrad al disegno), che lui
ha consigliato fino alla fine.
Senza mai liberarsi del peno-
so desiderio di riconosci-
mento di un autodidatta
(«Bisognerà che io muoia,
perché si parli bene di me?»,
si chiedeva in un’intervista
tre anni fa).

Niente fu mai facile per
Uderzo. Il padre (falegname
veneto) e la madre (tosca-
na) si erano conosciuti alla
Spezia, dove le loro famiglie
erano andate a lavorare,
all’arsenale militare. La cop-
pia emigrò in Francia, dove,
nel 1927, nacque Alberto. Vi-
vevano a Clichy-sous-Bois,
ancora oggi periferia d’immi-
grati. Tolse la o dal suo no-
me «per fare più francese.
Ho sofferto molto da piccolo
dell’immagine che avevano
gli italiani, i “macarons”: per
i francesi venivano a rubare
loro il pane». Con tutta la fa-
miglia, francese lo divenne
nel 1934, quando iniziò la
pubblicazione del Journal
de Mickey, Topolino. A lun-
go associato alla scuola fran-
co-belga del fumetto, che ha
imperversato per decenni
sull’asse Parigi-Bruxelles,
puntualizzava: «Sono gli
americani che mi hanno in-
segnato a disegnare. Sono
un prodotto del fumetto di
Walt Disney».
Da ragazzo era destinato a
fare il meccanico (sempre
adorò le auto), ma a tredici
anni si ritrovò a fare l’appren-
dista alla Spe (Société pari-
sienne d’édition), editrice di
giornali per bambini. Face-
va di tutto, ma notarono la
sua capacità a disegnare. Al-
bert entrò nel giro. Una deci-
na d’anni dopo, nel 1951,

mentre lavorava a casa sua a
Bobigny, un collega che non
conosceva gli portò del mate-
riale. Era Goscinny. All’istan-
te nacque un legame profon-
do, nonostante fossero così
diversi (Albert amava la
campagna, René era un ani-
male metropolitano). Nel
1951 Uderzo incontrò Ada
Milani, nata in Italia, che
sposò l’anno dopo: l’ha ac-
compagnato fino alla fine.
I due fumettisti collabora-
rono per alcuni anni, fino al-

la striscia originaria del loro
fumetto fortunato, pubblica-
ta sul primo numero della ri-
vista Pilote, nell’ottobre


  1. Questa storia di Galli
    (protofrancesi) in lotta con-
    tro i Romani invasori è il
    frutto dell’immaginazione
    di due immigrati: Goscin-
    ny era di origini ebraico-po-
    lacche e aveva vissuto in Ar-
    gentina. Più volte i politici
    hanno cercato di utilizzare
    Asterix in chiave nazionali-
    stica. Ma lui, Uderzo, si è
    sempre ribellato. Alberto
    sapeva difendersi. —
    © RIPRODUZIONE RISERVATA


In meno di un anno, una differenza negativa di
18.600 titoli, 39,3 milioni di copie che non saran-
no stampate, 2.500 titoli che non saranno tradot-
ti. Sono solo i primi dati dell’Osservatorio dell’As-
sociazione Italiana Editori (Aie) sull’impatto che
l’emergenza Covid-19 avrà in prospettiva sull’edi-

toria italiana nel 2020.«Una ricaduta», spiega il
presidente dell’Aie Ricardo Franco Levi, «che rende
il libro una delle prime vittime economiche dell’e-
mergenza coronavirus, al pari del mondo dello spet-
tacolo, del cinema e dell’audiovisivo. Per questo
chiediamo al governo di intervenire per sostenere
l’intera filiera con strumenti di emergenza analoghi
a quelli previsti per questi settori».

SI CELEBRA OGGI PER LA PRIMA VOLTA LA GIORNATA DEDICATA AL PADRE DELLA NOSTRA LINGUA. ALLA RICERCA DEI SUOI LUOGHI IMMAGINARI


E Dante si ritrovò sulla quercia oscura


Paese che vai, leggenda che trovi: poeta d’Italia


Un’illustrazione di William Blake (1757-1827)
per il primo canto dell’Inferno di Dante.
Il viaggio immaginario del poeta nell’aldilà
sarebbe cominciato il 25 marzo 1300

MAURIZIO ASSALTO


Giulio Ferroni: «È come
Garibaldi, tutti pensano
che potrebbe essere
passato dalle loro parti”

IL PUNTO


Anche il Vate

può servire

per “riveder

le stelle”

TM


TEMPI


MODERNI


CULTURA, SOCIETÀ


E SPETTACOLI


Diciamo la verità:
con tutte le celebra-
zioni di cui il calenda-
rio italiano rigurgita - non
c’è giorno che non sia
«giorno di» qualche cosa,
sovente anche di più cose
-, di un «Dantedì» che ricor-
dasse il presunto giorno
d’inizio del viaggio nell’al-
dilà del Sommo Poeta non
si sentiva quel gran biso-
gno. Tanto più che la data-
zione è appunto presunti-
va, in base a complicati cal-
coli liturgici e astronomici
(per esempio è noto che
Natalino Sapegno la collo-
cava all’8 aprile), e del re-
sto si avvicina minaccioso
il settecentesimo della
morte, nella notte tra il 13
e il 14 settembre, che si
commemorerà l’anno
prossimo.
È vero però che l’anni-
versario di una scomparsa
è ricorrenza in sé poco
adatta ai festeggiamenti,
mentre quello della nasci-
ta, tra il 21 maggio e il 21
giugno 1265, è così inde-
terminato da riuscire sco-
raggiante. Consideriamo
la nostra semenza, in que-
sti terribili giorni in cui da
un capo all’altro del Paese
si sventolano le bandiere e
risuona l’inno nazionale, e
nelle glorie del passato si
ricercano i valori del sen-
tirsi italiani. E dunque viva
Dante e viva il Dantedì,
che cade nel momento giu-
sto per rinfocolare il boc-
cheggiante orgoglio nazio-
nale. Tutto serve.
Però forse, in questi fran-
genti, meglio del primo
giorno, quando parte il
viaggio attraverso l’Infer-
no, e senza pretendere di
arrivare addirittura al Pa-
radiso, sarebbe stato cele-
brare il terzo, quando il Va-
te e la sua guida, passati
per il centro della Terra e
percorsa la «natural burel-
la», sbucano infine nel
«chiaro mondo» per uscire
«a riveder le stelle». E af-
frontare la faticosa risalita
lungo il Purgatorio. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

ALAMY


PASCAL VILA VSD/SIPA


Ha venduto nel mondo
375 milioni di copie
contro i 230 dell’eterno
rivale Tintin

L’albero secolare del Polesine su cui l’autore della Commedia,
di ritorno da una missione diplomatica a Venezia, si sarebbe
arrampicato per ritrovare “la diritta via” doveva essere
al centro di una mostra che è saltata a causa del coronavirus Si sentiva sottovalutato
“Bisognerà che io
muoia perché si parli
bene di me?”

È morto Manu Dibango, “Papy Groove”

Il coronavirus si è portato via una leggenda della musica.
È morto a Parigi, dove era ricoverato da alcuni giorni, Ma-
nu Dibango, uno dei padri della musica africana contem-
poranea. Aveva 86 anni e nei mesi scorsi era in tour. Ma-
nu Dibango, «Papy Groove», ha lasciato un'orma indele-
bile nel mondo della musica grazie a Soul Makossa.

Albert Uderzo, il disegnatore di Asterix, nel suo studio parigino nel 2013. Il primo autore dei testi, René Goscinny, è morto nel 1977

22 LASTAMPAMERCOLEDÌ25 MARZO 2020


TM

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