L\'Espresso - 22.03.2020

(WallPaper) #1
Ho visto cose/tv

LA QUIETE DURANTE LA TEMPESTA

BEATRICE DONDI

LUCA BOTTURA

Il silenzio degli studi senza pubblico inchioda i protagonisti alle loro parole

L’incompetente


Laddove in un passato ormai ini-
nitamente remoto ci si trastullava
ascoltando il brusio scomposto del
pubblico negli studi televisivi oggi si
sta insieme a guardare il forno. È la
pizza che scatena l’applauso incon-
dizionato, per coprire il giudizio ed
evitare il confronto con quelle servite
nei lontani sabati dei ristoranti. Per-
ché l’applauso ofusca il senso critico
lasciandolo agli altri, quelli che esul-
tano dagli spalti, a destra e a sinistra,
per un ballerino o un cantante, per Salvini o un virologo,
in maniera generosa, equidistante e compulsiva. Il silenzio
invece, è fragoroso come un evidenziatore che isola e sotto-
linea ogni parola detta e la lascia, senza scuse, al giudizio
altrui. Il motivo per cui nelle sit-com le risate a comando
scandiscono il ritmo del copione è proprio quello di sugge-
rire che sì, efettivamente si sta dicendo una battuta e se ri-
de il pubblico nascosto devi farlo anche tu. Ma se scompa-
rissero all’improvviso resterebbe solo il comico, costretto
a far divertire sul serio per non mettere in fuga l’ascoltatore
a gambe levate. Così quello che resterà di questi giorni di
strana tv, dove l’intrattenimento si estingue ora dopo ora, i
palinsesti si modiicano in corsa e restano milioni di ore da
riempire alla ricerca spasmodica dell’opinionista qualsiasi
che dica la sua, sarà proprio l’assenza di suono, quell’ac-


condiscendenza scomposta che ren-
deva plausibile opinioni irricevibili
nei talk show, in cui ad azione corri-
spondeva puntuale una reazione da
stadio a prescindere. In un momento
in cui il rumore invece si concentra
nelle case afollate, scompare in tv
la claque entusiasta, spazzando via
la capacità di giudizio come una
spugna bagnata. E le castronate
ordinarie galleggiano in un vuoto
pneumatico, un duetto rarefatto tra
ospite e giornalista, mostrandosi esattamente per quello
che sono. È diicile mandare avanti uno spettacolo senza
pubblico a meno che non si ricorra al genio dei cartonati
di “Propaganda”, ma lì appunto ci vuole il genio. E senza la
guida sentimentale, il conforto che si fa alibi, il conduttore
cede, conidando in risibili escamotage alla Mario Giorda-
no, collegamenti improponibili per sopperire all’assenza di
assenso. Persino la regina De Filippi, anche se non è il tem-
po più adatto per parlare di corone, arranca e perde il suo
naturale aplomb di fronte agli “Amici “di sempre. Ma chi
sofre davvero sono gli intervistati, che nella schiacciasassi
dell’informazione si ritrovano sotto un occhio di bue che li
inchioda alle loro stesse parole, costretti a essere ascoltati
per quello che sono. Vuoti silenti nelle case rumorosamen-
te piene. Aspettando che passi la tempesta. Q

BORIS JOHNSON
PERICOLO ISOLATO
Fino a ieri se ne potevano deridere i
capelli all’Aperol, le milleeuno gaffe,
l’aspetto folcloristico, il sovranismo
corretto Guinness. Dopo che ha
dapprima teorizzato la decimazione
del suo popolo, salvo poi chiudere
persino i pub, costringendosi dunque
a non sapere il da farsi a una cert’ora
del pomeriggio, nonché ogni altro
locale pubblico, si può deinitivamente
affermare che, se Boris Johnson fosse
un attore, potrebbe recitare “Scemo


e più scemo” da solo. Eppure nel
comportamento del primo ministro
britannico, che si crede Churchill
e manco si avvicina a Mister Bean,
afiora una bolla di consapevolezza.
Egli sa perfettamente che il sistema
sanitario inglese, devastato dal
liberismo selvaggio di Margaret
Thatcher, è un corpaccione vuoto che
poco potrà fare contro l’epidemia.
Cioè, la testimonianza plastica della
modalità anglosassone di welfare che
persino il democratico Joe Biden ha
recentemente espettorato: “Il privato

vince, il sistema sanitario per tutti
in Italia non ha funzionato”. Nella
classiica Bloomberg delle migliori
sanità mondiali, l’Italia è quarta.
Gli Usa sono 55esimi. Dopo Iran,
Tunisia, Azerbaijan. Eppure pensano
di darci lezioni. Loro, gli estremisti del
fai (e soprattuta paga) da te, quelli
ancora convinti che chi appartiene a
un’élite, dunque si è meritato le cure,
sia comunque destinato a sfangarla.
Ecco, no. Anni di macelleria sociale
hanno massacrato anche la cosiddetta
classe media, allargando all’ininito la
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